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Benjamin e Joshua: quando la fragilità produce bellezza

“La timidezza delle chiome” è un documentario che ha al centro della scena due gemelli omozigoti, Benjamin e Joshua Israel, per la regia di Valentina Bertani. Selezionato a Venezia, è nelle sale dallo scorso novembre. Ne abbiamo parlato con i genitori, Sergio Israel e Monica Carletti

Monica e Sergio, voi siete i genitori di Joshua e Benjamin, i protagonisti de “La timidezza delle chiome”, un film-doc sulla vita dei vostri figli, due adolescenti particolari. Possiamo cominciare da qui: come è nato il progetto?

la locandina del film

Monica: “La timidezza delle chiome” è nato in origine come un documentario, poi si è sviluppato come un film-documentario; a noi ora piace chiamarlo semplicemente un film. Come hai detto è la storia dei nostri due figli, Joshua e Benjamin, dal giorno della maturità fino ai 5 anni successivi. Il film nasce da un’idea della regista, Valentina Bertani, che li ha incontrati un giorno, per caso. Lei lavora nel mondo della pubblicità, aveva già fatto video per musicisti, tra cui Ligabue; quando li ha visti ha pensato a un casting per farli lavorare con sé, dopodiché, conoscendoli meglio, ha pensato che poteva realizzare un film che avesse loro come protagonisti; da lì è nata l’idea di realizzare un’opera prima. In effetti non ci è sembrato vero di accogliere una prospettiva utile per i nostri ragazzi. Questa impresa ci è sembrata allettante perché avrebbe consentito a Joshua e Benjamin di esprimersi al di fuori dei soliti schemi.

Il film è prodotto da IWonder pictures

Sergio: Noi siamo sempre stati promotori di opere prime, seppure nel campo musicale. Nei 35 anni che abbiamo gestito “Scimmie”, un locale storico sui navigli a Milano, abbiamo sostenuto molti artisti, come Malika Ayane, Antonio Albanese, Elio e le storie tese, le Vibrazioni, i Kolors che hanno cominciato a farsi conoscere al grande pubblico anche grazie al nostro sostegno. Ora che il capitolo della musica per noi si è chiuso, avevamo comunque desiderio di lanciare nuovi talenti. Il nostro ruolo, da sempre, è infatti dare spazio e fiducia a giovani creativi. Per questo abbiamo subito dato fiducia a Valentina, perché abbiamo sentito che la sua proposta era buona per tutti, e ci avrebbe consentito di realizzare un’opzione Win-Win: da un lato le stavamo offrendo questa opportunità, dall’altro i nostri ragazzi ne avrebbero ricevuto un beneficio.

qui e sotto: alcune scene del film

E Benjamin e Joshua? Come hanno reagito all’idea del progetto?

Monica: sono stati subito molto felici, hanno sempre vissuto la cosa in modo molto ludico; tra loro due e la regista, gli sceneggiatori, gli operatori, i costumisti, si è creata fin dall’inizio una relazione di amicizia e di intimità. E così hanno dato il meglio di sé, con beneficio di tutti, perché per loro la cosa più importante sono le relazioni fra le persone. Adesso che il film e in distribuzione cominciano anche a capire il beneficio di essere attori, perché è il momento delle presentazioni. Benjamin è felicissimo, dice che vorrebbe fare l’attore, che questa è la sua vita, e in effetti è molto bravo nella promozione del film, bravo nel creare una relazione con il pubblico.

E Joshua?

Monica: Joshua in questa fase fa un po’ più di fatica, d’altra parte la figura del fratello è molto performante. Nel film è stato Joshua che si è subito calato nella parte di attore, mentre con Benjamin Valentina ha dovuto lavorare un po’ di più, in modo che poi i risultati uscissero lo stesso. Potrei dire che Benjamin adesso è un frontman, mentre Joshua fa leva sulla sua competenza di musicista; come è solito dire nei Q&A delle presentazioni del film nelle sale cinematografiche, con involontario senso dello humor, o forse con un qualche mood auto-ironico, lui è un trombonista professionista, in subordine attore.

Che impressione vi ha fatto vederli sulla scena?

Monica: per noi di bello c’è anche che abbiamo avuto la prova, attraverso il film, delle potenzialità dei nostri figli come attori e come musicisti, (si sono aperte prospettive anche per il teatro). E così adesso si aprono scenari persino in grado di assicurare loro qualche beneficio economico. Joshua è sollecitato anche sotto questo aspetto, perché ora sa che può aspirare a un certo grado di indipendenza con maggior concretezza.

Cosa si deve aspettare lo spettatore che vieni a vedere il vostro film?

Monica: direi uno sguardo inusuale sulle persone che hanno una fragilità. Il tema della sessualità, della relazione con l’altro, dell’impazienza che hanno tutti gli adolescenti di fare un’esperienza sessuale, piuttosto che amorosa, nella specificità di situazioni fragili, viene trattato con grande rispetto nel film. Discutere della sessualità delle persone con disabilità è per lo più un tema tabù, mentre noi abbiamo voluto far vedere che le stesse esigenze che accomunano adolescenti di ogni tipo vengono vissute in modo drammatico dai giovani disabili, a causa dei conflitti che si generano nella separazione dei due mondi.

Sergio: anche se non va taciuto che queste esigenze, per loro, si svolgono in un quadro molto più complicato, dove è difficile entrare in relazione intima tanto più con ragazze, perché no, normodotate, il che produce molta frustrazione.

Come viene espresso il confronto con i loro coetanei?

Sergio: il tema del paragone con gli altri ragazzi emerge più volte nel film. Ad esempio, c’è una scena che si svolge con gli scout a conclusione del campeggio che chiude anche la loro esperienza scolastica, dove tutti si raccontano le loro prospettive future. Benjamin naviga in un mare di indecisione, perché percepisce la difficoltà di aprirsi una strada nel mondo. Quando tocca a lui esprimersi, come se niente fosse, risponde: “Io a settembre suonerò con I Muse” (famosa rock band, n.d.a.). Il film mette dunque a confronto i bisogni degli adolescenti, di tutti gli adolescenti, anche quelli con disabilità. E poi ci sono anche dei momenti di grande commozione, come nella parte che si svolge in Israele. È lì infatti che Benjamin e Joshua dovranno decidere cosa fare del loro futuro, se rimanere sempre insieme, o se invece percorrere strade diverse. È questo un momento di struggente poesia che Valentina coglie con delicatezza nel rappresentare la fatica della costruzione delle scelte consapevoli dei nostri figli, disabili e non.

Benjamin e Joshua con la regista, Valentina Bertani

Monica: credo che il film riesca a dare uno sguardo importante e non scontato su questa realtà, ma senza appesantirla, anzi con molta leggerezza, gioia, ironia, poesia, in un oceano di pathos.

 

(continua pag. 2)

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