Il Memoriale-Binario 21 e il CDEC insieme per la tutela della memoria e per la città di Milano
Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah-Binario 21, si prepara all’inaugurazione dei nuovi spazi del Memoriale, che ospiteranno dal 15 giugno anche la nuova sede del Cdec e la più grande biblioteca italiana sulla storia della Shoah nel nostro Paese
Roberto Jarach, domani si inaugurano i nuovi spazi della Fondazione Memoriale della Shoah-Binario 21, che ospiterà anche la fondazione del Cdec. Come si è arrivati a questo risultato?
Il nostro obiettivo, fin dall’inizio, è stato quello di valorizzare ancora di più un luogo monumentale, che dal 2013 è aperto alle scuole, famiglie e singoli visitatori. Il progetto è stato realizzato per oltre l’80% grazie a donazioni pubbliche ed in maggior parte da privati. Per la parte mancante, nel 2017, l’intervento di Regione Lombardia e del Ministero dei Beni Culturali ha permesso di disporre dei fondi necessari per il completamento delle ultime parti mancanti: Biblioteca e locali di servizio annessi, Bookshop e guardaroba. A causa della pandemia i lavori, assegnati con bando di gara pubblica nel 2017, si sono protratti sino ad aprile di questo anno. Nel frattempo il CDEC, che ha ottenuto in uso da RFI gli spazi adiacenti ai nostri uffici, ha spostato la propria sede dalla quella storica di Via Eupili 8 ed ha trasferito nella nostra Biblioteca il proprio patrimonio di oltre 30.000 volumi e 1.000 raccoglitori di documenti di archivio presso di noi, secondo accordi presi sin dalla nascita del progetto del Memoriale.
Che effetti ti attendi da un’opera come questa, per la città?
Innanzitutto la collaborazione con il Cdec ci permetterà di usufruire della loro esperienza nella ricerca storica; penso a documenti, mostre, studi, a una sinergia su tante attività collaterali. È chiaro che così potremo migliorare molto, visto che attualmente la nostra struttura poggia su 4 collaboratori interni e quelli esterni, tra cui le guide, che operano a titolo quasi di volontariato. Con il completamento della biblioteca, ossia con una struttura a disposizione della cittadinanza, abbiamo l’auspicio che il Memoriale e la biblioteca si apra a tutta la città. Tanto più che nella zona nord, dove ci troviamo, non ci sono grandi biblioteche, per cui daremo innanzitutto un nuovo servizio alla cittadinanza. E poi, naturalmente, speriamo che aumentino anche i visitatori del Memoriale.
Perché visitare il Memoriale?
Ti potrei dire che una delle risposte me l’ha data quel preside che quest’anno ci ha mandato in vita non solo la terza liceo, ma anche la quarta e la quinta, che a cause del lockdown non erano potute venire ei due anni precedenti. È questa la prova della validità del nostro lavoro. Oggi la vista del memoriale è una visita annuale, garantita, anche con una preparazione degli studenti alla visita che migliora di volta in volta. Oggi il livello è molto migliorato, non si viene più a “fare la scampagnata”. Io credo che si debba visitare il Memoriale se si ha interesse alla storia del XX secolo e alla storia delle deportazioni, perché le deportazioni partivano d qui, con i vagoni piombati. È una storia che interessa non solo gli ebrei, perché qui partirono anche i convogli degli oppositori politici, come gli operai dei grandi scioperi di Sesto san Giovanni; insomma, questo è un luogo di rilevanza storica anche per i deportati non ebrei e per i partigiani.
Cosa si aspetta chi non ha mai vistato il Memoriale?
Gli architetti hanno fatto un lavoro di recupero storico dell’edificio. Abbiamo eliminato i substrati, come intonaci e controsoffitti, e abbiamo ripotato tutto alla struttura originaria in cemento. Quello che non si immagina è che qui sotto c’era un piazzale di 70.000 mila metri quadri, con 24 spezzoni di binari, collegati da traslatori che li collegavano gli uni agli altri, perché le banchine erano solo ai due estremi dell’area. Noi abbiamo in gestione il binario n. 1 e n. 2, compreso l’elevatore, cioè un ascensore che collegava, un vagone alla volta, il piano inferiore a quello superiore: il vagone, carico di deportati, usciva di sopra, veniva portato avanti e attaccato alla motrice, poi partiva per il lager. Le Ferrovie ci hanno regalato 4 vagoni merci dell’epoca, sul modello di quelli usati per le deportazioni. Questo dà un impatto molto forte, perché quando spieghiamo a chi si affaccia ai portoni laterali che lì dentro erano rinchiusi fino a 80 persone, l’impressione è davvero notevole.
Cos’altro si mostra al Memoriale?
Sul secondo binario abbiamo 2 installazioni, e una piastra al pavimento – un’idea presa da Berlino – con lettere in leggero rilievo, che indicano le date di partenza e la destinazione dei convogli. Così diamo l’idea del traffico: da Milano ad Auschwitz, da Milano a Fossoli, poi, mentre gli Alleati avanzavano, da Milano a Bolzano. Inoltre abbiamo 6 schermi che proiettano 774 nomi in colonna, quelli dei deportati dei primi due convogli. È stato il Cdec che ci ha aiutato a trovarli, perché possedeva gli elenchi originari. Tra questi nomi, ne mettiamo in evidenza 27, quelli dei sopravvissuti su 774. Anche questo dà un forte impatto, perché si capisce subito la percentuale dei morti sul totale dei deportati. Inoltre, l’indicazione dei nomi produce un terzo effetto.
Quale?
I ragazzi più giovani leggono i cognomi e intuiscono subito una grande verità: se la deportazione politica colpisce i singoli, quella ebraica riguarda intere famiglie. Così si capiscono le delazioni, i rastrellamenti. Questo colpisce molto i ragazzi più piccoli, delle elementari e medie.
Come si conclude questo percorso?
C’è un tronco di cono di luce, isolato dall’esterno e dalle vibrazioni dei treni, che continuano a partire e ad arrivare sopra di noi; il cono è dedicato alla riflessione. Abbiamo concordato con gli architetti una barra di ottone volta a est, verso Gerusalemme, con una luce dal soffitto che la illumina la barra; il tutto avvolto nella penombra del luogo.
È stato complesso realizzare il Memoriale?
Io ho seguito la sua nascita fin dal primo giorno, e sono presidente del 2017, sostituendo Ferruccio De Bortoli, oggi presidente onorario. Il progetto in realtà nasce nel 1998, come idea di avere un luogo per svolgere attività giovanili. Fino al 2004 abbiamo lavorato su diverse ipotesi, fino a che è emersa l’idea del Memoriale, soprattutto dopo che qui venne in visita Liliana Segre il 30 gennaio 1997, il giorno della sua partenza per Auschwitz. Facemmo una manifestazione con sant’Egidio, poi c’è stata la collaborazione delle Ferrovie dello Stato, che ci ha concesso gli spazi, e dal 2007 è nata la Fondazione.
E adesso c’è questa nuova inaugurazione. Che aspettative hai?
Vogliamo aumentare il dialogo quotidiano con la società. Guarda ad esempio alla nuova biblioteca: si affaccia sulla città con delle grandi vetrate, che corrispondono all’ingresso originario della stazione. In tal modo siamo aperti a chiunque voglia venire, si realizza una comunicazione costante con il memoriale e la città.
Per saperne di più: visita il Memoriale della Shoah-binario 21