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La Resistenza romana è stata continua e tenace

Micaela Procaccia è la curatrice di una mostra ancora aperta per pochi giorni all’Archivio di Stato di Roma. A Riflessi spiega cosa troverà il visitatore

Micaela, tu sei una dei curatori della mostra allestita all’Archivio di Stato di Roma sugli anni dell’occupazione. Di cosa si tratta, più in particolare?

Micaela Procaccia è stata dirigente, tra l’altro, allArchivio centrale di Stato

La mostra ha ad oggetto la Resistenza della città durante l’occupazione nazifascista a Roma, attraverso storie e documenti.

Chi ha ideato la mostra?

La mostra è organizzata, oltre che dall’Archivio di Stato di Roma, anche dal Museo della liberazione di via Tasso. Più esattamente, la mostra ha esordito già durante il Festival “La Resistente” inaugurato dal Museo lo scorso giugno, con una serie di eventi preparatori in molti luoghi della città, culminati in due giornate al Museo e nelle vie limitrofe, che hanno accompagnato il ricordo della Liberazione di Roma. Ora resta visitabile fino all’8 ottobre.

Cosa è possibile trovare per chi viene in visita?

la locandina della mostra. Sarà visitabile fino all’8 ottobre

La mostra realizza, attraverso pannelli esplicativi e una serie di documenti originali, un percorso che guida il visitatore attraverso i lunghi mesi dell’occupazione, mostrando come Roma sia stata una città che non si è mai arresa e che anzi ha realizzato una serie continua di atti di resistenza.

Quindi via Rasella non fu l’unico atto di resistenza romana?

Naturalmente quello fu il più eclatante, ma non certo l’unico. La resistenza romana fu molto diffusa e per questo i nazisti ebbero sempre grandi difficoltà a mantenere il controllo della città.

Puoi fare qualche esempio?

Ce ne sono in realtà molti. Il 20 settembre del 43 ci fu la bomba fatta esplodere da Pilo Albertelli; poi dobbiamo ricordare l’assalto all’armeria di Elena di Porto, il 9 settembre a piazza Cairoli, che guidò un gruppo presumibilmente composto prevalentemente da ebrei; Elena di Porto, lo ricordo, fu poi deportata il 16 ottobre. La mostra, attraverso i rapporti stilati dalla questura del 10 e 11 settembre, ricostruisce in maniera approfondita i fatti di quella giornata. In generale, attraverso le carte d’archivio abbiamo voluto raccontare storie di persone comuni, micro eventi nella tragedia della guerra e dell’occupazione nazifascista che però, tutte insieme, note e meno note, ricostruiscono in maniera chiara quello che avvenne a Roma dal settembre del 43 al giugno del 44. La nostra idea era quello di mostrare come si fosse svolta la vita durante l’occupazione, e come molti furono quelli che si opposero ai nazisti e i fascisti, anche se, purtroppo, altri contribuirono all’occupazione.

Quindi la mostra non espone soltanto gli atti di resistenza?

No. Attraverso delle bacheche che contengono documenti da entrambi i lati volevamo evidenziare come a Roma c’era chi resisteva ma anche chi collaborava. Ad esempio sono esposti i documenti relativi alla delazione e all’arresto di Giulio Levi o il provvedimento sanzionatorio poi adottato, a guerra finita, nei confronti di quella signora che in occasione di un rastrellamento a via Nazionale nel ’44 fu così zelante da indicare ai nazisti che si era nascosto sui terrazzi dei palazzi, contribuendo così al loro arresto. C’è poi la scheda biografica di Pietro Koch, che si contraddistinse per le torture consumate a Roma con la sua banda. C’è il verbale dell’interrogatorio a Kappler, con cui racconta della taglia messa sulla testa degli ebrei. Ci sono i documenti processuali relativi al processo a Celeste Di Porto, la tristemente nota delatrice ebrea.

Elena Di Porto, “la matta di piazza Giudia”

C’è poi un caso particolare di controinformazione. Direi di disinformazione.

Cioè?

I nazisti, cercando di provocare la popolazione, a un certo punto diffusero una falsa stampa clandestina, che chiamarono “Spartaco”. Si trattò di quella che oggi definiremmo una fake new.

Come fu possibile individuarlo come falso?

I nazisti commisero due errori: diedero al giornale un nome non in linea con la tradizione italiana, e soprattutto lo stamparono a colori, mentre era impensabile che i mezzi a disposizione dei partigiani consentissero tale possibilità. Al contrario, nella mostra sono esposte anche stampe autentiche come giornali e volantini distribuiti in maniera clandestina.

In che altro modo si manifestò la Resistenza romana?

Pietro Koch. La sua banda fu responsabile di torture e sevizie nella Roma occupata dai nazifascisti

In molti modi. In uno dei pannelli che sintetizza le principali azioni dei resistenti si parla dei chiodi a quattro punte, realizzati in maniera artigianale dai partigiani romani, che venivano lasciati a terra ed erano così efficaci da bloccare anche le ruote dei cingolati. L’operazione consisteva nel bloccare tali mezzi e poi, mediante radio clandestina (gestita dal colonnello Montezemolo), comunicare agli Alleati la loro posizione per essere bombardati. Alcuni esemplari di questi chiodi sono esposti al Museo di via Tasso. In generale, gli esempi legati alla Resistenza romana sono molti. Ad esempio esponiamo l’ultima lettera di Gianfranco Mattei, assistente di Giulio Natta, il chimico futuro premio Nobel, che aveva creato una Santa Barbara con Giorgio Labò, uno studente di architettura la cui madre era Enrica Morpurgo. Mattei si suicidò in via Tasso per paura di non resistere alle torture, mentre Giorgio Labò fu fucilato a Forte Bravetta. Ci sono le gesta della “banda del Travertino”, che agiva nel quartiere dell’Arco di Travertino. C’è il caso dell’attacco al cinema Barberini, che produsse la morte di 8 tedeschi; qui i nominativi sono stati identificati attraverso i registri dell’ospedale in cui furono i ricoverati. Ancora: ci sono i registri del carcere di Regina Coeli che danno conto dei prigionieri politici. C’è poi una bacheca dedicata alle Fosse Ardeatine molto particolare.

Perché?

un’immagine del Yad Va Shem

Nella mostra si espone il risultato del progetto Vibia, Virtual Biographical Archive, a cura del Museo della Liberazione, dell’università di Tor Vergata, dall’ASCER (archivio storico archivio della Comunità ebraica di Roma), dell’Archivio di Stato di Roma, di l Yad Va Shem, che ricostruisce le biografie delle persone trucidate alle Ardeatine, compresi coloro che fino a poco tempo fa erano rimasti ancora ignoti. Le ultime acquisizione della scienza hanno infatti consentito di identificare tre dei sei corpi finora anonimi, che ora sappiamo essere stati ebrei stranieri. Presto speriamo di poter identificare anche le ultime salme

Per concludere, qual è l’obiettivo della mostra?

Mario Draghi è stato l’ultimo premier a visitare il Museo della Liberazione

Anche se la storiografia ha già da tempo messo in evidenza molti dei casi che la mostra espone e le ricostruzioni generali da cui ci si è mossi, ritengo che essa sia di notevole interesse perché il nostro obiettivo è quello di aiutare il grande pubblico a comprendere, attraverso la visione diretta dei documenti esibiti, come a Roma ci sia stata una Resistenza effettiva e tenace. In definitiva, credo che questa mostra serva come antidoto a tante letture distorte, che anche recentemente sono state fornite, e faccia chiarezza su quel periodo.

(La mostra sarà aperta fino all’8 ottobre a Corso Rinascimento. Ingresso libero)

Leggi anche: intervista Micaela Procaccia

 

2 risposte

  1. Bellissima iniziativa e articolo diffuso dal Presidente dell’Associazione “Resistenza Romana ” Aldo Astrologo .
    Questa Associazione, unico esempio di nuova realtà romana sulle orme della memoria della Resistenza e il rastrellamento del 16 ottobre 1943 e la resistenza ebraica deve essere conosciuta . Associazione nata nel 2022 dal Comitato Cittadino di via dei Giubbonari ” Targa Guido Rattoppare – Campo de Fiori ” e ” Casa della Resistenza Romana ” due realtà che erano composte da commercianti di via dei Giubbonari , Campo de Fiori e Residenti . La Mostra è il riflesso delle differenti tragedie incrociate da un destino comune a causa di un sistema atroce . Ogni 25 di aprile il Comitato Cittadino e dopo l’Associazione Resistenza Romana celebrano la Brigata Ebraica e la Resistenza . Unico e Nuovo luogo della memoria per celebrare la Festa della Liberazione della Comunità Ebraica e tutte le cittadine e cittadini di buona volontà . Aiutiamo Aldo Astrologo e Alberto Spizzichino a fare crescere questa nuova realtà romana della memoria partigiana

  2. Buongiorno a tutti.Non so perché quando si parla della resistenza romana non si cita mai Pino Levi Cavaglione comandante partigiano che ha organizzato una delle più grandi azioni partigiane italiane. La sua (banda) operava ai castelli romani e ha fatto saltare su un viadotto (Ponte a sette luci) un treno diretto a Cassino con 400 nazisti più armi e munizioni. Su questa azione Nany Loy ha diretto un film
    UN GIORNO DA LEONI .
    Da leggere anche Il libro Guerriglia ai castelli
    Grazie a tutti per l’attenzione

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