Ha Bait: parlano i candidati-3
Riflessi presenta i candidati della lista Ha Bait. Oggi conosciamo Dario Hayun, Sara Di Segni e Ariel Arbib
Dario Hayun
Caro Dario, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Sono un aziendalista e lavoro nell’ambito degli allestimenti strutturali e tecnologici per gli eventi, in parallelo mi occupo anche di tecnologie di diffusione del suono specifiche per ipoudenti.
Poi ho una famiglia, piuttosto allargata che è parecchio impegnativa e di sicuro non mi annoio.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Nel mio passato eterogeneo ho vissuto a La Spezia (mia città di origine) a Pisa (dove ho anche studiato e mi sono laureato) a Firenze e molto in giro, sono stato iscritto quindi a quattro o cinque Comunità ed ho potuto maturare una visione di realtà diverse, Roma è di sicuro una realtà unica, un mondo a parte, nel bene e nel male. Ho avuto la fortuna di integrarmi subito, qualche amico lo avevo già da prima e poi sono un tipo socievole, ma ho subito percepito un nucleo molto chiuso, sia verso l’interno che verso l’esterno. Come ho già detto in altre occasioni noi ebrei che abbiamo a cuore le nostre Comunità siamo quasi tutti “conservatori”, però in maniera diversa, ci sono conservatori che non rinunciano a vivere nel proprio tempo e si relazionano serenamente con il mondo e poi ci sono quelli che vogliono preservare l’identità in maniera assai più rigorosa. A Roma ho trovato molte persone alla ricerca spasmodica di un’ebraicità perfetta dettata da regole non solo religiose, questo è un contesto sociale abbastanza ampio e piuttosto chiuso nei confronti di chi vive l’ebraismo in modo diverso, c’è anche un grande adoperarsi per vivere il più possibile all’interno dell'”ambiente” ed i giovani sono messi in guardia e scoraggiati dall’avere frequentazioni eterogenee, questo a mio parere li può mettere in difficoltà nel momento in cui devono essere cittadini del mondo, come da sempre noi ebrei siamo. Da qui nasce anche un pensiero “comune”, ci sono opinion leader che stabiliscono cosa sia giusto e cosa “antisemita”, cosa sia innocuo e cosa terribilmente pericoloso: un mondo pieno di pericoli e di nemici sul quale percepisco si sia sviluppato un vero e proprio sistema di terrore non sempre fondato. Ho personalmente conosciuto moltissime persone che vanno a mangiare di nascosto la pizza in locali senza teudà con infiniti sensi di colpa. I romani che non condividono questo approccio spesso si allontanano o peggio si sentono allontanati, perché di fatto si generano barriere sociali che generano di fatto dei “marrani”. Il concetto “meglio pochi ma buoni” può ferire nel profondo perché implica un giudizio che solo K.B. può dare e non credo si misuri solo in base al numero delle volte in cui un soggetto si reca al tempio o dai bollini che sono apposti sulle confezioni del cibo di cui ci si nutre, essere ebrei in qualche modo è un onere al quale nessuno di noi vuole sottrarsi, a prescindere da come lo vive. Ho in grande simpatia l’approccio Chabad dove nessuno si sente mai a disagio, tutti sono accolti e nessuno si scandalizza mai, eppure i Chabad sono assai osservanti e di sicuro non ignorano le regole dell’Halakà! Ho deciso per questo motivo di entrare in Ha Bait, anzi, sono stato coinvolto da subito ed ho partecipato anche alla scelta del nome e mi piace moltissimo, la casa di tutti, una comunità dove tutti possano sentirsi a proprio agio, accolti e si possano porre le basi per vivere tutti in maniera serena il proprio ebraismo senza dover temere critiche o, ancor peggio, giudizi.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Non ho mai ricoperto incarichi ufficiali e mi sono sempre mosso come outsider, a parte per svolgere volontariato per la sicurezza agli asili. Quando sono arrivato a Roma, nel 2017 avevo 50 anni ed ho conosciuto una persona, si è instaurato un feeling e nel 2019 è arrivato il mio primo figlio maschio, nel 2020 il secondo, così ho pensato che se i miracoli esistono bisogna dar loro una mano ed ho fondato con alcuni amici un’associazione per favorire l’incontro di singles ebrei a livello nazionale: JSpot. Non era un progetto nato in seno alla comunità, era un’iniziativa autonoma, un club virtuale orientato alla creazione di rapporti reali, qualcuno si è accoppiato, molti si sono conosciuti, fuochi di paglia e pochi amori veri, come naturalmente avviene, soprattutto considerando che il target non era di ragazzini, ma di persone adulte, spesso con storie e figli alle spalle e con il terrore inconscio di vedere un altro paio di ciabatte ai piedi del proprio letto. Durante il periodo della pandemia abbiamo organizzato con Hamos Guetta e Micaela Pavoncello serate on line con cadenza settimanale durante le quali abbiamo cercato di fare compagnia a tutti, di sicuro un po’ di buonumore lo abbiamo dispensato.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Condivisione ed inclusione, io lo so che la democrazia rallenta, perché bisogna cercare di dare spazio a tutti, ascoltare anche chi dice fesserie o ha posizioni antitetiche alle nostre, ma a me piace lo stesso.
Una volta eletto, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Mi ritengo “un buono a nulla capace di tutto”, questa è la prerogativa principale di una persona che si è occupata di organizzazione e di produzione di eventi come me e sono a disposizione in generale, di sicuro potrei dare un contributo per quanto concernente lo sviluppo della comunicazione, sia a livello di progettualità che a livello di comunicazione interna. Mettendo da parte le “passioni” sento profondamente mio il discorso connesso ad aiutare coloro che sono rimasti in qualche in modo indietro per le cause più disparate, inclusa la pandemia, ma non solo quella. Siamo in un’epoca che corre velocissima e purtroppo di persone in difficoltà ce ne sono tante, troppe, anche qui entra in gioco la mentalità conservatrice ad oltranza, che porta spesso ad arenarsi di fronte ai cambiamenti, anche in ambito lavorativo. Bisogna aiutare le persone valide ad affrontare le nuove sfide, ad ogni livello e questo si fa con la formazione professionale. Non sto parlando di istituire l’università della terza età, ma un commerciante che ha subito la crisi connessa al mercato elettronico può diventare un ottimo elettricista, un idraulico, un autista con le carte in regola per produrre reddito immediatamente e risolvere i problemi della propria famiglia. Aiutare mettendosi le mani in tasca è di sicuro utile, ma risolve problematiche contingenti e poco risolutivo nel lungo andare ed è anche umiliante per coloro che ricevono l’aiuto. Predisporre un sistema di formazione orientato al collocamento e magari una cooperativa di lavoratori che possa colmare la domanda temporanea di più operatori di svariate figure professionali potrebbe essere una soluzione che può aiutare le persone, anche le meno giovani, a trovare un reddito permanente e dignitoso. So che già ci sono stati esperimenti in questo senso, e so che non sono andati nel migliore dei modi, ma li studierei per riprovarci con un bagaglio di esperienza in più: quando le cose vanno male servono a crescere. Il PNRR prevede fondi per la formazione retribuendo congruamente sia chi apprende sia chi forma, se riuscissimo a cogliere l’opportunità in maniera seria sarebbe a mio parere meraviglioso.
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Sara Di Segni
Cara Sara, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Mi chiamo Sara Di Segni, ho 52 anni, sono sposata e sono madre di 3 figli, uno dei quali già diplomato in Israele e l’altro attualmente studia in un liceo israeliano. Sono laureata in economia e commercio e da più di 20 anni, esercito la professione di dottore commercialista e revisore contabile con particolare esperienza nel settore degli ETS (enti del terzo settore). In ambito ebraico sono revisore della comunità di Napoli e di Firenze e consigliere dell’OSE.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Ho scelto di candidarmi perché credo che chiunque abbia maturato esperienze professionali e abbia creato una propria rete di contatti con le Istituzioni e gli Uffici pubblici, abbia il dovere di metterle a disposizione della Comunità.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Nella Comunità di Roma non ho mai svolto alcun incarico ed è proprio per questo che ho maturato l’idea di voler mettere a disposizione la mia esperienza professionale al servizio della collettività.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Sicuramente l’inclusione di tutte quelle componenti che sono ad oggi sono rimaste ai margini della vita comunitaria. Se guardiamo la percentuale dei votanti ci rendiamo conto che la stragrande maggioranza degli iscritti non sente la comunità come casa propria. Invece noi crediamo che sia responsabilità della nostra Istituzione riavvicinare chi è lontano e cercare di coinvolgerlo nella vita delle istituzioni ebraiche. Per ciò che riguarda le mie specifiche competenze, come ho detto, mi impegnerei per una più equa distribuzione delle risorse economiche e nella ricerca dei finanziamenti esterni. Per ciò che riguarda il resto, credo sia d’obbligo attivarsi perché nessuno rimanga indietro e perché tutti tornino a sentire la Comunità la casa di tutti e non dei componenti di quelle poche famiglie che, ormai da anni, gestiscono le nostre istituzioni.
Una volta eletta, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Anzitutto di una migliore distribuzione delle risorse. Credo che ogni centro di ricavo debba essere indipendente in modo da coprire autonomamente il corrispondente centro di costo. Questo per evitare che settori in attivo vadano a coprire settori che invece assorbono più risorse di quante ne producono. In secondo luogo, credo si possa fare molto di più nel reperire fondi esterni (finanziamenti europei, statali etc.). Questa seconda strada consentirebbe l’alleggerimento delle spese per i servizi comunitari (primo fra tutto, la scuola) e, di conseguenza, consentirebbe ai molti costretti a privarsene, di accedere a questi servizi. Da ultimo, e non per importanza, credo che debba essere incrementato l’insegnamento della lingua ebraica nelle scuole. Questo consentirebbe a molti ragazzi, dopo la scuola, di accedere più facilmente ai programmi di inserimento nelle scuole superiori israeliane e sarebbe un ottimo supporto per i giovani che decidessero di fare la aliya o un’esperienza formativa, anche temporanea in Israele.
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Ariel Arbib
Caro Ariel, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Prima di dire di cosa mi occupo, vorrei raccontare chi sono a da dove provengo. Sono nato a Roma nel 1950 in una famiglia da pochi anni trasferitasi da Tripoli a Roma. La mia educazione ebraica, nasce da quelle antiche ed affascinanti tradizioni libiche che ho respirato in casa e che ancora oggi riempiono la mia vita e quella della mia famiglia. Negli anni, queste, sono finite nel tempo per mescolarsi inevitabilmente con quelle della tradizione romana per il fatto di aver frequentato le scuole ebraiche, il Benè Akiva, la Fgei ed i loro campeggi durante la mia adolescenza. Fatti questi, che hanno contribuito a creare un amalgama di amicizie nate in quegli anni e che ancora oggi fanno parte della mia vita affettiva. Sono comunque e da svariati anni un apprezzato imprenditore nel campo della Moda, con una grande passione per la scrittura.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Per tre legislature sono stato attivo nelle cose comunitarie come Consigliere Cer, per essere poi stato nominato prima Consigliere e poi attuale vice Presidente uscente della Deputazione ebraica di assistenza per lunghi e gratificanti sedici anni.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Prendo l’impegno di ricandidarmi con la lista n. 2 Ha Bait per il legame politico che prima mi legava assieme a tanti valenti amici al gruppo Menorah, che oggi si ripresenta alle prossime elezioni in una veste nuova, unito al gruppo Binà.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Essendomi occupato con grande passione di sociale per svariati anni, le mie attitudini e la mia esperienza, non posso che continuare a metterle a disposizione ed a favore dei meno fortunati. Ritengo, e mi batterò per questo, che una maggiore sinergia e collaborazione tra i nostri vari Enti, i nostri Rabbini e le nostre tante Sinagoghe, non potrà che essere benefica per ottimizzare il lavoro che oggi ancora ed oramai da centocinquanta anni, svolge, con zelo e spesso con grande fatica, la Deputazione ebraica, portato avanti con abnegazione dai suoi validissimi assistenti sociali e da tutto il suo staff.
Una volta eletto, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Nei programmi di questa nuova compagine, vedo riconfermati, ma anche ulteriormente ampliati, i valori ebraici nei quali mi riconosco, di condivisione, di inclusione e di porte aperte, per ogni ebreo che come tale si riconosce. In ultimo, ma non ultima, la grande passione per Israele, per la quale riaffermo con forza il mio amore ed il sostegno, con la viva speranza che ritrovi presto una pacifica via comune e condivisa con tutti i suoi cittadini. A questo riguardo, vorrei sottolineare che durante le mie passate esperienze in ambito comunitario, ho dovuto assistere con dispiacere ad una preoccupante deriva e marcata divisione tra le varie compagini politiche componenti il Consiglio, nata spesso da preconcetti e prese di posizione della maggioranza argomentati da sterili motivi che hanno avuto però l’effetto di limitare il potenziale del Consiglio stesso ed il supporto che dalla minoranza esclusa, avrebbe potuto invece arrivare. Quanto mi prefiggo se eletto, sarà di cambiare le regole di ingaggio riguardo alla scelta dei futuri Consiglieri Cer, modificandole per dare all’elettore la lucida possibilità di poter valutare al meglio ed a proprio insindacabile giudizio chi, tra i nomi, le facce e le competenze, riuniti in un’unica grande lista di Candidati, siano i più idonei e preparati a gestire la nostra Comunità. Eviteremo così di precludere la possibilità di scelta e di votare persone che oggi restano invece divise e separate in più liste antagoniste. Ecco, il concetto di divisione partitocratica, vorrei che non fosse più preso in considerazione né messo più in pratica perché, a mio avviso, oltre che deleterio, è assolutamente incompatibile per una piccola Comunità, per di più ebraica come la nostra.
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