Cos’è stata la Brigata ebraica
Ogni anno, per il 25 aprile, la sua presenza viene strumentalmente attaccata: eppure la Brigata ebraica partecipò attivamente alla liberazione dell’Italia dal nazifasismo, come spiega Claudio Vercelli
1. Le origini della Brigata
Il richiamo alla «Brigata ebraica» è una espressione con la quale si indica, al medesimo tempo, una specifica unità combattente – appartenente alle British Armed Forces – così come gli eventi e le storie che ad essa si riconnettono nel periodo di tempo che va dalla Seconda guerra mondiale alla nascita dello Stato d’Israele. La sua storia, infatti, è molto più complessa e tortuosa di quanto certe letture frettolose vorrebbero lasciare intendere. Così come la sua funzione non è circoscrivibile ai soli combattimenti ai quali pur prese parte, al pari delle più ampie operazioni alleate nelle quali venne chiamata in causa, ma a quello strategico lasso di tempo che va dal 1945 al 1948, quando la più parte dell’immigrazione ebraica nella declinante Palestina britannica era legalmente interdetta, al netto dei piccoli contingenti di migranti ai quali era invece concesso, con il contagocce, il visto di ingresso.
La sua storia segue un percorso lungo e abbastanza tortuoso. Inizia nel 1940, quando giovani ebrei ed arabi, in età di leva e residenti nei territori mandatari, furono arruolati in distinte compagnie di fanteria (i «Buffs»), inquadrate nel Royal East Kent Regiment. La prima compagnia di fanteria ebraica divenne operativa nell’autunno del 1940. Ad essa ne sarebbero poi seguite un’altra dozzina, per un totale di 5.300 coscritti. La loro funzione, nel quadro generale della campagna bellica del Nordafrica era quella di fungere da supporto e presidio delle installazioni britanniche, così come alla scorta dei convogli terrestri. Sia l’addestramento che l’equipaggiamento furono offerti dai comandi militari con calcolata oculatezza se non esasperante parsimonia, cercando di assegnare a tali reparti una funzione meramente sussidiaria.
Tuttavia, già alla fine del 1939 il gabinetto di guerra britannico aveva deciso di dare corpo ad un reggimento palestinese indipendente, ossia non incorporato all’interno di unità preesistenti. Una tale scelta si inquadrava nella crescente necessità, per gli inglesi, di dotarsi di truppe di supporto, soprattutto per proseguire nella vigilanza e nel presidio dei territori coloniali, facendo inoltre in modo che i reparti metropolitani e professionali, ossia quei militari che erano considerarti come maggiormente preziosi poiché meglio addestrati, potessero invece essere impiegati nello scontro diretto con i tedeschi (e poi contro gli stessi italiani e le forze armate legate all’Asse).
2. La partecipazione ebraica alla II guerra mondiale
Chaim Weizmann, presidente dell’Agenzia ebraica, l’organismo di coordinamento tra la comunità politica sionista e la potenza mandataria, offrì quindi la disponibilità per parte ebraica nel concorrere attivamente allo sforzo bellico britannico. Era una torsione rispetto ai difficili rapporti con Londra, che aveva invece adottato una politica restrittiva rispetto all’immigrazione ebraica (oramai composta quasi esclusivamente da ebrei che fuggivano dall’Europa nazificata). Dal punto di vista dell’insediamento ebraico, si trattava d’altro canto di una questione di vita o di morte, poiché l’eventualità che le truppe del Deutsches Afrikakorps di Erwin Rommel potessero sfondare le linee di difesa britanniche, penetrando nel Sinai e poi dilagando nelle regioni settentrionali, avrebbe comportato la distruzione certa della comunità ebraica palestinese, allora composta da circa mezzo milioni di individui.
Londra, con grande cautela, dovuta alla sostanziale indisponibilità ad armare milizie che avrebbero poi potuto partecipare successivamente alla lotta anticoloniale, autorizzò l’inquadramento di «volontari palestinesi» nei servizi ausiliari dei Royal Army Service Corps (Rasc) e dei Pioneer Corps, a condizione che il numero di arabi corrispondesse al numero di ebrei inquadrativi. I volontari erano in maggioranza inquadrati nelle compagnie dei mulattieri e per le operazioni portuali, svolgendo quindi attività di supporto e collegamento nelle retrovie per il resto delle truppe, invece impegnate in prima linea. Il concetto era chiaro: ebrei ed arabi potevano avere un qualche ruolo ma a patto che non fossero combattenti. Dal 1942 altre compagnie miste furono costituite. Tra di esse la Sesta unità ausiliaria delle Rasc, composta da donne ebree. Il passaggio successivo fu l’uso di nove compagnie per la guardia dei prigionieri di guerra tedeschi ed italiani nei campi di internamento presenti in Egitto.
Nel 1942, quindi, fu costituito un «Palestine Regiment», che avrebbe operato fino al 1944, composto di personale ebraico (1.600 elementi) ed arabo (1.200 uomini), integralmente coscritto su base volontaria nei territori del mandato britannico ed strutturato in battaglioni separati in base al gruppo “etnolinguistico” di appartenenza. Tra di loro vi erano tecnici specializzati come i genieri, i cartografi, gli autotrasportatori, gli esperti di comunicazioni. La scelta britannica fu tuttavia quella di non avvalersi di tutte le risorse umane disponibili. Operativamente, questo reparto, limitato quindi a modeste dimensioni, non superando nel complesso le tremila unità, fu dislocato nello scenario di combattimento dei territori egiziani e cirenaici, assolvendo perlopiù a funzioni di presidio.
Il comando britannico necessitava comunque di truppe di rincalzo, che potessero accompagnarsi, e all’occorrenza sostituirsi, a quelle “autoctone”. Furono quindi istituite alcune compagnie ebraiche, utilizzate sullo scenario italiano, dopo lo sbarco avvenuto in Sicilia nel luglio del 1943. Nel complesso, queste unità – che non erano combattenti poiché gli inglesi continuavano ad interdirne l’utilizzo in prima linea per una precisa scelta politica – nel febbraio del 1944 si adoperano per il sostegno dello sbarco alleato ad Anzio. Nel mentre, a Bari, alcuni loro uomini avevano già contribuito a rendere operativo un centro di soccorso per i 4mila profughi ebrei presenti nell’Italia meridionale. Il centro, una volta liberata Roma, il 4 giugno 1944, vi sarebbe stato trasferito.
Intanto, dal luglio del 1944, dopo una formale decisione assunta in tal senso del governo di Londra, le compagnie ebraiche che avevano costituito il Reggimento palestinese divennero ossatura per la formazione della «Jewish Infantry Brigade Group», corpo militare autonomo, composto perlopiù di ebrei della Palestina mandataria (ma anche provenienti da altri possedimenti britannici così come, successivamente, da alcuni militari ebrei di origine russa, polacca e dell’Europa orientale) e impegnati – questa volta – come unità combattente, nelle operazioni militari britanniche in Italia (ed in subordine in Austria). La nascita di questa unità di prima linea fu peraltro il risultato di una lunga e defatigante trattativa tra il governo inglese e le autorità ebraiche della Palestina mandataria. Le seconde spingevano per un coinvolgimento il più ampio possibile dei giovani ebrei mentre le prime cercavano di vincolarne rigorosamente il reclutamento. Gli inglesi imposero che gli ufficiali di grado superiore non fossero ebrei di origine “palestinese”, mentre invece permisero l’uso delle insegne ebraiche come simboli ufficiali di distinzione. Il comando della «Brigata ebraica», come ben presto venne conosciuta, fu affidato ad un brigadiere generale (ossia un generale di brigata) canadese, Ernest Frank Benjamin, anch’egli di origine ebraica. Un comunicato del War Office del 20 settembre 1944 sanciva questa trasformazione, stabilendo inoltre il quartiere generale dell’unità in Egitto.
3. L’organizzazione della Brigata
La composizione dell’unità era articolata in tre battaglioni di fanteria, in un reggimento di artiglieria da campagna (fatto che secondo l’ordinamento militare vigente faceva sì che la medesima fosse da considerarsi una brigata propriamente intesa), in una compagnia di genieri e in una serie di gruppi accessori e di supporto, secondo la classica ordinanza dei reparti da combattimento di medie dimensioni. L’impiego della Brigata sul fronte italiano, dove fu stanziata dopo un periodo di addestramento al combattimento in Egitto, si avviò nel tardo autunno del 1944.