Nella nostra comunità si sta perdendo lo spirito unitario

Gianni Zarfati, storico responsabile della sicurezza della Cer, spiega a Riflessi come è nato il Gruppo ebraico volontari, e perchè, oggi, le istituzioni comunitarie fanno troppo poco per i giovani.

Gianni Zarfati, sei ormai andato in pensione, hai lasciato il ruolo di Responsabile della Sicurezza della CER ma sei rimasto il Coordinatore del G.E.V. – Gruppo Ebraico Volontari. Ci dici quando e perché è nato il GEV?

Gianni Zarfati premiato dall’allora capo della Polizia, Gabrielli, per il suo impegno a favore della sicurezza della CER

Nel giugno 1967 iniziò “la guerra dei 6 giorni” che lo Stato d’Israele dovette combattere per la propria sopravvivenza. In quel periodo la nostra preoccupazione era fortissima e cresceva insieme al livello di antisemitismo, perché sapevamo che il destino dell’ebraismo della diaspora era legato all’esistenza dello Stato di Israele. Avevamo paura per l’incolumità delle nostre istituzioni, delle scuole e dei templi e così cominciammo ad organizzarci per fare turni di controllo giorno e notte. Così nacque il G.E.V. Io, personalmente, entrai a far parte dell’organizzazione nel 1973.

A quali valori si ispira il G.E.V.?

Gli organizzatori erano tutti figli di sopravvissuti alla Shoah e quindi il primo scopo era quello di combattere l’antisemitismo da qualsiasi parte provenisse. Il nostro primo pensiero era che dovessimo fare tutto ciò che era possibile per evitare che in futuro si potesse ripetere quanto successo durante la seconda guerra mondiale. Poi c’era il sostegno incondizionato ad Israele. Con la guerra del 1967 Israele aveva restituito dignità agli ebrei della diaspora, eravamo tutti orgogliosi di quanto Israele era stato capace di fare dimostrando al mondo intero che gli ebrei non erano più quelli che si erano fatti deportare nei campi di sterminio senza ribellarsi.

Questi valori sono ancora vivi nel Gruppo?

Pacifico Di Consiglio, “Moretto” (a destra) tra i primi a organizzare un servizio di sicurezza delal CER

Assolutamente sì, anche se oggi il Gruppo è cresciuto e svolge anche una importante funzione sociale e di aggregazione tra i nostri giovani. I giovani trovano al nostro interno una vita sana, dove non si parla di politica, ma di valori positivi: di sionismo, di ebraismo e di identità ebraica; così si rafforza il senso di appartenenza alla nostra Comunità, anche attraverso lo sport. Attraverso le nostre attività molti giovani si sono conosciuti ed hanno creato famiglie ebraiche e di questo noi siamo orgogliosi. Ormai siamo arrivati alla terza generazione di partecipanti e noi continuiamo ad educarli ad amare e difendere le istituzioni ebraiche anche se, devo riconoscerlo con dispiacere è molto più difficile di prima ed i frequentatori sono in calo. Per questo motivo anche le nostre attività sono aumentate e si sono diversificate. Per esempio abbiamo creato, con l’aiuto del Dott. Fabio Gaj, il GED – Gruppo Ebraico Donatori che svolge la funzione di Banca del sangue per i nostri iscritti. Interveniamo anche dove ci sono casi di droghe o di bullismo ed organizziamo periodicamente per le nostre Scuole, con specialisti delle Forze dell’Ordine, seminari e corsi di educazione ad affrontare le situazioni più difficili.

Perché c’è un calo di frequenze?

Direi che il motivo principale è la difficoltà che hanno i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro. Pensano molto più a sé stessi, vogliono studiare e prepararsi per il proprio futuro ed hanno meno tempo e voglia per il volontariato. Molti sono attratti anche dall’estero dove trovano opportunità che non trovano in Italia. La Comunità è cresciuta molto dal punto di vista della preparazione, i nostri giovani non frequentano più le aziende commerciali dei propri genitori e cercano altre strade. Prima arrivavano a diplomarsi ed iniziavano a lavorare adesso, invece, accedono tutti all’università e diventano professionisti.

Secondo te la CER fa abbastanza per i nostri giovani?

Direi di no, secondo me, non investe abbastanza su di loro, non ci sono nuove strutture e nuovi progetti. Prima c’erano le ideologie e quindi Bene Akiva e Hashomer Hatzair avevano un ruolo da svolgere; oggi sono diventati un punto di passaggio per i nostri ragazzi.

Ormai sei in pensione, puoi finalmente fare il nonno?

Veramente l’attività di Coordinatore del G.E.V. mi toglie moltissimo tempo e poi continuo ad essere, per conto dell’UCEI, il Coordinatore nazionale per la sicurezza delle Comunità italiane. Cerco di trasferire il modello Roma in altre Comunità e trasmettere in loco la mia esperienza e professionalità ed in questo l’UCEI sta investendo molto. Visito periodicamente le Comunità dove incontro i vari responsabili della sicurezza e li aiuto a migliorare le loro strutture. Infine sono anche Consigliere dell’Istituto Pitigliani dove è nata la mia storia ebraica e dove ho passato la mia infanzia. Anche qui offro in maniera volontaria la mia esperienza affinché l’Ente possa crescere e superare ogni difficoltà.

Come mai, dopo tanti anni, non collabori più con la Comunità di Roma?

Non collaboro in maniera ufficiale e non ho incarichi formali. Per mia scelta non ho ruoli, ma sono sempre pronto ad offrire i miei consigli a chi me li chiede. Come Gruppo siamo al servizio di chiunque ci chieda aiuto e ci coordiniamo con il servizio di sicurezza degli Enti. I rapporti con la dirigenza CER sono ottimi, ma spesso il Gruppo è oggetto di strumentalizzazione da parte della politica e noi dobbiamo respingerla per non offuscare i nostri valori. Non vogliamo perdere i nostri valori originari e vogliamo rimanere al servizio dei valori e non delle persone. Dal nostro Gruppo sono uscite tantissime persone che poi sono entrate a far parte del Consiglio della Comunità in varie liste ma tutti hanno continuato a sostenere i valori del Gruppo. Siamo contenti di aver dato un contributo anche alla formazione dei nostri dirigenti. Per molti è naturale dopo aver lavorato tanto all’interno delle istituzioni e, magari, aver visto cose che non condividono, volersi impegnare nella politica comunitaria per dare un contributo al miglioramento della Comunità ma sempre senza fini personali, solo al servizio della Comunità.

Come è cambiata la Comunità negli ultimi cinquanta anni?

Il tempio maggiore è uno dei punti più sensibili della nostra comunità

Direi che è diminuito lo spirito unitario. Prima era molto più unita ed i templi di quartiere hanno facilitato tale divisione. Anche le scuole elementari sono due e questo è molto grave. Certo è più facile raggiungere i templi di quartiere, ma la Comunità è così frazionata. La conseguenza è che ci si identifica con il proprio tempio e non più con la Comunità, alla quale rimane “Shalom”, le tasse ed i kaddishim. Il senso unitario della nostra Comunità era ed è ancora uno dei valori fondanti del G.E.V. e noi vogliamo preservarlo. Posso dire che la Comunità di Roma era un modello riconosciuto ed invidiato in tutta Europa per la sua unità e per il senso di appartenenza che avevano i suoi iscritti; oggi, purtroppo, tutto questo sta diminuendo.

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