Luca Barbareschi

E’ affettuoso, tollerante, è pieno di empatia. Io ringrazio la mia tradizione, la mia storia perché sono riuscito ad applicare alla vita tutto quello che ho studiato. Lo Zohar è una metafora bellissima dello splendore, dello stupore, del continuamente vivere la tua vita aperto a quello che ti sta per succedere, però non ho pregiudizi, non ho mai avuto pre-giudizi su qualcuno, non ce li ho.

E la politica…

La politica non esiste più. La politica è morta. Parlavo con degli amici banchieri di Milano a cui ho chiesto come stesse andando e mi hanno risposto che l’Italia è in netta ripresa grazie al fatto che non c’è più la politica. Tanti politici sono stati gestiti da un eversore fiscale, lo può dire perché ho vinto la causa contro Grillo ed è un evasore fiscale, che ha creato un partito di evasori fiscali però con il reddito di cittadinanza, hanno umiliato quella parte del paese invece di stimolarla di avere la dignità, non il diritto al lavoro. Io da ragazzo ho pulito i cessi, dai 18 ai 21 anni, perché non ero ricco. E oggi quando vado in un bagno pubblico, lo tengo pulito perché ho rispetto del lavoro e della dignità del lavoro. Invece vai in un bagno italiano, la fanno anche contro i muri, perché è tutto tralasciato, basta vedere cosa è diventata Roma.

Come è diventata Roma?

piazza Mattei

Io vivo al Ghetto, è un letamaio, è peggiorata perché adesso c’è più turismo, ci sono più ristoranti, ci sono anche stranieri. Se lei va a Parigi e butta la carta per terra le arriva un calcio nel didietro a sorpresa forse anche da un francese. A Roma non si cammina sui marciapiedi. Ha mai notato? A Roma si cammina per strada, per gli stranieri è come stare in un villaggio dell’Africa, per cui buttano la carta, lasciano la birra, a Piazza Mattei, che è una delle più belle piazze di Roma, tre barboni mettono i cocomeri nella fontana, lei vede un vigile? No. Ma i vigili a Roma sono corrotti. Io ho denunciato due vigili perché mi hanno chiesto la stecca, il risultato è che ho il Comune di Roma contro. Li hanno arrestati, ma poi li hanno fatti uscire perché non si può lasciare senza lavoro un vigile, rei confessi, volevano le stecche, chiedevano i soldi a chi parcheggiava. C’è un fruttarolo lì a via della Reginella, un arabo, bravissimo, se mette fuori una cassetta gli danno la multa. Se va in centro e vede i tavoli fuori, non prendono le multe, ma loro danno le stecche.

Il nord funziona perché abbiamo avuto gli austriaci e i francesi, che ci hanno raddrizzato a calci. Trieste non è come Roma, eppure è Italia e anche la Puglia non è come la Campania, perché hanno avuto Federico II di Svevia che metteva sulle fioriere teste mozzate per circa cinquant’anni.

Un po’ cruento.

Il Medioevo era così. La democrazia nasce dopo, con la nascita del giornalismo, che dovrebbe informare, ma qui disinforma. Durante la pandemia, lei ha capito qualcosa sulla comunicazione? Non si capiva niente: fate i vaccini, non fate i vaccini, uscite di casa, non uscite di casa, si può andare in aereo tutti vicini con quello che starnutisce, in treno no, la partita sì, i teatri no, la chiesa sì, i teatri no. Perché i teatri no? Perché è un rito laico?

Le piace la letteratura ebraica? Un autore preferito?

Chaim Potok

Ho tantissimi autori da Singer, i due fratelli, ovviamente tutta la letteratura mitteleuropea, da Josef Roth a Thomas Mann, fino a Chaim Potok che ha scritto delle cose bellissime, ebreo ortodosso newyorkese, tutti i libri di Potok sono un capolavoro, tutti i libri di Singer sono un capolavoro; Mamet è l’autore che io ho tradotto per quarant’anni, tutte le sue opere teatrali e letterarie. La narrazione ebraica ha una forza in più.

E autori israeliani?

Ho fatto un film da Grossman, poi Amos Oz, Abraham Yeoshua, di cui sono un fraterno amico, Viaggio alla fine del millennio è un capolavoro.

Grazie a lei anche qui a Roma abbiamo potuto ascoltare le lezioni di un maestro come Haim Baharier.  Come è nata la vostra amicizia?

La nostra amicizia è nata grazie ad Andrée Ruth Shammah che è una mia amica ebrea di Milano, che ha iniziato queste lezioni al piano bar, l’ho trovato molto intelligente, ci siamo conosciuti e gli ho offerto di farle a Roma.

Ci sono affinità elettive, curiosamente. Io ho capito quanto fossi ebreo quando ho vissuto a New York perché New York è una Jewish town, ero a casa, il mio grande mentore Lee Strasberg (Actor studio) era un rabbino, dieci anni di studi, alla fine ci si ritrova perché ritrovi quella maniera di pensare. Pensiamo alla sensualità, un altro autore che ha avuto successo in Italia con la versione di Barney, Mordechai Richler, c’è quel dolore e quello humor mischiato, meraviglioso, elaborativo, non è mai pedante, è sempre spiritoso, e ti dà una restituzione affettiva straordinaria.

Prima di salutarci, una promessa: appena riapre l’Eliseo saremo lì.

In questo momento è molto difficile, è molto dura.  Vede, la Comunità, ho chiamato Rav Di Segni e ho detto: “chiama il ministro, no?” “Eh, ma io non mi occupo di queste cose”. Ma non è vero, deve occuparsi di tutto. Chiudere un luogo simbolico, oltre tutto laico, è importante a Roma. Ma non si spende nessuno. Poi vengono qui tutti a fare convegni, fatti gratuitamente, per Shalom, per altri. Quando c’è da fare squadra, invece, no. Quando ho fatto la prima di J’accuse, che forse è il film più importante sull’antisemitismo, non è venuto, Di Segni, perché aveva una cena. Gli ho detto, fai male a non venire, perché è importante che tu sia qui in questa prima di Polanski, che è uno che ancora oggi viene messo in un angolo.

Foto in evidenza: Federica Di Benedetto; prima immagine di Barbareschi: Marco Bellucci

7 risposte

  1. Interessante l’intervista a Luca Barbareschi, un uomo coraggioso , colto e vivace, forse inviso a tanti, ma molto amato dagli ebrei di Roma.

  2. Molto interessante.
    Per capire la battuta della regina (che una nota storiella ebraica anglosassone) aiuta sapere che
    Night – notte si pronuncia uguale a
    Knight- cavaliere, baronetto.

  3. Ho cambiato completamente giudizio su Barbareschi dopo questo articolo!
    Il suo essere Ebreo mi ha riconciliata con lui in nome e nel bene dei due grandi amici di mio padre Magno e Felice Lombroso che dovettero fuggire dopo le leggi razziali del ’38.
    Da allora….. ogni Ebreo è mio fratello.

  4. La pluriforme creatività culturale, nel mondo ebraico, è prassi storicamente, pedagogicamente e socialmente consolidata. E’ il cuore stesso della sua identità. Un popolo che non si è mai arreso di fronte ad immotivate e continue avversioni ma… ha sempre, tenacemente, continuato a cercare oltre l’orizzonte storico avverso, la vitale e profonda motivazione della sua missione e della sua esistenza.
    Dove inscrivere questa tipologica solidità di alterità????
    Su due pilatri, credo: testimonianza della presenza amorevole di Dio nell’umana avventura , e …. impegno concreto nella realtà, nella diversità, perché la creazione stessa e le vicende umane risplendano e cantino il Suo imperituro amore.

  5. Ammiro la schiettezza di Luca Barbareschi. Condivido il suo pensiero, avendo pure io avuto modo conoscere Baharier. Non ci si inchina mai davani ai potenti. Mordechai insegna. Ma la regina Elisabetta, donna intelligente, con quella sua espressione mostra di aver compreso. Non è questione di razza (termine che non è applicabile al genere umano), ma di civiltà, di cultura, di spiritualità. Quando si allena il cervello lo si capisce.

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