La Polonia ha il virus del sovranismo, non dell’antisemitismo
Wlodek Golkorn spiega a Riflessi come leggere le crescenti tensioni tra la Polonia e il resto d’Europa, che sembrano mettere in pericolo le basi democratiche del nostro continente.
Wlodek, da tempo ormai la Polonia è al centro dell’agenda europea, che guarda con preoccupazione a quello che succede in quel Paese. Come è possibile interpretare lo scontro tra il governo polacco e l’UE?
Tecnicamente, lo scontro nasce da una sentenza della Corte costituzionale polacca, che afferma la supremazia della legge nazionale su il diritto europeo. C’è però da ricordare che di recente la composizione della Corte è stata modificata in modo da far ritenere molti osservatori lesiva della sua imparzialità, e che nel 2018 un’altra legge ha previsto ha previsto sanzioni per chi avesse attribuito responsabilità polacche nella Shoah, sebbene poi sia stata cambiata, per le pressioni internazionali e della comunità degli storici e oggi non venga in pratica applicata.
Come si spiegano queste posizioni del parlamento e del governo polacchi?
Non credo c’entri l’antisemitismo. Anzi, escludo che l’attuale partito di maggioranza e il capo del governo Morawiecki siano antisemiti. Penso invece che ci troviamo di fronte a una manifestazione di sovranismo e di nazionalismo.
Come è nato questo movimento?
In Polonia, dopo la fine del comunismo, ha governato una classe politica liberale, la quale ha completamente sottovalutato l’avversario, pensando che l’arrivo della democrazia e di un maggiore benessere gli avrebbe garantito per sempre il consenso. Invece hanno perso, per la sottovalutazione degli avversari, e del malessere dei ceti più poveri ed emarginati, insomma dei più poveri.
Qual è l’origine del sovranismo polacco?
La questione è complessa. Con la libertà degli anni Novanta si è aperta la discussione sulla seconda guerra mondiale. In particolare, dal 2000 si sono esaminati quegli episodi, frequenti soprattutto in alcune parti della Polonia, in cui cittadini polacchi hanno denunciato o ucciso degli ebrei. Io ritengo che la responsabilità sia stata in ogni caso dei tedeschi, anche se le mani potevano essere diverse, perché quando un paese è occupato, ciò che succede è da addebitare all’occupante. Tieni conto che in Polonia non c’è mai stato un governo collaborazionista, e che era la Germania nazista a governare direttamente il territorio polacco. Come ti dicevo, la discussione ha portato anche dei risultati, come l’inaugurazione di un museo dell’ebraismo polacco; poi, con la vittoria della destra, questa discussione si è interrotta, si è cercato di soffocarla.
Qual è la lettura che danno allora le attuali forze al governo?
Ripeto che il premier non è antisemita. Piuttosto, si vuole presentare la nazione polacca come vittima, e quindi deve essere anche innocente. Ci troviamo davanti a un caso di nazionalismo: se si pone la nazione al primo posto, questa deve essere presentata come vittima, e innocente. Il caso placco è un caso di nazionalismo, certo con le sue particolarità, come tutti i nazionalismi, derivante da una forte presenza ebraica nel paese.
Oggi non c’è antisemitismo in Polonia?
Certo che c’è. E c’è stato. Negli anni Trenta c’è stato un fortissimo movimento antisemita e poi ancora dopo la guerra, con episodi di pogrom da parte di forze armate di destra. E poi con la campagna antisemita del 1968. Oggi c’è antisemitismo, ma non da parte del governo. Oggi c’è antisemitismo, ma non è questo il problema maggiore. Oggi il consenso non si ottiene attaccando gli ebrei, ma i liberali, i tedeschi, gli omossessuali.
La posizione del governo polacco ha in passato compromesso anche le relazioni con Israele.
Sì, è ed è un problema serio per la Polonia, perché avere rapporti buoni con Israele è molto importante per ricomporre la propria storia. In Polonia c’erano 3 milioni di ebrei prima della guerra. Per i polacchi, dunque, ricomporre i rapporti con Israele è un modo anche per ricomporre la loro storia.
Mi dai il nome di un autore di letteratura polacca utile a far conoscere quel paese?
Czesław Miłosz, premio Nobel per la letteratura, è un autore che certo va letto per comprendere la Polonia.
* giornalista e scrittore, senior editor del settimanale L’Espresso. Il bambino che venne dal fiume è il suo ultimo libro (assieme a Sergio Staino).
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