Guardiamo a Roma dal centro dell’Europa

Sandro Salonicchio ci parla della Comunità di Trieste,  dalle profondi radici nella storia europea

Sandro, ci descrivi la realtà triestina e un po’ della sua storia?
La presenza di ebrei a Trieste risale agli inizi del 1200. Da allora è stata continuativa, per via del porto, e dei traffici commerciali legati a esso, sbocco dell’impero austriaco verso tutto il mediterraneo.  Proprio il porto ha fatto sì che Trieste avesse sempre una vocazione cosmopolita: qui c’erano comunità greche, turche, serbe, ma anche ebrei idi Marsiglia, Alessandria d’Egitto, Venezia ed in alcuni territori dell’Italia centro-meridionale. All’inizio del ‘900 Trieste contava circa 6.000 ebrei, molti dei quali impegnati nelle attività commerciali, nei trasporti, nelle assicurazioni, nell’editoria (Teodor Mayer fu il fondatore de “Il Piccolo”). Naturalmente, tale convivenza e prosperità cessò nel 1938. La Shoah ha colpito molto duramente Trieste; tra l’altro, proprio qui furono annunciate le leggi razziali. La Comunità fu improvvisamente estromessa dalle professioni, dalle scuole, dai commerci. Con l’annessione di Trieste al Reich nazista – cosa che pochi sanno – la situazione peggiorò ulteriormente. Trieste ospitò l’unico campo di sterminio italiano dotato di un forno crematorio, la Risiera di San Sabba. Almeno 1000 furono i deportati, di cui solo alcune decine ritornarono, tra cui mia madre, Diamantina Vivante.

E oggi?

Oggi la comunità ha una scuola come Milano, Roma e Torino,e la sinagoga più grande d’Europa dopo Budapest. Grazie alla lungimiranza dei nostri predecessori, possiamo contare su immobili i cui proventi ci consentono di mantenere la scuola, il tempio, i cinque cimiteri regionali, il mikwè. Oggi a Trieste vivono più di 500 ebrei, cui si aggiungono pochi altri sparsi in Friuli-Venezia Giulia. Va detto infatti che la comunità di Trieste ha giurisdizione su tutto il territorio regionale in cui, tra l’altro, sono dislocati i nostri 5 cimiteri, di cui uno a Nova Gorica. Siamo una comunità attiva, anche se certo, il Covid ha determinato delle conseguenze assai complesse e tuttora facciamo fatica a recuperare la quotidianità, una tra tutte l’abitudine a venire al tempio. Non abbiamo comunque mai rinunciato a svolgere i servizi settimanali.
Che caratteri ha l’ebreo triestino?
Siamo molto radicati nel nostro territorio. Siamo molto attaccati alla nostra identità e mantenere la scuola è per questo fondamentale. Il rovescio della medaglia è che spesso Trieste si sente isolata dal resto dell’ebraismo italiano, fa fatica a sentirsi rappresentata dall’Ucei, perché la distanza ci fa sentire lontani da Roma, e guardiamo altrove. Ad esempio, durante gli ultimi mandati stiamo cercando di tessere relazioni con alcune altre comunità europee più vicine a noi quali Vienna, Budapest, Zagabria, Lubiana, Salonicco, Corfù. Lungo questa direttrice pensiamo di essere d’aiuto anche per l’ebraismo italiano, perché da sempre portiamo avanti una vocazione mitteleuropea che riteniamo necessaria per poter allargare i nostri orizzonti.

(Continua a pag. 2)

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