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Covid, varianti e nuove minacce: cosa sappiamo del Nipah virus?

Facciamo il punto sulle possibili minacce provenienti da nuovi virus, mentre in Israele si dimostra l’efficacia della terza dose di vaccino contro il Covid

                         
Il virus Nipah
Analizzando le recenti fonti dell’Oms, emergono in questi giorni nuovi temi sui quali vale la pena soffermarsi in maniera schematica e comprensibile.
In particolare, si è diffusa una certa preoccupazione sul virus Nipah, un virus ad RNA che appartiene al genere Henipavirus. Cosa ne sappiamo esattamente?
La SIMIT (Società Italiana Malattie infettive e Tropicali), da noi interpellata, ci ha chiarito alcuni aspetti per bocca del Prof. Antonio Cascio, membro del direttivo della società e Direttore UOC Infettivologia al Giaccone di Palermo.
L’infezione da virus Nipah nell’uomo provoca una serie di manifestazioni cliniche, dall’infezione asintomatica (subclinica) all’infezione respiratoria acuta e all’encefalite fatale.
Il virus Nipah può essere trasmesso all’uomo da animali (come pipistrelli, in particolare quelli della frutta, della famiglia Pteropodidae, o maiali) o da alimenti contaminati, ma anche direttamente da uomo a uomo. Il Prof. Massimo Galli (Past President Simit), ha al riguardo precisato che “Il serbatoio dovrebbe essere Pteropus giganteus, un grosso pipistrello della frutta o un altro pteropodide simile. Dopo l’epidemia in Malesia nel 1998 – 99 ci sono stati negli anni vari casi in Bengala e nel 18 in Kerala. Il virus Nipah (NiV) è un virus zoonotico (si trasmette dagli animali all’uomo), e può essere trasmesso anche attraverso alimenti contaminati o direttamente tra le persone. Nelle persone infette, provoca una serie di malattie, dall’infezione asintomatica (subclinica) alla malattia respiratoria acuta e all’encefalite fatale. Il virus può anche causare gravi malattie in animali come i maiali, con conseguenti perdite economiche significative per gli agricoltori.”
Non esistono cure o vaccini disponibili né per le persone né per gli animali. Il trattamento primario per gli esseri umani è la cura di supporto.
La revisione annuale 2018 dell’elenco delle malattie prioritarie del progetto di ricerca e sviluppo dell’OMS indica che c’è un urgente bisogno di ricerca e sviluppo accelerati per il virus Nipah.
Sebbene abbia causato solo pochi focolai noti in Asia, infetta una vasta gamma di animali e provoca gravi malattie e morte nelle persone, il che lo rende un problema di salute pubblica.
Vi sono stati  dei focolai in passato.
Il virus Nipah è stato riconosciuto per la prima volta nel 1999, durante un’epidemia tra gli allevatori di suini in Malesia. Da allora non sono stati segnalati nuovi focolai in Malesia. È stato riconosciuto anche in Bangladesh nel 2001 e da allora si sono verificati nuovi focolai quasi annuali in quel paese. La malattia è stata identificata periodicamente anche nell’India orientale. Altre regioni potrebbero essere a rischio di infezione, poiché sono state trovate prove del virus nel serbatoio naturale noto (specie di pipistrelli Pteropus), e in diverse altre specie di pipistrelli in diversi paesi, tra cui Cambogia, Ghana, Indonesia, Madagascar, Filippine, e Thailandia.
Come si trasmette?
Durante il primo focolaio riconosciuto in Malesia, che poi ha colpito anche Singapore, la maggior parte delle infezioni umane è derivata dal contatto diretto con maiali malati o con i loro tessuti contaminati. Si pensa che la trasmissione sia avvenuta attraverso l’esposizione non protetta alle secrezioni dei maiali o il contatto non protetto con il tessuto di un animale malato. Nelle epidemie successive in Bangladesh e in India, il consumo di frutta o prodotti a base di frutta (come il succo di palma da dattero crudo) contaminati da urina o saliva di pipistrelli della frutta infetti è stata la fonte più probabile di infezione.
Attualmente non ci sono studi sulla persistenza virale nei fluidi corporei o nell’ambiente, compresi i frutti. È stata segnalata anche la trasmissione da uomo a uomo del virus Nipah tra i familiari e gli operatori sanitari dei pazienti infetti. Durante le successive epidemie in Bangladesh e in India, il virus Nipah si è diffuso direttamente da uomo a uomo attraverso lo stretto contatto con le secrezioni e le escrezioni delle persone. A Siliguri, in India, nel 2001, la trasmissione del virus è stata segnalata anche all’interno di un ambiente sanitario, dove il 75% dei casi si è verificato tra il personale ospedaliero o i visitatori. Dal 2001 al 2008, circa la metà dei casi segnalati in Bangladesh era dovuta alla trasmissione da uomo a uomo attraverso l’assistenza ai pazienti infetti.
I sintomi
In merito ai sintomi, le infezioni umane vanno dall’infezione asintomatica all’infezione respiratoria acuta (lieve, grave) e all’encefalite fatale. Le persone infette inizialmente sviluppano sintomi tra cui febbre, mal di testa, mialgia (dolore muscolare), vomito e mal di gola. Questo può essere seguito da vertigini, sonnolenza, alterazione della coscienza e segni neurologici che indicano encefalite acuta. Alcune persone possono anche sperimentare polmonite atipica e gravi problemi respiratori, tra cui difficoltà respiratoria acuta. Encefalite e convulsioni si verificano nei casi più gravi, e progrediscono fino al coma entro 24-48 ore.
Diagnosi
L’India è stato uno dei paesi più colpiti dal Covid, ed è una delle aree dove sono stati registrati casi di malati da Nipah

I primi segni e sintomi dell’infezione da virus Nipah non sono specifici e la diagnosi spesso non viene sospettata al momento della presentazione. Ciò può ostacolare una diagnosi accurata e creare problemi nel rilevamento delle epidemie. Si ritiene che il periodo di incubazione (intervallo dall’infezione all’insorgenza dei sintomi) sia compreso tra 4 e 14 giorni. Tuttavia, è stato riportato un periodo di incubazione fino a 45 giorni. La maggior parte delle persone che sopravvivono all’encefalite acuta guarisce completamente, ma nei sopravvissuti sono state riportate condizioni neurologiche a lungo termine. Circa il 20% dei pazienti ha conseguenze neurologiche residue come disturbi convulsivi e cambiamenti di personalità. Un piccolo numero di persone che guariscono successivamente recidiva o sviluppa encefalite a insorgenza ritardata. Il tasso di mortalità è stimato tra il 40% e il 75%. Questo tasso può variare a seconda dell’epidemia a seconda delle capacità locali per la sorveglianza epidemiologica e la gestione clinica.

Questo virus, in sostanza, non è una novità, si conosce da molto tempo, ed è endemico in alcune parti del globo e come Mers, Ebola e decine di altri, provoca piccoli focolai locali ma non ha mai fatto partire epidemie.
Aspettiamo ora la valutazione del comitato scientifico a cui abbiamo girato gli interrogativi sulla sua reale capacità di diffusione.
La variante Covid “MU”
Qualche altra fonte e sito ha poi riportato in modo improprio “l’allarme” del responsabile vaccino EMA Marco Cavaleri sulla variante MU.
“È da qualche mese che dico di tenerla d’occhio – sottolinea il Prof.Cavaleri – che fa riferimento a dati di evasione immunitaria in vitro, ed é vero che é una variante molto immuno evasiva. Però anche beta lo era, eppure messa in competizione con delta é praticamente scomparsa. Dove delta é già prevalente mu sembra non riuscire ad attecchire: in Europa circola già da marzo, ma in tutto agosto abbiamo avuto solo 38 casi su quasi 300mila genomi sequenziati, quindi praticamente nulla. Viceversa dove delta ancora non é prevalente (in tutto il sud America) mu compete molto bene con gamma e lambda e questo ovviamente può essere un problema perché fino a quando continuerà a circolare potrà acquisire altre mutazioni che potrebbero renderla, oltre a più evasiva, anche più trasmissibile”
La terza dose di vaccino anti Covid: il caso Israele
Il presidente Herzog riceve la terza dose di vaccino

Da ultimo,  abbiamo acquisito in queste ore i dati diffusi dal Ministero della Sanità israeliano sull’ impatto terza dose vaccinale sulle ospedalizzazioni da Covid19 per persone di età superiore ai 60 anni.

Sono dati preliminari, dato che il terzo boost è partito da poche settimane, ma significativi. (da notare in ogni caso la differenza tra ospedalizzati non vaccinati e quelli con immunizzazione)
 Eccoli:
Per ogni 100.0000 persone di età superiore a 60 anni non vaccinate, si registrano 169.1 casi gravi di malati Covid;
Per ogni 100.0000 persone di età superiore a 60 anni vaccinate con 2 dosi, si registrano 39.5 casi gravi di malati Covid;
Per ogni 100.0000 persone di età superiore a 60 anni vaccinate con 3 dosi, si registrano 4.5 casi gravi di malati Covid.
Su dimostra così che il vaccino in un laboratorio a cielo aperto come Israele resta l’unica soluzione.
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