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Un Presidente per cambiare

Victor Fadlun è il nuovo presidente della Comunità ebraica di Roma, eletto da Dor va Dor e Ha Bait. Dopo avere accettato con riserva, ha davanti il primo ostacolo della sua presidenza: formare la Giunta superando i veti di Per Israele

qui e sotto: alcune immagini della riunione inaugurale el Consiglio

Se è vero che per ogni ebreo la Torà è, o dovrebbe essere, un testo di continuo insegnamento, allora forse ieri sera sono stati molti a riflettere sulla parashà letta lo scorso shabbat, in cui lo scontro fra Korach e Mosè descrive bene cosa separa la cattiva politica da quella buona.

L’elezione per il nuovo presidente della Comunità ebraica di Roma non ha tradito le attese, anche se forse è ancora presto per dire se ha confermato le speranze che la maggior parte degli elettori hanno espresso nel voto dello scorso 18 giugno.

Victor Fadlun è il nuovo presidente della Comunità. È un presidente che entrerà nella storia di una delle più antiche comunità della diaspora, non solo per la sua biografia personale – quella di un ebreo di origini libiche, la cui famiglia è arrivata in Italia fuggendo dal suo paese e che dal nulla, come molti altri insieme a lui, ha costruito una nuova vita in Europa – ma anche per la comunità, che dopo circa vent’anni ha consegnato la responsabilità della sua gestione a una nuova classe dirigente.

Victor Fadlun, nuovo presidente della CER

È stato un voto che ha messo bene in luce le dinamiche che già erano emerse nella campagna elettorale e che ora chiedono di essere riconosciute e governate, rompendo l’immobilismo e l’autoreferenzialità di chi negli ultimi anni ha pensato di poter gestire la Comunità ebraica di Roma in modo spesso unidirezionale e autocentrato. Spetta dunque a Fadlun il compito di guidare la Comunità nei prossimi quattro anni. Non sarà, a detta di tutti gli intervenuti ieri – l’unico punto su cui le liste si sono mostrate d’accordo – un’impresa facile, perché i problemi messi sotto il tappeto negli ultimi anni ormai non possono più essere ignorati o peggio nascosti. Questo forse spiega anche la drammaticità politica di quel che è accaduto ieri sera al momento della dichiarazione di voto.

Per Israele, che doveva scegliere fra una collaborazione sincera e trasparente o la strada del tirare il più possibile la corda per saggiare la resistenza del nuovo presidente, ha scelto di percorrere quest’ultima strada fino in fondo. Nonostante l’apertura di Dor va Dor a una gestione il più possibile collegiale – con un discorso pacato e aperto al confronto, l’esatto contrario delle parole che avevamo ascoltato all’insediamento del consiglio 4 anni fa –, e il sostegno franco offerto da Daniele Regard per Ha Bait al fine di realizzare un programma che veda al primo posto l’attenzione per i giovani, il welfare, la scuola, Per Israele si è mostrata recalcitrante oltre ogni limite, dichiarandosi ostile ad accettare la sconfitta del 18 giugno e rivendicando addirittura una parità di assessori (certa politica alla fine si traduce sempre in posti da occupare), nonostante fosse passata da 14 seggi a 10, e Dor Va Dor invece da 4 a 10, e un maggior numero di preferenze.

Si trattava oggettivamente di una proposta irricevibile. Il voto di soli 10 giorni fa è un segno troppo chiaro per consentire ancora di giocare una partita di poker, puntando a prendere il banco senza avere carte buone in mano. Il risultato è stato così che si è andati alla conta, con Per Israele che ha addirittura pensato di sfidare Dor va Dor e Ha Bait per la presidenza.

i consiglieri di Ha Bait

In effetti, i presenti non hanno potuto fare a meno di interrogarsi sul perché di una scelta politicamente suicida. Perché anche se si era rifiutata l’offerta equilibrata di Victor Fadlun – formare una giunta con 3 assessori Dor Va Dor (oltre al presidente), 3 Per Israele, 2 Ha Bait – se Per Israele avesse davvero voluto mostrarsi volenterosa nella ricerca di un accordo, avrebbe potuto scegliere di votare scheda bianca, o perlomeno un candidato di bandiera. Al contrario, ha scelto di opporre al vincitore delle elezioni la propria candidata presidente, Antonella Di Castro, la quale incomprensibilmente ha accettato che la sua lista la sacrificasse in una conta che l’ha vista sonoramente sconfitta 16 a 9.

A quel punto soltanto lo sforzo del presidente Fadlun di tentare ancora di raggiungere un accordo per una coalizione la più ampia possibile ha impedito di formare direttamente la Giunta. Poco importa, ai fini dell’analisi del voto. Quel che è chiaro, infatti, è che da ieri sera la Comunità ebraica di Roma ha un nuovo presidente e una nuova maggioranza, formata da Dor va Dor e Ha Bait. Una maggioranza del tutto autosufficiente e che, se lo vorrà, sarà in grado di affrontare con onestà, impegno, trasparenza e amore per la Comunità tutti gli impegni che si troverà davanti. Per imboccare questa strada manca però ancora un ultimo tassello.

Fadlun, infatti, si è riservato di accettare la sua nomina a presidente a un’ulteriore tentativo di accordo con Per Israele. Si tratta di una scelta nobile, un sincero impegno per avviare la consiliatura sulla base della maggiore collegialità possibile. Tuttavia, se anche noi volessimo partecipare alla gara di fornire consigli non richiesti a chi ha assunto la responsabilità di governare la Comunità, allora suggeriremmo di seguire non una, ma due stelle polari.

La prima è quella di farsi guidare esclusivamente dall’interesse per la Comunità ebraica di Roma e i suoi iscritti, che attraverso il voto hanno espresso il desiderio di cambiare pagina dopo ha una lunga gestione fatta di luci e di ombre. La seconda stella polare è quella di avere coraggio, dote che certo non manca nella biografia del neopresidente. Avere coraggio significa, oggi, non farsi ingabbiare in trattative estenuanti al limite del ricatto politico, e offrire ancora una volta la possibilità di un accordo equo e giusto, dopo il quale però questa Comunità ha diritto di veder nascere una nuova giunta che affronti con impegno e determinazione il cammino che ha davanti.

Da sempre, fra Mosè e Korach, gli ebrei non hanno dubbio da che parte stare.

NOTA REDAZIONALE (30.6.23)

A seguito dell’editoriale pubblicato ieri, alcune voci hanno segnalato che il riferimento a Korach poteva essere letto in termini negativi nei confronti di alcune posizioni emerse nel consiglio Cer.
Al riguardo, la redazione intende precisare che nessun riferimento a persone determinate voleva essere effettuato, e che l’articolo esprimeva solo l’auspicio che, in ogni caso, si sarebbero prese le decisioni migliori per la comunità.
La redazione si scusa con chi si fosse erroneamente sentito coinvolto, pur rivendicando il diritto a esprimere la propria opinione nel rispetto di tutti

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Resoconto del Consiglio Cer del 28 giugno 2023.

La seduta si apre alle 21.10.

In apertura di riunione, Emanuele Pace, consigliere anziano, prende la presidenza e invita il nuovo consiglio ad adempiere all’impegno che lo attendere: preservare nel mondo migliore e per gli anni a venire il benessere della Comunità ebraica di Roma; dà poi la parola al Rabbino capo.

Il Rabbino capo confessa di essere felice ma anche preoccupato per l’avvio della consiliatura; la Comunità è afflitta infatti da numerosi problemi che la attanagliano e che a volte tolgono il sonno, dagli anziani, ai poveri agli ebrei lontani. Invita il nuovo consiglio a concentrarsi su questi problemi tenendo anche conto della necessità di elevare lo standard di qualità delle scuole.

Pace poi invita le liste a fare una dichiarazione di voto prima di passare all’elezione del Presidente.

Victor Fadlun (Dor va Dor), cede la parola ad Alex Luzon, che ricorda le percentuali raccolte dalle tre liste (Dor va Dor 37,8%, Per Israele 36,6%, Ha Bait 25,8%), un voto che, afferma, esprime un cambio di passo e a mettere in gioco nuove professionalità. Rivendica il fatto che già in passato Dor va Dor ha dialogato con tutti, mostrando una capacità di ascolto e rifuggendo sempre lo scontro. Ricorda poi che viviamo un momento delicato, non solo sul piano patrimoniale, ma anche sociale, e che forte è il rischio di assimilazione. Per questo, conclude proponendo, a nome della ista, un governo di larghe intese e propone a guida Fadlun.

Antonella Di Castro, capolista di Per Israele

Prende la parola Antonella Di Castro (Per Israele), che ricorda come gli ultimi giorni siano stati molto intensi, alla ricerca di un accordo. Nonostante gli sforzi, però, dichiara che ancora non c’è l’accordo. Lamenta che Per Israele non sia sufficientemente rappresentato, nonostante abbia accettato di rinunciare sia alla presidenza che ad alcuni assessorati, subendo veti su alcune persone e su degli assessorati. Dichiara che, senza accordo complessivo sulla giunta, Per Israele non voterà un presidente condiviso.

Prende la parola Daniele Regard (Ha Bait), che si dice dispiaciuto dalla chiusura di Per Israele, perché il voto del 18 giugno ha mostrato un segnale chiaro che va ora attuato. Tutte le realtà vanno equamente rappresentate in Consiglio, e i numeri dicono che l’equilibrio è quello di una Giunta con 4 nomi per Dor Va dor, 3 per Per Israele, 2 per Ha Bait, in quanto è naturale che la lista che esprime il Presidente sia quella con più rappresentanti. Rivendica che Ha Bait abbia lavorato per l’accordo, ma afferma che ora serve responsabilità per il bene della comunità e che non bisogna perdere altro tempo. Ha Bait, che ha dimostrato di essere una realtà viva, è pronta a dare il suo contributo.

Prende la parola Victor Fadlun, che conferma come una giunta fondata sul modello 4-3-2 è quella che rispetta e riflette il voto degli elettori. Dichiara di voler formare una Giunta all’insegna del rispetto e dell’inclusione, e che se non verrà accettata questa formula lui non potrà essere il novo Presidente. Invita tutti alla responsabilità.

Prende la parola Di Castro, che osserva che lo schema 4-3-2 non rispetta il numero di seggi delle tre liste.

Daniele Règard, “Billy”, capolista Ha Bait

Prende la parola Regard, che sottolinea come, nonostante permangono delle differenze, Ha Bait conferma la sua volontà a lavorare insieme per il bene comune. Osserva come le ultime elezioni si siano svolte in mancanza di una perfetta organizzazione, visto il ritardo con cui moltissimi elettori hanno ricevuto le schede elettorali, e lamenta che la passata presidenza non sia stata in grado di realizzare una capillare informazione sul voto.

Si passa poi al voto a scrutinio segreto per l’elezione del presidente

Risultati del voto

Presenti: 25 (su 27)

Votanti: 25

Fadlun: 16

Di Castro: 9

Bianche: 0

Nulle: 0

Fadlun, eletto Presidente, ringrazia suo padre, z’l’, sua madre, sua moglie e la sua famiglia. Dichiara di avere sempre agito in passato per il bene della Comunità, e avverte la necessità di evitare il pericolo di dividersi, che, come spiegano i maestri (TB, Ghittim 55b), portò alla fine del Tempio di Gerusalemme. Accetta dunque la presidenza ma con una riserva: tenterà ancora di formare una giunta con tutte e tre le liste.

Propone poi Alex Luzon come coordinatore del Consiglio.

Il Tempio maggiore

Prende la parola Loredana Spagnoletto (Ha Bait), per proporre di votare il coordinatore solo dopo aver sperimentato la possibilità di raggiungere un accordo complessivo che ricomprenda anche la Giunta. Dor Va Dor si dichiara d’accordo.

Il consiglio viene dunque aggiornato.

Il Rabbino capo ricorda che dal 5 luglio si entra nel periodo di “ben Hametzarim” (“delle ristrettezze”, che porterà al 9 di Av) e che sarebbe pertanto auspicabile raggiungere un accordo prima di tale data.

La seduta termina alle 21.45

11 risposte

  1. Ottimo esercizio di democrazia, considerevole delle opinioni di tutti i costituenti, con la supervisione benefica del Rav Rashi – non si è raggiunto un accordo, ma con campioni come questi la conclusione condivisa non tarderà . Il popolo di israele che lavora !!!!!!

  2. Non so chi della Redazione abbia scritto.la prima parte del testo, ma voglio dire che l’autore/ autrice è persona preparata, equilibrata, capace. Ho letto riflessioni profonde sia dal punto di vista politico che umano , sulle quali consiglio di meditare a tutti i nuovi Eletti . Lello AnV

  3. Come presentatore di Per Israele posso essere di parte, ma mai mi sarei aspettato tanto fango su un gruppo che per 20 anni può aver fatto errori ma ha sicuramente dato lustro alla Comunità con numerosi successi, dalla Scuola al Museo dal prestigio cittadino e nazionale al sostegno a Israele senza se e senza ma. E a chi propone un coordinatore del Consiglio della maggioranza, ricordo che Per Istsele ha sempre lasciato tale importante incarico alla opposizione.

  4. Un articolo non solo informativo, ma anche esplicito sul clima della riunione che ha portato all’elezione del nuovo presidente

  5. Le penne di Riflessi non si smentiscono mai, per stile, eleganza e fedeltà nel riportare i fatti. Definirle faziose mi pare quantomeno fuori luogo. Ricordo ai lettori che Riflessi è nata per completare un’informazione di fatto carente e rappresentativa solo di una parte della comunità, un organo di stampa talmente di parte che è stato perfino licenziato il direttore che la gestiva da 20 anni perché non sufficientemente allineato editorialmente. La testata con la nuova gestione pesa sulle casse della Comunità circa 200.000 euro, Riflessi nemmeno un centesimo. Definire Riflessi fazioso e scorretto mi pare quantomeno arrogante da parte di certi soggetti.

    1. Gentile Giovanni, Riflessi pubblica tutti i commenti, senza censure, nel rispetto reciproco delle diverse opinioni. Si sarà trattato di un problema tecnico, per cui se lo desidera può inviare di nuovo il suo commento.

  6. Punto uno. Per ciò che riguarda la cronaca della prima riunione del nuovo Consiglio della Cer, ringrazio la redazione di “Riflessi” per l’ottimo servizio informativo che ci ha fornito. Informato, chiaro, scorrevole. Ancora: equilibrato anche se esplicitamente, e quindi onestamente, di parte. Certo non fazioso. L’ho letto, e ne so più di prima. A questo servono gli articoli.
    Secondo punto. Per ciò che riguarda il riferimento iniziale a una data parashà, ammetto subito di non avere neanche lontanamente una preparazione sufficiente ad entrare nel merito di tale riferimento. Mi limito a osservare che, in linea di massima, sarebbe forse preferibile non coinvolgere i Testi della nostra comune tradizione – rispetto a cui sono peraltro legittime diverse interpretazioni, se c’è chi è in grado di farle – nei dibattiti relativi alle vicende della nostra vita comunitaria.

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