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Cresciuto sotto il dominio più terribile e nefasto all’Israelitismo conobbe per prova, quanto sta doloroso il vivere in territorio, dove l’amore di libertà è considerato delitto, la diversità di Religione, reato, e la nobile ed incrollabile costanza alla fede avita causa di crude ambascio. Diciannovenne, mentre stava per terminare la propria educazione, frequentando le lezioni di egregi Professori e Rabbini, abbandonò lo studio, il paese natale e la famiglia per arruolarsi nel 1859 quale semplice volontario nell’ Esercito Piemontese, e combattere le prime battaglie che dovevano far conoscere all’Europa essere l’Italia una Nazione e non una espressione geografica.

la tomba di Moise di Capua

Conosciuto dal suo Colonnello quale giovine di belle speranze, di bell’ Ingegno, veniva presentato ad un concorso apertosi per preparare buoni Ufficiali all’Armata nascente, dove otteneva onorevole promozione, e quindi veniva elevato al grado di Ufficiale nel 29 Reggimento fanteria. Ottenuto un tale grado, si portò nelle province Calabresi, e colla sua Compagnia fece atti di prodigi contro i Briganti che le infestavano. Municipi gli mandavano lettere di ringraziamento.

Ritornato nelle province dell’alta Italia, veniva promosso al grado di Luogotenente nello stesso Reggimento, ed era mandato nella Lombardia.

I suoi voti continui erano pel riscatto di Roma per poter abbracciare la famiglia, essere benedetto dal padre, che aveva lasciato senza dar loro un addio per tema che l’amore dei parenti e il rispetto paterno l’avessero potuto arrestare nell’adempiere un dovere santo verso la comune patria.

Tali speranze, tali desideri manifestava a me nelle sue care conversazioni famigliari, ma ahi’ infelice! La provvidenza aveva ben altramente sentenziato.

Dichiarossi la Guerra dall’Italia all’eterna nostra nemica, l’Austria. Al Di Capua, che trovavasi col suo Reggimento a Brescia, venne ordinato di partire alla testa del Corpo d’Armata contro il nemico. Prima di brandire la spada, e correre al fuoco, scrisse una lettera al fratello, che abita in Torino parla del padre e fidente in Dio esclama «finalmente si redimerà l’Italia dalla schiavitù che la uccide. Ciò vuole l’armata intiera».

il sefer Torà di Moise di Capua

Nel giorno 24 Giugno p. p. va al fuoco, una palla nemica lo ferisce mortalmente mentre stava alla testa della compagnia e cade. Gli amici, persuasi del suo valore, vistolo a terra intriso nel proprio sangue lo credettero morto, e bene a ragione cosi dovevano giudicare perché sapevano che se il Di Capua avesse avuto ancora della vitalità, avrebbe continuato a comandare i soldati che lo amavano quasi un padre.

[1] Si deve allo storico Carlo Saletti   l’implementazione del progetto del Museo dell’Ossario di Custoza. Profondo conoscitore di crimini nazisti è membro del comitato scientifico della «Mason d’Izieu Mémorial des enfants juifs exterminés» e della Fondation Auschwitz di Bruxelles, ha collaborato con il  «Dictionnaire de la Shoah» (Larousse, 2009). I suoi studi sull’olocausto sono culminati nel recupero delle testimonianze dei membri del Sonderkommando in «La voce dei sommersi» (Marsilio 1999) e poi con «Des voix sous la cendre». Con Frediano Sessi ha pubblicato «Visitare Auschwitz» (Marsilio 2011) come esito di tanti anni di viaggi della memoria ad Auschwitz e formazione degli insegnanti sui luoghi della storia.

[1] Si veda Pagine Ebraiche Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked del 15 giugno 2016

[1] https://archive.org/stream/leducatoreisrae00pontgoog/leducatoreisrae00pontgoog_djvu.txt

(continua  a pag. 4)

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