Vittorio Gassman: il centenario
All’Auditorium-Parco della musica una mostra ricorda “il mattatore” (l’originale)
“Vittorio Gassman: il centenario”. Titolo sintetico ma estremamente efficace per rendere omaggio al poliedrico soggetto della mostra aperta fino a fine giugno presso l’Auditorium della Musica a Roma e che successivamente sarà visitabile al Palazzo Ducale di Genova.
La mostra, dedicata al grande artista, ne racconta la famiglia e il lavoro, le tappe del suo ricchissimo percorso di vita. Vittorio Gassman è stato un così grande protagonista in teatro, nel cinema, sui campi sportivi che è difficile definirlo in maniera unica e allo stesso tempo esaustiva. Talentuoso, versatile, perfezionista, colto, ebbe una carriera eclettica e una vita piena.
Il racconto – attraverso foto, oggetti, costumi, copioni, video, filmati, bozzetti, lettere e documenti, si snoda tra il nascere a Struppa (Genova), studiare a Roma e lavorare da entrambe le parti dell’oceano Atlantico! Comico e serio, esuberante e timido, colto o popolare, Gassman ha interpretato ruoli in cui la storia e l’etica sicuramente rappresentano anche un legame con le sue radici e i suoi valori. Rimasto orfano di padre a 14 anni è alla madre che deve la scelta della professione.
Mostra ricchissima ma … ci sono sempre dei ma da chiarire… il primo pannello vuole mettere subito in chiaro il contesto: ma quale? La madre – Luisa Ambron – un’“ebrea pisana”. Gassmann padre, “ingegnere tedesco” ma non si dice di che religione fosse. Serve l’esplicitare l’una e non l’altra? Nel ’38, con le leggi razziste, la madre toglie la enne finale dal cognome del marito e figli e si dota di un cognome falso arianizzando il proprio: da Ambron in Ambrosi, riprendendosi poi l’originario.
Ma nel ’38 c’è la discriminazione, non ancora la necessità di nascondersi; saranno ben pochi ad accorgersi che nella pagella del Liceo Tasso della Maturità (1940), in mostra, non c’è nessuna postilla “razziale”: Vittorio a differenza degli ebrei “accertati”, rimarrà nella scuola e la finirà regolarmente. Non viene spiegato come, “nonostante” la madre ebrea pisana, Vittorio non venne perseguitato. In effetti, la sua identità religiosa rimane ignota.
Alla Comunità ebraica di Genova, in quegli anni non risulta iscritto nessun Gassman o Gassmann che fosse. Il figlio Alessandro, in numerose interviste successive alla morte del padre, dichiara che Vittorio era al 100% ebreo: fu smentito dalla sorella Paola la quale specificò che suo nonno paterno era un tedesco cattolico.
Una delle sue mogli, Shelley (Shirley) Winters era ebrea, la loro figlia Vittoria anche e, a differenza della sorella Paola e dei due fratelli, è rimasta al di fuori del mondo dello spettacolo. Fra i suoi film c’è “L’ebreo errante” (1949) dove interpretò la parte di Mathieu Blumenthal, ebreo in fuga dai tedeschi.
In sostanza ben poco si sa del suo rapporto con la religione e con le sue radici. Certo, come figlio di madre ebrea non è sbagliato definirlo tale, ma a quale scopo dare una definizione identitaria a chi ha voluto lasciare indefinita la relazione con le sue origini?
Come dicono le storielle: “ma per noi ebrei, è un bene o un male?”.
Una risposta
Mi e piaciuto come è stato presentato Gassman uomo e non solo artista
Il modo obiettivo di esporre le sue scelte.Una chiave di lettura personale e interessante.