Ha Bait: parlano i candidati
Da oggi Riflessi presenta i candidati della lista Ha Bait. Si comincia con Daniel Coen, Paola Abbina e Alan David Baumann (Fischer)
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Daniel Coen
Caro Daniel, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Sono dentista e svolgo l’attività libero professionista ormai da più di 30 anni.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Sono consigliere della CER uscente.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Il progetto ha suscitato un grande entusiasmo che non si riscontrava da tempo. In particolare è stata una presa di posizione forte da parte di un ampia porzione della popolazione attiva della comunità di Roma in seguito agli eventi del tempio spagnolo in occasione della visita del primo ministro Nethanyahu in cui la presidente dell’UCEI Noemi Di Segni è stata maltrattata dai rappresentati della maggioranza attuale della CER. Per me da consigliere uscente della CER stessa è stato un segno di risveglio dopo una consigliatura caratterizzata da una esclusione assoluta degli esponenti dell’opposizione ( ma anche della maggior parte della maggioranza stessa) dai processi informativi e decisionali. Il tutto all’insegna della mancanza di fiducia e di una visione distorta della democrazia (chi vince governa).
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
In primis, come già detto, di democrazia, collegialità dei confronti, condivisione delle notizie interne. Secondo, ma a pari merito, di una vision a lungo termine (10-20 anni) per individuare gli obiettivi e fare strategia. Nelle passate gestioni tutto ciò è mancato completamente, prova ne è il fatto che non sono state approvate necessarie riforme e ne votati progetti. Terzo, a mio avviso vanno riconsiderati i rapporti con le autorità rabbiniche di riferimento attuale a fronte del bilancio dei risultati raggiunti negli ultimi 2 decenni (diritto famigliare, denatalità, casherut, ecc.). Questo è un aspetto del quale va il futuro della CER, ma senza vision non sappiamo quale sarà, e tiene lontani molti degli iscritti.
Una volta eletto, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Cercherò di ricostruire il rapporto deteriorato con UCEI. Voglio ricreare un meccanismo virtuoso di commissioni che mettano tutti i consiglieri in condizioni di dare il proprio contributo di idee. M i impegnerò a far passare il principio dell’arricchimento nella diversità, anche nella diversa consapevolezza dell’identità ebraica individuale.
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Paola Abbina
Paola, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Sono Paola Abbina candidata per HaBait. Sono sposata e ho tre figli. Vivo in Israele da oltre 10 anni, a Haifa in particolare, città multiculturale per eccellenza. Qui lavoro in una società HiTech che si occupa di pubblicità on line.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Ho scelto di candidarmi per HaBait perché credo che la comunità ebraica di Roma debba essere la casa di ogni ebreo, senza distinzione alcuna. Credo infatti in una comunità inclusiva seppur con idee e opinioni diverse. Le comunità ebraiche italiane sono in forte calo demografico, vuoi per i numerosi matrimoni misti, vuoi perché molti decidono di lasciare l’Italia ( e non sempre per Israele). Per questo, una comuniutà forte sana e inclusiva è necessaria per portare avanti l’antica tradizione dell’ebraismo romano. Rischiamo di disperdere energie e risorse che possono invece garantire un futuro a una comunità con radici così profonde. Dobbiamo fare in modo che i giovani si avvicinino di più alla cultura alla storia e alle tradizioni ebraiche romane. Rafforzare l’ebraico per approcciare più facilmente i testi in lingua originale. Fare in modo che più cultura dia maggiore consapevolezza sulla ebraicità delle giovani generazioni.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Sono nata e cresciuta a Roma dove ho vissuto fino alla mia aliah e dove sono stata attiva nei movimenti giovanili, nella vita comunitaria, e dove fra l’altro ho lavorato per Shalom e per l’ufficio stampa dell’Ucei.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Vivendo in Israele mi rendo conto dell’importanza delle nostre tradizioni, usi e costumi che devono assolutamente essere preservati. In Israele c’è la Comunità degli italiani che si batte per continuare a far vivere la tradizione italiana (romana e non solo). Ma allo stesso tempo a Roma si deve capire ed apprezzare il valore e l’importanza storica della nostra comunità. I tempi e le esigenze cambiano ed evolvono con gli anni. Ma, per non perdere nessuno durante il cammino, dobbiamo sapere affrontare con spirito inclusivista e unitario le diverse anime che la popolano. Questa comunità non deve essere luogo di esclusione ed divisione fra ebreo ed ebreo, pur restando valido l’antico motto di 2 ebrei 3 opinioni! Ma pur sempre una unica salda e democratica comunità. In Israele ci sono molte realtà ebraiche diverse che pur fra tante divisioni e spaccature, continuano a vivere sotto lo stesso ombrello.
Una volta eletta, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Voglio guardare in modo attento ma distaccato alla comunità romana, che conosco bene, e riempire definitivamente il bicchiere mezzo pieno accogliendo tutte le necessità di ogni singolo ebreo, giovane o anziano, di sinistra o di destra, ricco o povero, vicino o lontano, di chi si sente coinvolto o escluso. Inoltre vorrei portare Israele più dentro le case degli ebrei romani, mostrare loro il vero Israele, con suoi pregi e difetti, con le numerose possibilità che offre ai giovani. L’inventiva, la capacità di adattarsi, lo spirito di iniziativa e l’ottimismo che permea questo Paese può essere un elemento importante per la comunità di Roma (“andrà tutto bene”, è la frase più pronunciata in Israele, anche nei momenti più bui, e il saper ridere di sé stessi anche dentro i rifugi). Allo stesso tempo questo Paese ha bisogno di sapere sviluppare una capacità critica in grado di capire a fondo la realtà quotidiana. Bisogna creare una “rete” fra Italia ed Israele per potenziare lo scambio culturale e per far conoscere meglio le reali possibilità ed aspettative di entrambi i Paesi. Incrementare le possibilità di interazione culturale e didattica per tutte le fasce di età.
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Alan David Baumann (Fischer)
Caro Alan, ci racconti di che ti occupi nella vita?
Dirigo due testate giornalistiche on-line (www.lideale.info – www.wltv.it), dove riesco a scrivere di Israele ed ebraismo senza che qualcuno me lo impedisca o “corregga”; però il mio vero lavoro è portare avanti le opere artistiche o letterarie che hanno lasciato i miei, organizzando mostre e curandone la comunicazione. Da quasi un trentennio mi impegno inoltre, per il Giorno della Memoria e la Giornata Europea della Cultura Ebraica.
Perché hai deciso di candidarti con Ha Bait?
Ho “militato” con Menorah a lungo, ma ho sempre guardato con simpatia l’altra lista e non solamente perché nata “al femminile”. Sono entusiasta per il fatto che si siano unite. Ho accettato l’invito perché è costante il desiderio di battersi per portare avanti le idee e voler progredire.
Hai mai svolto impegni nella nostra comunità?
Alla CER direttamente no, nonostante abbia collaborato con diversi “sotto insiemi”. Ho invece passato alcuni anni all’UCEI.
Secondo te, di cosa ha bisogno la nostra comunità per migliorare?
Immediatamente di dar valore alla pluralità, di voler valutare che per fortuna esistono più anime, ognuna essenziale per costituire il mondo ebraico e per questo di tenerne sempre conto. Nel corso del tempo ho inoltre visto la CER spesso comportarsi come una sorta di “Palazzo Chigi”… a volte da un lato, a volte da un altro e non più con un reale “tavolo” dove potere ed opposizione si impegnano per il bene comune. La battaglia non deve essere fatta a scapito delle altre comunità ebraiche o dell’UCEI, bensì nel difendersi e contrattaccare il mondo esterno.
Una volta eletto, quali sono i punti del programma di Ha Bait che ti impegneresti ad attuare in prima persona?
Oltre a quanto scritto prima, porterei avanti quanto credo di saper fare per mia natura: trasmettere la storia e la cultura affinché non prevalgano quelle bandiere antisemite che purtroppo hanno la loro potenza. Riassumerei il tutto ricordando che ad un antisemita non importa che tu sia Askenazita, Sefardita, Italiano o Reform: sei un ebreo. Pare purtroppo più difficile farlo capire internamente e trovo questo assurdo e devastante per il bene comune.
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