Un’informazione al servizio dell’ebraismo italiano

Davide Jona Falco è l’assessore alla comunicazione dell’UCEI. A Riflessi spiega obiettivi e impegno del suo mandato

Davide, questa intervista è stata realizzata in condizioni drammatiche per Israele, molto diverse da quello che immaginavamo. Vengo perciò subito all’attualità: in qualità di assessore alla comunicazione Ucei, come ti sembra il modo con cui i media italiani si stanno occupando dell’aggressione di Hamas ad Israele e della risposta dello Stato ebraico?

Davide Jona Falco, avvocato, è assessore alla comunicazione UCEI

Mi spiace notare come il mondo dell’informazione non sia all’altezza della situazione e tradisca in gran parte la propria missione non è una novità infatti che quando si parla di Israele i media tendono a distorcere i fatti e siano troppo spesso condizionati da posizioni ideologiche la prova è nei fatti di questi terribili giorni dopo un’iniziale onda emotiva che ha fatto seguito ai tragici eventi del 7 ottobre scorso sono subito emersi distinguo e posizioni di aperta critica allo stato di Israele in una situazione nella quale Israele e unica vittima della situazione in questi giorni abbiamo assistito ad articoli e a trasmissioni televisive in cui sono emerse posizioni francamente inaccettabili di critica verso Israele e se posso dire di grande ignoranza storica purtroppo dobbiamo prepararci a momenti ben peggiori perché siamo tutti consapevoli che i prossimi i prossimi giorni saranno ancor più difficili e tormentati per lo stato d’Israele e per l’intero popolo ebraico.

nei giorni scorsi si sono registrate anche in molte città italiane manifestazioni contrarie a Israele

L’Ucei come si è attrezzata di fronte a questa emergenza?

Come Ucei in questi giorni stiamo mettendo a punto un sistema di coordinamento eccezionale della comunicazione questa situazione di emergenza.

Più in generale, di che cosa si occupa l’assessore alla comunicazione dell’Ucei?

Prima di rispondere devo premettere che il mio ruolo rappresenta una novità nella storia dell’Ucei. Da quando l’Unione esiste nella sua attuale assetto istituzionale, infatti, è la prima volta che si è deciso di istituire un assessorato con delega alla comunicazione. Io credo che questa sia la dimostrazione più evidente del fatto che in passato il tema della comunicazione sia stato sottovalutato, e che al contrario esso oggi è fondamentale per la nostra vita istituzionale. Più nel dettaglio, il mio ruolo consiste nel far sì che le tante attività realizzate nei vari settori di competenza dell’Unione vengano comunicate e trasmesse alle varie comunità ebraiche italiane, nonché al mondo esterno. Si tratta cioè di trovare il modo migliore per rappresentare l’ebraismo italiano, non solo fra noi ebrei, ma anche verso la società circostante. Per far questo occorre oggi intervenire in un settore che in passato è stato trascurato e che invece si mostra sempre più nevralgico, e che richiede un’adeguata modernizzazione.

una riunione del consiglio Ucei

Che percezione ha oggi il nostro paese dell’ebraismo e degli ebrei italiani?

La mia idea è che di noi e delle nostre istituzioni si abbia a volte un’idea anche molto distorta. Senza voler generalizzare, è pur vero che la società italiana non ha una precisa percezione di chi noi siamo e cosa facciamo. Questo, temo, per responsabilità anche nostre.

Cosa intendi?

Si conosce ancora troppo poco l’ebraismo italiano. Se eventi come la Giornata europea della cultura ebraica da anni riscuotono un enorme successo, segno di un grande interesse e simpatia che si prova verso il nostro mondo e la nostra cultura, è anche vero che risultiamo ancora troppo chiusi verso l’esterno, il che rischia di produrre nuove distorsioni, nonché alimentare quei pregiudizi che prosperano quando non si conosce bene la realtà.

Il tema è delicato. Secondo te quanto una buona comunicazione è in grado di scalfire il pregiudizio antisemita presente tra in Italia?

Il fenomeno dell’antisemitismo certamente non è nuovo, in Italia come nel resto d’Europa. E certamente non credo che noi saremo in grado di eliminare millenni di pregiudizi antiebraici. Detto questo, ritengo però che se fossimo davvero capaci di creare una rete, fra le istituzioni ebraiche, e fra noi e le istituzioni non ebraiche, probabilmente saremmo in grado di ottenere maggiori risultati nella lotta all’antisemitismo. Fare rete è, dunque, una parola d’ordine a cui credo molto, che deve essere praticata quotidianamente; ripeto: sia al nostro interno che verso l’esterno. In questo finora ci siamo riusciti ancora troppo poco.

A cosa ti riferisci?

Il Tempio maggiore, simbolo della comunità di Roma

Non è un mistero che fino a poco tempo fa l’Unione ha avuto molta difficoltà a creare una rete efficace con la più grande comunità ebraica, quella di Roma. Oggi, per fortuna, c’è una maggiore consapevolezza e un maggiore intento comune a risolvere le varie situazioni che ci riguardano. Di questo sono molto felice, perché è la dimostrazione che ciascuno di noi può naturalmente mantenere opinioni diverse su come gestire una comunità, ma che non dovrebbe mai venir meno lo spirito di collaborazione; soprattutto con la comunità di Roma, centrale nella storia dell’ebraismo italiano.

A che punto è la creazione di questa rete fra le 21 comunità ebraiche italiane?

l’8 per mille è una risorsa preziosa per ogni comunità ebraica italiana

Credo di poter dire che siamo a metà del guado. Nei primi due anni dell’attuale consiliatura ho avuto infatti l’opportunità di organizzare per la prima volta una riunione fra i direttori di tutti i giornali ebraici che operano in Italia, qualcosa che non si era mai fatto prima, se vuoi un esempio che mostra la carenza e la scarsa attenzione di cui ti dicevo prima. Non che questo abbia risolto i problemi, ma voglio essere ottimista. Dopo un periodo di studio degli aspetti preliminari da affrontare, credo di poter dire che ormai è stata avviata un’importante riforma della comunicazione Ucei, con l’obiettivo di rendere più facile il dialogo con tutte le comunità ebraiche italiane e raggiungere direttamente i singoli iscritti. Se tutti imparassimo a ragionare in termini di bene comune, credo che faremmo il regalo più importante alle giovani generazioni di ebrei italiani.

Puoi fare qualche esempio della tua attività?

Zeraim è la piattaforma Ucei dedicata all’insegnamento della cultura ebraica

A breve sarà in linea il nuovo sito web dell’Ucei. Inoltre è andato in porto il bando per individuare una nuova risorsa specifica nella comunicazione interna, con coordinamento della comunicazione di tutte le istituzioni che fanno capo all’Ucei. Martina Mieli, la persona individuata, ha già fissato un’agenda condivisa degli eventi con le altre comunità, per evitare, per quanto possibile, sovrapposizioni. Inoltre puntiamo a fare in modo che le piccole comunità possano seguire da remoto gli eventi di rilievo nazionali, nonché ospitare quelle iniziative che hanno avuto successo in alcune comunità, ove lo richiedano. Infine, abbiamo finalmente individuato il nuovo direttore di Pagine Ebraiche.

Il nuovo direttore è Daniel Mosseri, al quale rinnoviamo l’augurio sincero di buon lavoro. Puoi spiegare ai nostri lettori qual è il mandato che l’Ucei, quale editore, ha dato al nuovo direttore?

Daniel Mosseri, neo direttore di Pagine Ebraiche

Stiamo uscendo da una fase di transizione di grande intensità, in cui abbiamo dovuto affrontare problemi che neppure noi immaginavamo. Questo ci ha dato modo di riflettere sulla funzione non solo di Pagine Ebraiche, ma anche delle altre testate connesse. Quando abbiamo scelto il direttore, e poi ragionato con lui sul percorso da compiere, abbiamo innanzitutto confermato le linee guida e i principi che hanno ispirato Pagine Ebraiche nei primi 15 anni della sua vita. Il suo scopo resta quello di rappresentare la vitalità dell’ebraismo italiano, non più e non solo in termini di doverosa memoria della Shoah, ma in tutte le sue molteplici forme. Occorre dar conto inoltre delle diverse anime dell’ebraismo italiano, sottolineando sempre l’unità dello stesso. D’altra parte, in un mondo nel frattempo molto cambiato, occorre anche che l’ebraismo italiano, attraverso la sua testata nazionale, rafforzi i contatti verso Israele, ma anche verso l’ebraismo degli altri paesi. Noi ebrei italiani siamo una piccola goccia nel mondo, e i nostri numeri, sempre più ridotti, ci costringono a rimanere legati all’ebraismo che prospera al di fuori dei nostri confini.

La giunta UCEI (di cui fa parte anche rav Momigliano)

A proposito di numeri: l’ebraismo italiano vive soprattutto grazie ai proventi dell’otto per mille, che però sembrano in calo. L’Ucei farà una campagna pubblicitaria per aumentare le adesioni?

Posso dirti che è stato creato un gruppo di lavoro ad hoc, composto dai consiglieri Ucei esperti di comunicazione. L’obiettivo del gruppo è analizzare la situazione e individuare possibili soluzioni, anche se, come accennavi, le prospettive non sono rosee, per due motivi. Da un lato assistiamo a un calo di firme a nostro svantaggio; dall’altro, nel prossimo futuro dobbiamo attenderci nuovi accordi fra lo Stato e altre confessioni, con conseguente aumento di quelle che potranno beneficiare dell’otto per mille. In questo scenario il calo delle adesioni si è già verificato, cosa che ci ha costretto a contrarre il nostro bilancio, di cui, ricordo, una buona parte è destinato alle comunità ebraiche italiane. 8xmilleGli esperti al lavoro hanno anche evidenziato che noi non avremo mai le risorse finanziarie necessarie per una campagna pubblicitaria estesa e diffusa come ad esempio quella dei valdesi, i quali vengono sempre messi a confronto con noi, ma temo un po’ a sproposito. Infatti loro, a differenza nostra, investono gran parte del ricavato nel sociale, cioè verso il mondo esterno, mentre l’ebraismo italiano ha la necessità di destinare le somme dell’otto per mille innanzitutto alla vita delle comunità ebraiche italiane e al mantenimento del loro enorme patrimonio storico e culturale. Il gruppo di lavoro ha infine sottolineato come l’Ucei sia ancora un’istituzione e un simbolo poco conosciuto nella società italiana, il che è un problema ai fini dell’otto per mille, dal momento che è l’Ucei la destinataria delle scelte dei contribuenti. Questo ci impone ancor di più, come ti dicevo all’inizio, la necessità di far capire chi siamo e cosa facciamo, per noi e gli altri.

E dunque, che strada percorrere?

L’UCEI rappresenta presso lo Stato italiano le 21 comunità ebriache italiane

Io credo che il nostro compito sia evidenziare che siamo portatori di una tradizione millenaria da sempre presente sulla penisola italiana, e che abbiamo contribuito con figure di primo piano alla costruzione del nostro paese. In altre parole, non credo sarà utile copiare la pubblicità degli altri, ma al contrario dovremmo valorizzare le nostre tradizioni e ciò che ci rende noti e amati: la nostra cultura, i nostri libri, il nostro cibo casher.

L’attuale consiliatura dell’Ucei è giunta quasi a metà del suo mandato. Essa è nata con una spaccatura fra i consiglieri eletti, con il formarsi quindi di una maggioranza intorno a Noemi Di Segni contrapposta a una parte minoritaria. Dopo due anni a che punto siamo?

Noemi Di Segni, presidente UCEI

Posso dire che sono abbastanza soddisfatto, ma non ancora del tutto, dei rapporti che si sono costituiti fra noi consiglieri. Sicuramente i contrasti interni non giovano all’ebraismo italiano, anche se ovviamente una dialettica non solo è fisiologica, ma anche utile. Il punto è che sono i protagonisti che poi devono decidere come sviluppare tale dialettica. Dopo l’iniziale frattura, che ricordavi, ho avuto personalmente modo di lavorare a più livelli con gli esponenti della cosiddetta minoranza, cioè coi consiglieri delle liste che non hanno votato Noemi Di Segni. Abbiamo sempre lavorato in armonia e collaborazione, a dimostrazione che non possono esserci opposizioni di tipo ideologico, o peggio partitico, all’interno dell’ebraismo italiano. Del resto, una difformità di opinioni è talvolta presente anche all’interno dei consiglieri che sostengono la presidente. Nel gruppo di lavoro dell’otto per mille così come nella commissione che ha selezionato il nuovo direttore di pagine ebraiche, ad esempio, hanno partecipato rappresentanti che non si riconoscono nell’attuale maggioranza. Sono molto soddisfatto e orgoglioso del fatto che, ad esempio, il nuovo direttore della nostra testata sia stato scelto all’unanimità. Ritengo dunque che quel contrasto interno che si era manifestato duramente due anni fa oggi sia affievolito, grazie anche al cambio raggiunto ai vertici della comunità di Roma.

Un’ultima domanda: il tuo ruolo impone contatti frequenti anche con le istituzioni italiane, a cominciare da quelli di massimo livello. Il fatto che oggi l’Italia sia governata da una coalizione così di destra, ti crea imbarazzo?

In generale, la nascita di questo governo dimostra come siano cambiati gli assetti del paese e come, se per noi ebrei italiani la pregiudiziale antifascista non potrà mai venir meno, nel 2023 tale pregiudiziale forse vada per una parte del paese declinata in modo diverso. Io credo che occorra distinguere sempre il piano istituzionale da quello politico. Fino a quando le relazioni istituzionali lo consentiranno, e voglio sperare che così accadrà sempre, è compito di ogni istituzione ebraica intrattenere relazioni istituzionali nella propria azione quotidiana con le altre istituzioni dello Stato. Non ho bisogno di sottolineare che l’Ucei, in base all’intesa raggiunta con lo Stato italiano, è l’istituzione che rappresenta tutti gli ebrei italiani (al cui interno le opinioni politiche sono diverse), il che ci impone un continuo dialogo con le istituzioni, a cominciare dal governo.

1987: Tullia Zevi, presidente dell’UCEI, firma con Bettino Craxi l’Intesa tra lo Stato italiano e l’Unione delle comunità ebraiche

Talvolta il problema è rappresentato da singoli uffici della pubblica amministrazione che non sempre si uniformano alle indicazioni centrali, com’è il caso delle benemerenze in favore dei perseguitati razziali, che ancora oggi faticano a vedersi riconosciute nonostante le modifiche normative. Finora non sono emersi seri problemi nelle relazioni istituzionali, mentre non posso negare che alcune scelte o dichiarazioni politiche di singoli esponenti governativi o parlamentari non ci abbiano visto d’accordo e, credo, abbiano creato imbarazzi anche dentro il governo.

A cosa pensi?

Francesco Lollobrigida (foto: Simona Granati)

Penso ad alcune dichiarazioni che hanno avuto ad oggetto la minaccia di una sostituzione etnica, ad esempio, o alla difficoltà di alcuni esponenti politici di primo piano ad ammettere le responsabilità del regime fascista. Si tratta di concetti che non possiamo accettare. E che mettono in imbarazzo noi e il governo. Talvolta mi chiedo se, a fronte di una grande apertura e solidarietà nei nostri confronti, questi comportamenti, che di fatto tendono a contraddire i principi espressi, possano in futuro creare problemi.

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