La pace non si fa con gli odiatori di Israele

Enrico Fink, presidente della comunità ebraica di Firenze, parla dell’incontro organizzato dal Comune con chi, in nome della pace, auspica la fine dello Stato ebraico

Enrico, cominciamo dai fatti. Cosa è accaduto la scorsa settimana al comune di Firenze?

Enrico Fink, musicista, presidente della comunità di Firenze

Lo scorso sabato si è svolto un incontro promosso dal consiglio comunale, nell’ambito di una iniziativa che ha visto una serie di appuntamenti sul tema relativo al Medio Oriente e al conflitto in corso. L’iniziativa, infatti, segue una serie di incontri precedenti, in cui anche la comunità ebraica di Firenze è stata invitata. Lo scorso febbraio, infatti, siamo stati ospitati insieme ad Angelica Calò e a suo marito Yehuda Livne, un incontro molto importante, a cui ne sono seguiti altri, ad esempio con i presidenti dei consigli comunali di varie città italiane e con altre associazioni “pacifiste”. In realtà, in alcuni casi sono stati invitati anche esponenti di associazioni che io reputo al contrario nocive alla “causa palestinese” visto che ho il loro obiettivo è solo quello di marcare una posizione anti israeliana. In ogni caso, quanto è avvenuto sabato scorso ha superato ogni limite.

Perché?

Angelica Edna Calo Livne e suo marito Yehuda

Io non sono contrario a che ovviamente il comune organizzi una serie di incontri per approfondire il tema, e penso anche che in questo paese ciascuno abbia diritto di parola e di manifestare il proprio pensiero. Il problema è che se l’obiettivo è quello di trovare la soluzione per avvicinarci alla pace, allora occorrere essere consapevoli che ci sono alcune persone che lavorano esattamente in senso opposto. I relatori di sabato scorso appartengono a questa categoria: Alain Pappé e Francesca Albanese in particolare, infatti, hanno una lunga storia che dimostra come le loro parole siano in realtà nocive alla soluzione pacifica del conflitto.

Come si è svolto l’incontro?

l’aula in cui si riunisce il consiglio comunale di Firenze

Ciò che ha ferito profondamente me e l’intera comunità ebraica di Firenze è che abbiamo assistito, come prevedibile, a una serie di accuse gravi e false mosse a Israele, a una serie di distorsioni storiche evidenti, a discorsi che di fatto incitano la violenza nei confronti dello Stato ebraico. Tutto ciò è stato possibile all’interno del Comune di Firenze, alla presenza del presidente del consiglio comunale, il quale non ha ritenuto di dire nulla al riguardo. Eppure, quanto è stato detto sabato scorso va esattamente in direzione contraria a quanto il sindaco Nardella e l’intero consiglio comunale hanno sempre sostenuto: la necessità che si trovi una soluzione per far nascere due Stati per due popoli. Al contrario, abbiamo ascoltato parole le quali sostenevano l’impossibilità di una pace con uno Stato fondato sul sionismo e che l’unica soluzione, a loro dire imminente, è la fine del regime israeliano e la nascita di un unico Stato “dal fiume al mare”, in cui certamente alcuni ebrei potranno rimanere, ma non certamente i sionisti.

le manifestazioni per la Palestina che si organizzano dalla fine di ottobre 2023 hanno progressivamente accantonato sia l’aggressione di Hamas del 7 ottobre, sia le violenze sessuali ripetute contro donne israeliane, sia la presenza di oltre 100 rapiti israeliani a Gaza, molti dei quali verosimilmente ancora sotto costanti violenze

Nessuno era presente per controbattere a questa posizione?

Ovviamente noi non c’eravamo, visto che l’incontro era organizzato di shabbat, e visto che comunque non saremmo certo andati. Ti ripeto, sarebbe forse stato sufficiente anche solo che il presidente del consiglio comunale si fosse dissociato, che avesse preso le distanze da una posizione che confligge con quella più volte espressa dal comune. Al contrario questo silenzio è tanto più grave, in quanto quelle parole sono state pronunciate di fronte a un pubblico all’interno di una sala comunale e a tanta parte della città in collegamento. Ora, io mi chiedo, che impressioni avranno suscitato quelle parole nei confronti di chi era presente?

Francesca Albanese

Ti si potrebbe obiettare che Ilan Pappé, storico (ebreo) che insegna in Inghilterra, e Francesca Albanese, inviata per conto dell’ONU in Medio Oriente, sono figure autorevoli.

E questa è una ulteriore aggravante. Il comune ha infatti dato spazio a figure tristemente note, le quali diffondono parole di odio nei confronti di Israele finendo per sostenere di fatto movimenti terroristici. Si tratta in realtà di cattivi maestri, una categoria tristamente nota in Italia.

anche nei manifesti diffusi dai sostenitori palestinesi, è evidente che la soluzione “2 popoli, 2 Stati” non è presa in esame (qui, addirittura, si parla di “lotta al patriarcato” ignorando che Hamas nega ogni diritto civile e sociale a Gaza)

Cosa intendi?

Ci sono persone che, comodamente sedute nei salotti di casa propria, incitano alla guerra e all’odio, sapendo che non saranno mai loro a rimetterci, ma piuttosto gli stessi palestinesi. A proposito di Francesca Albanese: come hai detto lavora per l’Onu, ma il risultato che ha ottenuto in tre anni di incarico è quello di essere considerata persona non gradita in Israele. Ora, anche senza entrare nel merito, a me pare che un esito del genere certifichi il fallimento del suo lavoro. In teoria, infatti, l’ONU è un’organizzazione che dovrebbe favorire il dialogo e la mediazione. Se invece la persona chiamata a svolgere tale funzione ottiene il risultato di essere considerata sgradita da una delle due parti, è evidente che il suo lavoro è fallito. Albanese è stata sempre divisiva, utilizza spesso una terminologia che mette in cattiva luce non solo Israele, ma tutti gli ebrei. Allo stesso gioco partecipa anche Barghouti, che ha avuto l’impudenza di paragonare Anna Frank ai bambini palestinesi, oltre ovviamente a parlare di genocidio, nonostante storici e giuristi abbiano immediatamente escluso che a Gaza ci sia una situazione del genere. Lo stesso per Pappé, che da anni pubblica libri con cui ottiene un effimero successo personale, ma che di fatto alimentano soltanto l’odio il pregiudizio verso lo Stato ebraico.

un’altra chiara manipolazione della storia: Anne Frank, ebrea uccisa dai nazisti, viene schierata dal lato palestinese contro gli ebrei (sottotesto: gli ebrei di oggi sono i nuovi nazisti)

Si tratta di cattivi maestri, perché negano la possibilità di raggiungere una pace, semplicemente perché negano che in quella terra ci siano due popoli che hanno entrambi due diritti ad avere uno stato e due legittime aspirazioni. Al contrario, le loro parole le loro azioni sono improntate ad aumentare lo scontro.

Tu hai scritto una lettera che spiega la ferita della comunità indirizzata al sindaco all’intero consiglio comunale. Che reazioni ha avuto?

Le reazioni, d’oggi, sono state molte, e hanno dato vita a una serie di comunicati stampa in cui i vari gruppi consiliari hanno preso posizione. In generale la maggior parte delle forze politiche che siedono in comune hanno espresso solidarietà alla comunità ebraica, anche se non posso nascondere che alcune figure appartenenti all’estrema sinistra hanno preferito una scelta diversa. Quel che più conta è che però la giunta comunale ha ribadito, anche se con ritardo, che quelle espresse sabato scorso sono opinioni contrarie alla linea del Comune di Firenze, che è da sempre a favore di due Stati per due popoli.

i cortei “ProPal” si diffondono in tutta Italia. L’attacco di Hamas del 7 ottobre è sempre dimenticato, a volte difeso

Questa risposta chiude il caso con la comunità ebraica di Firenze?

Io credo che non sia ancora sufficiente, vista la gravità dei fatti; vedremo comunque in futuro cosa accadrà.

Quanto accaduto al Comune di Firenze fa il paio con quanto successo pochi giorni prima a Bologna, quando sia il comune che l’università avevano ospitato il fondatore del BDS in Italia. A tuo avviso questa è la dimostrazione che la sinistra ha ancora un pregiudizio nei confronti di Israele?

un’altra caso di distorsione: Gaza come Guernica. Anche qui gli ebrei vengono messi dalla parte dei fascisti. Il terrorismo di Hamas è ormai scomparso

Il discorso non è semplice. Se penso a quanto fatto a sinistra negli ultimi trent’anni, riconosco che importanti passi sono stati compiuti. Figure come quelle di Piero Fassino, Giorgio Napolitano, Furio Colombo, Emanuele Fiano, e anche altri, hanno consentito a sinistra di fare una riflessione importante sul conflitto mediorientale e riconoscere le ragioni di Israele; questo è un merito che non può essere dimenticato. Lo stesso Matteo Renzi ha fatto molto a favore di Israele anche quando ancora era segretario del partito democratico. Dunque, rispetto a trenta o quarant’anni fa, un’evoluzione c’è stata. Questo però ha prodotto anche una reazione opposta.

Cioè?

A me sembra che all’interno della sinistra oggi ci sia una parte ancora profondamente ostile a Israele, che giudica lo Stato ebraico con forti pregiudizi e con tesi precostituite. Si tratta di una posizione alimentata in parte da vecchi schemi culturali e politici. Nella sinistra italiana è presente infatti una buona fetta di persone che hanno nostalgia dei vecchi slogan, come “Palestina libera Palestina rossa”. È una reazione non solo al conflitto in corso, ma in generale alla necessità di darsi una identità in un momento di grandi cambiamenti, in cui molti sono disorientati. Scandire vecchi slogan può dare dunque l’illusione di aver trovato una propria collocazione nel mondo. C’è però anche un’altra componente, forse ancora più pericolosa.

Quale?

Da ultimo, ecco la piattaforma di molte assocazioni pacifiste, cui anche la CGIL ha aderito: si parla espressamente di genocidio, nonostante sia gli storici che i giuristi più esperti lo abbiano escluso

Mi sembra che la sinistra italiana corra il pericolo di una specie di infiltrazione. È sempre più frequente scorgere e ascoltare all’interno di cortei, manifestazioni, ma anche incontri pubblici, slogan e posizioni che provengono dall’esterno.

A cosa ti riferisci?

Prendi la manifestazione per la Palestina a Roma, lo scorso 28 novembre. In quella occasione, all’interno di un corteo che ha visto la partecipazione di migliaia di persone, sono stati diffusi comunicati palesemente scritti e tradotti, di matrice forse iraniana, comunque mediorientale, e così era anche la piattaforma su cui era stata convocata la manifestazione. Si tratta di una componente nuova, la prova che all’interno della sinistra si stanno infiltrando forme radicali di integralismo islamico. Io credo che questo sia un grosso problema non solo per la società italiana, ma in particolare per la sinistra. Una sinistra che abbia ancora a cuore, infatti, lo stato di diritto, la tutela di diritti umani e civili e sociali delle persone, deve prendere atto del pericolo di essere avvicinata da forze che negano questi principi, e che soprattutto hanno dimostrato la tendenza a esprimere una grande violenza contro le donne. Dunque, per rispondere alla tua domanda, la sinistra oggi è di fronte a una scelta, chiamata a respingere queste infiltrazioni.

Oltre a essere presidente della comunità ebraica di Firenze, sei anche un’artista. L’ultima domanda che vorrei farti è come hai reagito ai fatti del 7 ottobre e quali siano le tue sensazioni oggi.

la sinagoga di Firenze

Avverto una profonda tristezza. Innanzitutto, fammi dire che l’essere ebreo non mi impedisce di provare anche una grande pena per quel che avviene a Gaza, e per i tanti morti, per i quali certamente noi ebrei non gioiamo. Sono anche molto preoccupato, perché vedo che anche nel mondo dell’arte e della cultura spesso si tende a semplificare la realtà e a cedere alla tentazione degli slogan e delle semplificazioni. Siamo nel pieno di una fase molto difficile. Avverto un crescente senso di difficoltà e di solitudine, non solo in quanto ebreo. In questi tempi che viviamo, chiunque tenda a esprimere posizioni equilibrate e moderate, e a sottrarsi alla semplificazione della realtà, vive questo senso di difficoltà e di solitudine. Ogni giorno assistiamo figure che ufficialmente si dichiarano pacifiste, ma che poi veicolano parole d’odio e di pregiudizio. Come ci ha insegnato Primo Levi, la lotta contro il fascismo è innanzitutto una lotta contro la semplificazione. La cultura, se non vuole venir meno ai suoi compiti, non deve rinunciare a cercare di comprendere la complessità dei fenomeni che ha davanti, senza semplificazioni facili, semmai cercando di rendere accessibili argomenti complessi. Spero che questa mia solitudine termini presto.

Leggi gli altri articoli sulla guerra tra Israele e Hamas

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Leggi la lettera di Fink al comune di Firenze

Gentile Presidente del Consiglio Comunale di Firenze, Luca Milani

Gentili membri del Consiglio Comunale di Firenze

e p.c. gentile Sindaco, Dario Nardella

 Vi scrivo cercando, al meglio delle mie capacità, di interpretare sentimenti largamente condivisi nella generalità della Comunità che rappresento.
Passato il Sabato, le cui regole ci impedivano di essere presenti all’evento del 24 febbraio scorso, abbiamo ascoltato la registrazione del convegno “Pace e giustizia in Medio Oriente” con un crescente senso di inquietudine e amarezza. Alla fine dell’ascolto, il sentimento prevalente era quello di profonda delusione per il percorso intrapreso con questo Consiglio, percorso che ci aveva visto anche partecipi nel co-organizzare il primo appuntamento. Avevamo appreso e compreso da parte del Presidente del Consiglio Comunale il desiderio di articolare una riflessione sulla pace su più appuntamenti, concentrandosi via via su temi specifici  – così avevamo voluto fare la nostra parte, uscendo dal ruolo proprio di una comunità ebraica che, come non ci stanchiamo di ripetere, non rappresenta parti in causa in questo o in altri conflitti, ma  collaborando con l’associazione Italia Israele per portare a Firenze una coppia di persone impegnate da decenni sul campo  per favorire dialogo e convivenza fra palestinesi e israeliani. Era una scelta non scontata (come non era certo scontato per l’associazione Italia Israele  portare al Comune di Firenze come relatori persone notoriamente all’opposizione dell’attuale governo);  ma ci tenevamo a fare la nostra parte riconoscendo, o credendo di riconoscere, la volontà da parte del Consiglio di creare una riflessione degna della storia fiorentina, originale e davvero capace di costruire ponti di dialogo e comprensione reciproca.
Ecco dunque il motivo dell’amarezza e della delusione. Non certo perché si è parlato del dramma dei palestinesi, perché ancora una volta ribadiamo che com’è del tutto naturale ci stanno a cuore i diritti, la pace e la serenità di tutta la regione, di tutti i suoi abitanti, ebrei cristiani o musulmani, israeliani o palestinesi, e la morte di qualunque essere umano ci crea angoscia indipendentemente dalla sua religione o cultura o nazionalità. No, l’amarezza è cresciuta man mano che diventava sempre più chiaro che invece di cercare prospettive di pace si riproponeva per l’ennesima volta una sterile narrativa completamente di parte, volta non al riconoscimento delle aspirazioni e dei diritti di tutti, ma alla calunnia, al veleno non solo contro le scelte politiche di un governo, ma contro l’idea stessa dell’esistenza ebraica nella regione, portando avanti anche nel linguaggio la politica di rovesciamento delle responsabilità e della sostituzione delle vittime che spinge il campo anti israeliano ad assumere continuamente parole e concetti mutuati irresponsabilmente dalla Shoà – dall’uso della parola “genocidio” come fosse un sostantivo qualunque, fino, in una progressione che sarebbe comica se non fosse spaventosa, all’uso sistematico delle parole di Primo Levi fuori contesto, per arrivare in un tripudio di applausi della sala all’arruolamento nell’immaginario antiebraico della povera Anne Frank, a cui diciamocelo, mancava solo questo. Gli applausi sono stati appunto un elemento significativo dell’amarezza provata: assistiamo da tempo a una deriva con cui una parte del mondo italiano, evidentemente seccata dal “troppo” parlare del fascismo e dei suoi crimini in questi ultimi vent’anni di Giorno della Memoria, si sente sollevato e quasi esilarato nel potersi finalmente sfilare dall’imbarazzante peso della ricostruzione delle proprie responsabilità collettive, e rovescia sulle vittime di ieri un mal digerito e mal diretto senso di colpa. Niente di nuovo, ma non ci aspettavamo di trovare il Consiglio Comunale partecipe di questo processo.
Ma ancora tutto questo, pur grave in un contesto di crescita rapidissima di episodi di antisemitismo sul nostro territorio nazionale e locale, non ci avrebbe spinto a scrivervi, oggi. Ciò che è veramente insostenibile per noi non come Comunità Ebraica ma più semplicemente come gruppo di cittadini che si era affidato a questo Consiglio e aveva pensato di partecipare a un percorso di riflessione sulla pace, è stato ascoltare la progressiva crescita nel Salone dei Cinquecento di una retorica di guerra.
Le affermazioni del professor Pappé, che invitano a gioire della “imminente fine” del “regime” rappresentato dallo Stato d’Israele, invocando un “fronte unico” del mondo arabo e, con frasi rilanciate da Francesca Albanese, la “rottura della diga” che porterà a un unico “stato di Palestina fra il Giordano e il mare”, stato dove (bontà loro) potranno avere cittadinanza anche quegli ebrei che non siano “i sionisti”, sono un concreto invito alla violenza. Di più, sono l’antica e stantia retorica massimalista e trionfalista che, come Pappé ha ribadito, proclama “impossibile la pace” con Israele. Quelle parole, queste false idee di imminente vittoria e di rifiuto del compromesso e della pace non sono ammissibili nel consesso civile del Salone dei Cinquecento. Mentre il professor Pappé sparge odio dal suo esilio dorato in terra d’Inghilterra, a Gaza, in Israele, le persone muoiono. Il sangue scorre e parte della responsabilità morale è nei cattivi maestri che da troppo tempo incitano gli estremisti e mortificano e i veri pacifisti in entrambi i campi. Che il Presidente del Consiglio Comunale abbia assistito silente a queste affermazioni, di più, abbia applaudito e stretto mani dando evidente sostegno alle parole espresse, è una vergogna verso le vittime palestinesi prima ancora che israeliane. Ognuno è libero di esprimere le sue idee, ci mancherebbe: ma in un contesto di poca e cattiva informazione sulla storia di quella regione, permettere che quelle parole malate fossero espresse senza nemmeno un commento, sotto una patina di finto pacifismo, ascoltate non solo dal pubblico in sala ma da centinaia e forse più di singoli e gruppi d’ascolto in tutta la città, applaudite e condivise senza comprenderne il portato di violenza, il portato di sangue – tutto ciò è una responsabilità gravissima. L’entusiasmo con cui una parte della città, mal guidata e mal consigliata, ha accolto e accoglie queste parole che continuano a rimbalzare sui social del nostro associazionismo, ci fa sentire, per la prima volta da decenni, isolati, accusati, nemici quasi, nella nostra città.
Di fronte a simili avvenimenti, la più naturale reazione sarebbe chiudere rapporti e collaborazioni con gli organismi responsabili. Ancora una volta, la violenza verbale e ideologica di chi sotto falsa pretesa di pacifismo invoca in realtà la guerra, tende a tappare la bocca prima di tutto a chi la pace ha veramente nel cuore.
Qualche giorno fa, però, abbiamo appreso con sgomento un’altra, diversa notizia non direttamente collegata: la consegna a Stefano Jesurum a Milano di una lettera anonima minacciosa, che paventava il suo diventare “pietra d’inciampo” davanti al suo portone. Lo cito perché Jesurum è un esempio classico di persona impegnata nel dialogo e nel riconoscimento dei diritti di entrambe le parti nel conflitto israelopalestinese; e non è un caso che riceva queste minacce – sono gli operatori di pace i veri nemici degli estremisti. E allora, per opporsi a questa deriva e anche in solidarietà a Stefano, crediamo non ci si debba ritirare dall’impegno. Anzi, si debba restare, tutti noi impegnati veramente nella pace, come “pietre d’inciampo”, come un disturbo nel fluire troppo facile delle parole d’odio e di violenza che, questa volta, hanno trovato casa anche purtroppo nelle stanze del nostro Comune.
Pietre d’inciampo contro i cattivi maestri, per una prospettiva vera, indispensabile di pace.
Enrico Fink,
Presidente della Comunità Ebraica di Firenze

 

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