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Quella ‘guerra civile’ per amore della Torà

Hannukkà ci ricorda davvero (solo) una guerra di liberazione contro un oppressore straniero? Un grande maestro del pensiero ebraico fornisce una lettura diversa

Yeshayahu Leibowitz (1903-1994)

Gli aspetti dolci e romantici, legati a sufganiot e luci accese in pubblico, mettono di solito in ombra la vera storia che sta alla base della festività ebraica di Hanukkà, che è tutto tranne che una bella storia per bambini. Andiamo allora alla sua origine, per coglierne il senso più profondo, con l’aiuto di un maestro di pensiero ebraico, Yeshayahu Leibowitz (Riga 1903-Yerushalayim 1994), ben noto per il suo piglio polemico, al prezzo di de-romanticizzare quella patina di ‘natale degli ebrei’ che non di rado avvolge questa festa.

Dunque, dice Leibowitz, alla base di Hanukkà ci sta una guerra, l’unica guerra celebrata nel calendario liturgico ebraico (e già questo deve far pensare), l’unica ‘guerra santa’ che Israele abbia mai davvero combattuto, santa perché compiuta a difesa della Torà (e non di se stessi, semmai a difesa dell’ebraicità del popolo di Israele). Ma, in termini laici, ossia meramente storici e non religiosi, si trattò di una guerra civile.

moneta con l’effige di Antioco IV epifane

Ecco come la descrive il famoso professore di biochimica e filosofo della scienza: “Quella non fu per nulla una festa di insurrezione nazionale… fu una guerra civile tra giudei, e non la ribellione del popolo giudeo contro un conquistatore straniero [Antioco IV Epifane]; in altre parole, fu la guerra e la ribellione dei servitori del Signore, custodi della Torà, contro i loro fratelli giudei ellenizzati. La guerra cominciò quando l’asmoneo Mattatia uccise non un oppressore o un governante greco ma un giudeo che aveva osato offrire un sacrificio alle divinità dell’Olimpo. Questa guerra proseguì per venticinque anni… Terminò, come noto, con la conquista della cittadella di Gerusalemme per mano di Shim‘on, figlio di Mattatia, che non fu presa ai greci ma ai giudei ellenizzati che avevano reso questa cittadella la loro fortezza”.

Triste, dirà qualcuno; ma riscrivere la storia o censurarla in nome dell’eroismo nazionale non serve; serve piuttosto capire perché tale guerra – unica tra le molte guerre dell’antico popolo di Israele – sia diventata memoria religiosa, cioè festa halakhica in cui si recita l’Hallel completo.

Al dunque, si trattò di una guerra contro l’idolatria, non quella degli altri popoli, bensì quella interna a Israele (del resto, è logico parlare di idolatria solo per chi conosce il vero Signore, non per chi non Lo conosce e non si è impegnato a servirLo). Proprio perché la posta in gioco era la fedeltà alla Torà, e non altro, sostiene Leibowitz, “su questa guerra è stato impresso il sigillo che le conferisce un significato religioso e di fede – sgorga infatti da uno slancio generoso generato dalla Torà – sigillo che non fu impresso [neppure, rimarca lo scienziato-filosofo] sul processo di conquista della terra per mano di Giosuè figlio di Nun”.

il presidente Herzog accende l’Hannukkià

In tempi di guerra a noi vicina come quelli attuali, il realismo ebraico non consola, ma stimola a fare le debite distinzioni; ci ricorda poi che la trasgressione idolatrica è, halakhicamente parlando, la più grave e da essa ci si ‘salva’ solo stringendosi attorno a quell’etz chayim, all’albero di vita che è la Torà. Ci illumina – nello spirito della hanukkià – quel midrash che immagina come l’ultimo dono fatto da Moshe rabbenu, prima di morire, ai figli e alle figlie di Israele sia stato lo scrivere di suo pugno ben 13 rotoli della Torà, uno per ogni tribù e in aggiunta una matrice, per così dire.

Leggendo il midrash con il midrash, possiamo spiegarlo: lo fece perché ai piedi del Sinài, disperando del ritorno dello stesso Moshe, i figli e le figlie di Israele si erano fatti, dice appunto il midrash, ben 13 vitelli d’oro… la matrice e uno per ogni tribù. Parimenti, Hanukkà celebra il rifiuto dell’idolatria in nome della Torà e la guerra che sta all’origine di tale festa è santa perché fu una guerra per la Torà e Torà lishmà.

Chag Hanukkà sameach.

Leggi anche: Hanukkà riletta da Maimonide

Una risposta

  1. Grazie per il chiarimento. Essersi liberati dall’idolatria ellenistica e’ stata una lotta per la liberta’, anche per quella dello spirito

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