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L’impresa di Estèr

La festa di Purim, oltre alla gioia e al mascheramento, ci insegna anche a coltivare la nostra genuinità

 

qui e sotto: alcune rappresentazioni di Ester nei secoli

Immaginiamo la scena: Estèr è allo stremo delle forze, dopo tre giorni di digiuno. Ha sulle spalle la responsabilità di un intero popolo, condannato all’eliminazione fisica, per il quale ha accettato la disperata missione di tentare il salvataggio.

Entra in un ambiente ostile, “la casa degli idoli” secondo il Midrash. È diretta dal re, ma il re è lontano e non chiede di lei da trenta giorni. Assai probabile che vedendola arrivare senza invito, possa condannarla a morte. “Mio D-o, mio D-o, perché mi hai abbandonato?”

I Saggi le mettono in bocca le parole del salmo. Preludio alla fine, al crollo imminente e definitivo. Invece, come sappiamo, la storia prosegue ed evolve in tutt’altro modo.

Se tutta la storia di Purim è caratterizzata da rovesciamenti improvvisi e drammatici, autentici capovolgimenti, questo è il primo, dal quale tutti gli altri prendono le mosse. Il Midrash descrive qui l’intervento divino: tre angeli intervengono a cambiare la coreografia, l’uno facendole alzare la testa, l’altro facendola apparire graziosa, un terzo allungando lo scettro del re fino ad arrivare da lei.

Il cambiamento è in realtà più profondo: Estèr non sente più il digiuno, non è più debole, non ha più paura. Fedele all’archetipo della donna ebrea sempre disposta a sacrificarsi fino allo strenuo delle forze, non è fuggita, non si è data per vinta.

Estèr sta scavando nella propria identità. A seconda di come interpretiamo la storia precedente, sta recuperando la propria ebraicità o sta finalmente percependo la propria responsabilità verso il popolo.

Il re ora è vicino, lo scettro è raggiungibile, lei può toccarlo, la minaccia di morte aleggia ancora sul popolo ma non è più incombente. Il Midrash si sofferma in particolare su un dettaglio apparentemente non così fondamentale: di quanto si è miracolosamente allungato lo scettro del re? Divenne lungo 12 cubiti, forse 16, forse 24, o addirittura 60? Il punto cruciale del Midrash è l’accostamento con l’episodio della mano della figlia del faraone che miracolosamente si allunga fino ad arrivare alla cesta che conteneva Moshè[1]. Di nuovo un’immagine plastica dello sforzo estremo compiuto da una donna che salva il popolo ebraico.

Vorrei suggerire che la “trasformazione fisica” descritta a proposito di Estèr, alla quale corrisponde come abbiamo detto una trasformazione interiore, metta in luce un ulteriore significato della tradizionale maschera di Purim.

Nella nostra vita quotidiana usiamo tutti, chi più chi meno, una maschera: cerchiamo di mostrarci in un determinato modo con gli amici, a scuola, al lavoro, per strada…di farci vedere così come vogliamo essere visti. In genere ci piace corrispondere a consuetudini sociali determinate, ad essere allineati con quanto normalmente accettato e considerato valido.

Anche agli altri attribuiamo maschere, li vediamo come siamo abituati a vederli, nel ruolo che tutti attribuiscono ad ognuno di loro e diamo per scontato che tale immagine risponda alla loro reale identità. È ovvio che sia così e in larga misura inevitabile.

Rav Ascoli ha curato la traduzione italiana del trattato Meghillà (ed. Giuntina, 2022)

Ci sono però occasioni, auspicabilmente meno drammatiche di quelle di Estèr ma comunque importanti, nelle quali percepiamo nel nostro intimo l’esigenza di qualcosa di differente, che non trova riscontro nelle usuali maschere.

Abbiamo allora la possibilità di respingere e nascondere questa esigenza o di fare uno sforzo e consentirle di affiorare. Guardarsi sempre dentro può essere lacerante, non farlo mai alienante.

Purim ci spinge alla ricerca di autenticità, a recuperare genuinità, a dare spazio a sentimenti profondi, a indagare la nostra identità. Il “gioco” dei nostri Maestri che leggono Kippur come Purim (“Kippurim” può leggersi “Ke-Purim”) si rivela, tanto per fare una cosa nuova, assai più serio e profondo di quanto sembri!

[1] Il Midrash mette in relazione gli episodi di Ester e della figlia del faraone ad uno ulteriore legato al gigante Og. L’analisi di quest’ultimo parallelo la rimandiamo a una prossima occasione.

Leggi anche: Il trattato Meghillà in italiano

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