Pio XII sapeva della Shoah

La conferenza chiusa ieri all’Università Gregoriana ha messo insieme storici e teologi, ebrei e cristiani, per fare il punto sugli studi che hanno al centro la figura di Pio XII. Tra i relatori, lo storico Michele Sarfatti

Michele, si è chiusa ieri presso l’Università Gregoriana una conferenza durata tre giorni, che ha avuto ad oggetto i nuovi documenti relativi al pontificato di Pio XII durante la seconda guerra mondiale. Perché è stato così importante questo incontro?

Michele Sarfatti (foto: Giliola Chiste)

Lasciami innanzitutto dire che  la Conferenza non si è potuta giovare del contributo degli studiosi che erano attesi da Israele, per le conseguenze dell’orribile attacco compiuto da Hamas a danno della popolazione civile israeliana; vorrei ricordare in particolare gli studi di Iael Nidam-Orvieto, direttrice dell’Istituto Internazionale per la Ricerca sull’Olocausto dello Yad Vashem. La conferenza, infatti, è stata ospitata dall’Università Gregoriana, ma organizzata da sei istituzioni, una delle quali è il Centro di documentazione ebraica contemporanea (CDEC), che mi ha incaricato di seguirla. Si tratta certamente della conferenza importante più importante fra tutti gli incontri mai svolti sul tema. A tre anni dall’apertura degli archivi vaticani essa non metterà certo la parola fine sui tanti temi aperti del pontificato di Pio XII, ma tutti noi storici potremmo confrontarci sui vari filoni di ricerca avviati. Inoltre c’è da considerare che il panel dei relatori, tra cui figurano oltre a storici anche archivisti, teologi e rabbini, sia un’ulteriore elemento che accresce l’interesse all’incontro. Ritengo infatti che quando si mescolano approcci diversi sullo stesso tema non possa che accrescersi la conoscenza reciproca.

Tu sei intervenuto nella sessione dedicata a quel che la Chiesa conosceva della Shoah durante la guerra.

un’immagine dei depositi dell’Archivio pontificio

Sì. Ho potuto studiare, sia pure ancora non completamente, alcuni dei faldoni conservati negli archivi vaticani. Desidero evidenziare come sia io che gli altri studiosi abbiamo potuto godere di un totale libero accesso alle carte, per cui mi sono convinto che ormai non ci siano più documenti sottratti alla ricerca storica. Per quel che mi riguarda, come dicevi mi sono concentrato sul 1942.

Perché?

Perché, nella tragedia della shoah, il 1942 è l’anno più disastroso. Tieni conto che poco più della metà dei milioni di ebrei uccisi sono stati assassinati proprio in quell’anno.

Che cosa emerge dalle carte che hai potuto esaminare?

ebrei all’arrivo ai lager

Il primo dato che lascia sgomenti è questo: con il trascorrere dell’anno, il che significa, come oggi noi sappiamo, con la messa in funzione dei lager, le notizie che arrivano in Vaticano affiancano sempre più due termini: “ebreo” e “morte”. Questo significa che se leggiamo i documenti in successione appare evidente la sensazione, cui in Vaticano non si poteva sfuggire, che qualcosa di tremendo stava accadendo nei territori occupati dai nazisti. Certo, si tratta di notizie spesso frammentate, imprecise e imperfette, perché tutte ricavate da fonti clandestine, ma il dato è certo: queste fonti ci parlano di uccisioni che riescono a quantificare in centinaia di migliaia e addirittura in milioni. Il secondo dato emerge dall’estate del 1942, quando arrivano in Vaticano le notizie circa la messa in funzione delle camere in gas come strumento di sterminio.

Perché si tratta di un dato così rilevante?

Pio XII (1876-1958) quando era nunzio apostolico a Berlino

Oggi parlare di camere a gas, al di là dell’orrore, non ci sorprende, perché, dopo molti anni passati a studiare la Shoah, tali strumenti di morte rientrano nell’orizzonte dello studioso e della persona comune. Ma nel 1942 leggerne la messa in funzione doveva aver fatto un effetto ben diverso. Tieni conto che il gas come strumento di morte era stato già utilizzato durante la guerra in Belgio e dall’Italia nelle colonie africane, ma era stato un uso limitato, ad esempio utilizzato dall’alto attraverso mezzi aerei. L’istituzione di camere a gas segna invece un salto nella logica della distruzione che non era mai stato raggiunto prima.

Secondo te quanto Pio XII era consapevole di quel che avveniva nei campi di sterminio?

Luigi Maglione (1877-1944), cardinale, è stato segretario di Stato (ministro degli esteri) sotto Pio XII

La tolda di comando, per così dire, del Vaticano prevedeva il pontefice, a seguire il segretario di Stato, cardinale Maglione, e poi i suoi sostituti, cardinali Montini (il futuro Paolo VI, n.d.r.) e Tardini. La politica vaticana era dunque realizzata in primis dal Papa e poi dal suo collaboratore Maglione. È vero che nell’entourage del Papa c’era anche monsignor Dell’acqua, delegato a trattare delle questioni ebraiche, il cui antigiudaismo era noto, ma io non credo che la sua figura potesse influenzare le scelte del pontefice, perché in questa linea di comando era molto distante dal vertice. Ogni scelta fatta dal Vaticano, ogni parola spesa, come ogni silenzio, erano frutto di una valutazione che può essere direttamente attribuita a Papa Pacelli e a Maglione.

Tra i molti silenzi del pontefice spicca anche quello riguardante la deportazione degli ebrei romani del 16 ottobre 1943. Ti sei dato una spiegazione al riguardo?

Scarterei innanzitutto la possibilità che i nazisti potessero temere una contrarietà del Vaticano. Credo, al contrario, che agirono senza curarsi delle reazioni d’oltre Tevere. Inoltre, va anche considerato che, benché la deportazione romana sia sostanzialmente la prima In Italia, essa in realtà doveva essere preceduta da un intervento a Napoli, che invece non potrà essere realizzato perché nel frattempo la città insorge. Quindi la retata del 16 ottobre non ha un obiettivo simbolico, ma fa parte di un progetto che avrebbe visto la deportazione di tutti gli ebrei residenti in Italia.

Michele Sarfatti è uno dei maggiori  storici sulla shoah italiana

Resta il problema del silenzio del Papa.

Potremmo dire che il silenzio sul 16 ottobre di Papa Pacelli è coerente con quello mostrato in tutto il 1942, il che pone la necessità di comprendere cosa lo abbia determinato. A mio avviso quel che è più grave è che la Santa Sede, già nell’autunno del ‘42, quando ormai è a conoscenza della Shoah in corso, e poi nel settembre del ‘43, quando i nazisti entrano a Roma, non senta la necessità, o almeno l’opportunità, di avvisare la dirigenza degli ebrei romani di quel che sta accadendo, per consentirgli di organizzarsi e provare a sottrarsi alla futura deportazione.

Un’interpretazione di questo silenzio è che la Chiesa temeva, in caso si fosse saputo della sua opposizione, le rappresaglie naziste nei confronti dei propri fedeli nei territori occupati.

Io credo che la ragione di tale silenzio sia stata un’altra, e cioè l’antiebraismo, o antigiudaismo, che nel mondo cattolico era ancora un sentimento molto diffuso in quei tempi. Un indizio di tale resistenza lo troviamo mettendo a confronto due discorsi molto importanti di Pio XII, quello del dicembre del ’42 e quello del giugno del ’43. Nel primo il papa accenna a persone uccise in gruppi anche se innocenti per ragioni di nazionalità e di stirpe. In quel caso noi storici riteniamo che il riferimento alla nazionalità si riferisca ai polacchi, mentre quello alla stirpe agli ebrei, e tuttavia né gli uni né gli altri vengono espressamente menzionati. Al contrario, nel secondo discorso, Pio XII parla di “costrizioni sterminatrici” per motivi di stirpe, il che sembrerebbe ancora una volta riferirsi agli ebrei, e poi apertamente di tragedia del popolo polacco. In sei mesi dunque Pio XII si convince, o viene convinto, che i polacchi meritino di essere menzionati, mentre altrettanto non vale per gli ebrei.

Che differenza c’è fra antiebraismo e antisemitismo?

l’ingresso di Auschwitz

L’antiebraismo religioso è quello che vede negli ebrei un ostacolo alla piena diffusione dei valori cristiani; in altre parole, l’antiebraismo religioso cattolico puntava a convertire gli ebrei, non ad ucciderli. L’antisemitismo razzista è invece intransigente e si sviluppa tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, sfociando poi nel progetto di sterminio. L’antisemitismo quindi non ha nulla a che fare con gli obiettivi cristiani, anche se, come sostiene da tempo Adriano Prosperi, sebbene non ci sia un rapporto di causa effetto certamente l’antisemitismo ha potuto prosperare perché, per così dire, l’antigiudaismo aveva preparato il terreno all’odio verso gli ebrei.

La ricerca degli storici sui fogli conservati nell’archivio apostolico Vaticano è appena agli inizi. Secondo te potranno emergere ulteriori novità?

La conferenza sarà tenuta dal 9 all’11 ottobre

Può darsi di sì. Fino ad ora i documenti emersi stanno confermando quel che gli storici, in base alla documentazione conosciuta fino ad oggi, avevano già scritto. È comunque sempre positivo un momento di incontro come questo, che consente ai vari studiosi di fare il punto sui loro filoni di ricerca e capire cosa sta emergendo da ricerche parallele alla propria. In generale, direi che gli archivi sono capaci sempre di regalare delle sorprese, non solo quello Vaticano, ma anche quelli italiani e tedeschi, dove a mio parere sono conservate ancora molte carte che non sono state studiate ancora a dovere. La conferenza dell’Università gregoriana ha però una novità straordinariamente positiva.

La conferenza è organizzata anche dal Cdec

Quale?

Per la prima volta il mondo cattolico accetta e favorisce un confronto laico sull’operato di un pontefice. Per la prima volta persone di varie fedi, o anche di nessuna fede, sono state interpellate in quanto studiose, e si sono confrontate su temi che toccano vari aspetti, non solo storici ma anche teologici.

A tuo avviso questa conferenza avvicina o allontana la santificazione di Pio XII?

Secondo me la allontana definitivamente.

Nei giorni precedenti, un’intervista riportava una tua frase, per cui cercheresti negli Archivi vaticani “una pistola fumante”.

È ovvio che non ho mai pronunciato questa frase, del tutto fuori luogo, soprattutto se penso ai fumi e alle pistole che insanguinano Israele in queste ore. Deve essersi trattata di una fantasia dell’intervistatore. Uno storico non gira armato di metal detector, bensì solo di amore per la ricerca.

La scelta di aprire gli archivi è stata voluta dall’attuale pontefice, Francesco. Secondo te è un modo con cui la Chiesa mostra di aver rinunciato alla santificazione di Pio XII?

Anche Yad Va Shem è tra i soggetti organizzatori della conferenza

Potrebbe essere una lettura plausibile. Più in generale, l’importanza di questa conferenza è che, a mio avviso, si mette in discussione un dogma, quello dell’infallibilità papale. La conferenza ha trattato infatti delle scelte del pontefice, con una totale libertà di espressione e di confronto. Anche il fatto che al termine non c’è stato un documento finale, ma che ciascun relatore ha potuto riportare le proprie personali osservazioni e conclusioni, certifica l’enorme novità cui abbiamo assistito.

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Leggi anche: verso una storia condivisa?

Per rivedere la conferenza on line: leggi qui

 

2 risposte

  1. Salve! Interessantissimo articolo, grazie! Un’unica domanda: l’infallibiità papale qui a quale fatto si riferisce? Perché si intende per infallibilità papale solo il caso in cui le sue affermazioni siano fatte ex cathedra, non qualsiasi affermazione, giusto per capire se mi sono persa qualcosa in merito nell’articolo! Grazie mille dell’ascolto!

  2. Gentile Teresa,
    sì, in termini formali il dogma si riferisce ad affermazioni dottrinali ex cathedra. Ma in senso lato esso viene riferito a comportamenti rilevanti su evenienze rilevanti, di un pontefice.
    Cordialmente,
    Michele Sarfatti

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