Di ciò di cui non si può parlare, a volte si deve

Marco Cassuto Morselli, in un libro autobiografico, racconta la storia della sua famiglia, e il lento formarsi della propria identità ebraica

Memoria del passato e vissuto del presente si intrecciano in questa narrazione di storie che concorrono alla definizione di un percorso personale di consapevolezza e delle scelte a questa conseguenti.

Marco Cassuto Morselli. Morselli è presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana

Marco Morselli ripercorre passi della vita di membri delle due famiglie – quelle paterna e materna – ricomponendo, con un mosaico di esperienze che non sembrano ricomponibili, parti della storia del secolo scorso.

Frammenti di vite che portano ad una sintesi di cui l’Autore diventa testimone. Qui, per “Testimone” non si riferisce in senso stretto al vissuto dei tempi e dei modi propri della Shoà ma solamente a quello che più o meno consciamente si riconosce nella vita dei figli e dei nipoti dei sopravvissuti alla tragedia.

Del padre, di famiglia cattolica profondamente credente, si evidenziano il naturale sbocco nell’Azione Cattolica, l’adesione alla Democrazia Cristiana e il suo impegno politico e sociale. Della madre si ricostruiscono i continui cambiamenti di ambiente geografico-linguistico in cui è vissuta nella prima parte della sua vita e che sono il riflesso di un certo ebraismo cosmopolita sempre pronto ai mutamenti. Ma la guerra e i suoi eventi dolorosi vengono rimossi dal vissuto e dalla narrazione orale della giovane coppia: da una parte la perdita del punto di riferimento identitario ebraico che sembra tenere la madre in qualche modo lontana perfino dalla famiglia di origine; dall’altra, il silenzio sulla  prigionia del padre internato militare (IMI) di cui egli non racconterà mai i particolari.

Sarà uno zio paterno, invece, che affida frammenti di quella storia alle pagine di un diario che dovrà essere pubblicato solo dopo la sua morte e di cui Marco Morselli trascrive un’ampia sezione per riuscire a portare alla chiusura di un cerchio.

L’ultimo libro di Marco Cassuto Morselli (Castelvecchi, 2022).

Apparentemente come conseguenza della scelta matrimoniale, l’ebraismo materno viene messo a tacere e non verrà mai esplicitato nemmeno dopo il rientro del figlio, in età adulta, in seno alla religione ebraica.

Un po’ alla volta ho realizzato che quella strana storia familiare aveva a che fare con la storia degli Ebrei e della Shoah. Ho studiato la filosofia ebraica, la storia ebraica, la letteratura ebraica, il rapporto tra ebraismo e cristianesimo. Se nella prima parte della mia vita tutto ciò che ha a che fare con gli ebrei mi era estraneo, nella seconda parte ho cercato di recuperare il tempo perduto e quasi non mi sono occupato d’altro.

“Quello di cui non si può parlare, si deve tacere” scrive il filosofo Ludwig Wittegenstein. Il titolo del libro, che esplicitamente richiama tale assunto, viene troncato e in realtà ribaltato: “di ciò di cui non si può parlare, si deve scrivere.”

Sta a noi, ora, di leggere.

Una risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter