I risarcimenti per i crimini nazisti? Non sembra questa la strada giusta

Marco De Paolis, procuratore generale militare, spiega a Riflessi perchè il recente fondo stanziato dallo Stato italiano per risarcire le vittime dei crimini nazisti rischia di essere uno strumento inadeguato e rischioso per le vittime

Dottor De Paolis, da poco più di un mese tutti coloro che furono vittime dei crimini nazisti, nonché i loro eredi, hanno una possibilità ulteriore per ottenere un ristoro economico legato a quei fatti, attraverso un Fondo con cui è lo Stato italiano a farsi garante dei risarcimenti. Riflessi ha finora raccolto opinioni favorevoli e contrarie alla costituzione di questo Fondo. Lei che opinione si è fatta?

Vorrei fare innanzitutto una premessa.

Prego.

Marco De Paolis, premio Exodus
Marco De Paolis, attualmente procuratore generale militare presso la Corte d’appello militare di Roma, in carriera ha istruito circa 450 procedimenti militari per crimini di guerra, ottenendo in primo grado oltre 50 condanne. Lo scorso maggio, per i suoi meriti, la città di La Spezia gli ha conferito il premio Exodus

Per circa 20 anni mi sono occupato di accertare le responsabilità dei militari tedeschi per i crimini nazisti commessi contro cittadini italiani durante l’ultima guerra. Credo di essere riuscito ad ottenere anche alcuni risultati, seppure in una situazione estremante complicata, tenendo conto, a tacer d’altro, dei molti anni dal verificarsi di quei tragici episodi (il dott. De Paolis ha istruito e portato a conclusione processi per crimini nazisti commessi, tra gli altri, a S. Anna di Stazzema, Fucecchio, Cefalonia, ottenendo oltre 50 condanne, n.d.r.). In questi processi, non mi sono mai opposto a che i diretti interessati, i loro eredi o le associazioni a tutela delle vittime facessero richiesta di risarcimento del danno alla Germania quale responsabile civile. Inoltre, l’aver seguito a lungo le vicende umane, spesso terribili, legate a quei fatti, mi ha in molti casi avvicinato alle vittime anche oltre quello che normalmente è richiesto a un magistrato.

Dunque è certamente in grado di esprime un giudizio approfondito su questo Fondo, costituito da circa 55 milioni di euro, e in generale sull’art. 43 del decreto-legge n. 46 che lo istituisce.

Posso dirle in tutta onestà, leggendo il decreto e sulla base dell’esperienza cui le accennavo prima, di essere intimamente in disaccordo con questo meccanismo.

Perché?

La targa commemorativa della strage nazista di Cefalonia

Dobbiamo fare un passo indietro, e cercare di comprendere quello che è successo tra il 1939 e il 1945. Come tutti sanno, si è trattato del più grave conflitto mai accaduto, almeno in Europa, con milioni di morti tra i civili, milioni di deportati, distruzioni di massa, e naturalmente la Shoah. Ora, davanti a un dramma così profondo, radicale, prolungato, realizzato attraverso fatti di una brutalità estremi, io credo che affidarsi a un meccanismo di ristoro basato essenzialmente sull’idea che quei fatti possano essere valutati da un punto di vista pecuniario e quantificato in una somma risarcibile, non sia possibile. Inoltre, se si ammette questa strada, poi si pone per coerenza la necessità di doverla percorrere completamente.

A cosa si riferisce?

Se si afferma l’idea che ogni violenza commessa a danno dei civili in guerra deve essere risarcito dallo Stato che lo ha commesso, allora dovremo risarcire con lo stesso mezzo, cioè con singole cause di risarcimento danni a norma dei codici civili anche i bombardamenti degli alleati in Italia? E le vittime di Hiroshima e Nagasaki, non avrebbero diritto di essere risarcite anche loro?

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il Presidente della Repubblica Federale Tedesca, Frank-Walter Steinmeier a Fivizzano (Massa Carrara) per commemorare insieme le stragi nazifasciste lungo la linea gotica

Però si potrebbe obiettare che un conto sono le operazioni militari in guerra, un altro le aggressioni gratuite e le rappresaglie commesse senza alcuna giustificazione dai militari nazisti.

Non credo che, tecnicamente e giuridicamente, sia sempre possibile operare una distinzione così chiara tra un’operazione bellica che ha portato la morte di civili e una rappresaglia. Prenda ad esempio le guerre più recenti. Pensi all’Afghanistan: molti civili sono morti a causa delle operazioni militari dell’esercito americano o di altri Paesi: non avrebbero diritto anche i familiari di quelle vittime a essere risarcite?

Se il meccanismo del Fondo e l’azione di risarcimento danni davanti al giudice civile non è lo strumento adatto, allora come ottenere giustizia?

La mia idea è che bisognerebbe rimanere nell’alveo del diritto internazionale, e non del diritto civile. In altre parole, la strada maestra per mettere fine a questa tragica storia è un accordo diretto tra gli Stati, nel nostro caso tra l’Italia e la Germania.

Ma un accordo c’è stato nel 1962: la Germania consegnò all’Italia 40 milioni di marchi in cambio della rinuncia a ogni ulteriore richiesta di risarcimento. Le sembra una cifra adeguata?

La Corte internazionale di giustizia
La Corte internazionale di giustizia

Se si ritiene, a distanza di anni, che i crimini successivamente emersi siano stati di portata molto più grave di quello che era immaginato, o si sapeva, nel 1962, allora l’Italia può chiedere di ritrattare quella cifra. In fondo, quando nel 2012 la Corte dell Aja negò che si potesse condannare la Germania al risarcimento, invitò anche i due Stati a raggiungere un nuovo accordo.

Quella sentenza, però, è stata “capovolta” nel 2014 dalla Corte costituzionale, che invece affermò possibile citare la Germania davanti a un giudice e ottenere una condanna al pagamento di un risarcimento.

Ricordo un convegno organizzato in Parlamento nel 2015. Tra i presenti c’erano anche il relatore della sentenza della Corte, Giuseppe Tesauro, e Liliana Segre. Mi colpì il loro approccio diverso. Tesauro esordì dicendo che la sentenza era stata scritta “con il cuore”. La senatrice Segre invece disse che non era interessata al destino dei singoli criminali, ma all’accertamento dei fatti. Ecco, a me sembra che una sentenza non debba essere scritta con il cuore, ma secondo i principi di diritto.

la Corte costituzionale

Non crede che la sentenza della Corte costituzionale possa aver contribuito a cambiare il diritto internazionale, per cui se dieci anni fa l’immunità degli Stati era scontata, ora è meno certa?

Non sono un esperto di diritto internazionale, però mi sembra dubbio che ci sia stata questa mutazione. Tenga conto che la Germania, dopo che si è vista condannare dai giudici italiani, ha nuovamente citato l’Italia davanti la Corte internazionale di giustizia.

Eppure, non crede che sia giusto che chi ha subito delle sofferenze come quelle, o i loro figli, possano essere risarciti?

La famiglia Cervi. Tutti e 7 i fratelli furono torturati e uccisi dai fascisti il 28 dicembre 1943.

Resto dell’idea che la via dell’accordo tra Stati, con cui certo prevedere anche dei risarcimenti in denaro per le vittime, è giusto. Sono invece molto scettico che un’azione diretta dei singoli verso la Germania sia utile. Ci sono, oltre a quelli che ho già detto, anche altri problemi da affrontare.

Quali?

Innanzitutto l’ammontare dei risarcimenti. Quanti soldi servirebbero per pagare tutto il dolore sofferto e prodotto? Se, ad esempio, si pagano centinaia di migliaia di euro, in alcuni casi anche milioni, per un incidente stradale, quanti soldi servono per risarcire le sofferenze patite in un lager? È evidente allora che c’è un problema anche di solvibilità. Inoltre, se si afferma questo principio, dobbiamo essere anche coerenti: l’Italia, ad esempio, domani potrebbe vedersi citare in giudizio per i crimini di guerra commessi da militari italiani in Grecia, come a Domenikon in Tessaglia, oppure in regioni della ex Jugoslavia. Infine, c’è un ultimo aspetto che mi preoccupa molto.

Quale?

strage Domenikon
il 16 febbraio 1943, a Domenikon, in Tessaglia, i militari italiani uccisero 140 civili.

La buona fede di quanti oggi credono che sia facilmente possibile ottenere un risarcimento. Non sarà così, perché occorre passare per un processo che non assicura di ottenere una vittoria. Mi domando, ad esempio, se tutti coloro che si sono attivati in questi giorni si siano affidati a chi, con scrupolo e serietà, li abbia davvero informati dei rischi che si corrono ad affrontare un processo di questo tipo. All’idea che alcune delle vittime, dopo aver pagato anche somme ingenti, rimarranno deluse, o peggio, provo vero dolore.

Dunque, niente azione per il risarcimento danni e nuovo accordo tra Italia e Germania: questa è la strada da seguire?

Penso di sì. Tenga conto che, nell’ambito di un nuovo accordo complessivo tra gli Stati, non andrebbe scartato l’utilizzo della giustizia riparativa. In alcuni paesi, come in Cile o in Sudafrica, ha funzionato. A volte la giustizia più profonda non si ottiene pagando poche migliaia di euro ad alcune delle vittime, ma raggiungendo un accordo, ad esempio, per costruire scuole intitolate alle vittime, parchi pubblici, o promuovendo azioni di educazione e tutela della memoria. Mi sembra che questi siano strumenti, che, nel tempo, possano assicurare davvero quella idea di giustizia di cui anche la senatrice Segre si è fatta portatrice.

Un’ultima domanda. Finora abbiamo parlato per lo più dei crimini della seconda guerra mondiale, ma con la guerra in Ucraina il tema torna drammaticamente di attualità.

Ucraina, guerra
bombardamenti russi su edifici civili in Ucraina

Purtroppo e così. È possibile che le vittime chiederanno i danni per quanto è successo in alcune zone dell’Ucraina. Anche in tal caso, è più che possibile che singoli individui e poi la Russia siano citati per ottenere un risarcimento. Non mi chieda però quale sarà l’esito di queste azioni. Il diritto è in continuo movimento, e al momento non sembra possibile immaginare quale potrebbe essere l’esito di tali processi.

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