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Il 1° gennaio di quest’anno, a 97 anni è morto a Holon (Israele) Graziano Terracina. Aveva combattuto per la fondazione dello Stato di Israele. Parliamo della sua storia con il figlio, lo scrittore Michael Sfaradi.

Michael Sfaradi, figlio di Graziano Terracina

Tuo padre aveva rilasciato (nel 2010) un’intervista depositata presso la Comunità di Roma (all’Archivio Storico), in cui raccontava parte del suo vissuto dopo le leggi razziali ma, soprattutto, del suo coinvolgimento negli anni della costituzione e della costruzione dello stato di Israele. Questa intervista, su sua richiesta, è rimasta “secretata” per 10 anni: secondo te, perché?

Durante tutta la sua vita, papà non ha mai raccontato nei particolari quegli anni e le vicende che lo avevano visto coinvolto. Di sicuro diceva di odiare gli inglesi quanto i tedeschi. Ritengo che, nell’intervista, abbia detto parziali verità, se non proprio alcune bugie e che fosse combattuto tra ciò che avrebbe voluto raccontare e ciò che poteva raccontare. Alla fine della II Guerra Mondiale, subito dopo la Liberazione, è stato reclutato dall’Esercito Italiano e mandato a Brescia per l’addestramento nei Bersaglieri. A seguire fu trasferito prima a Pinerolo (TO) e poi a Roma nei lancieri di Montebello. Raccontava di essere stato congedato agli inizi del 1948. Nella sua versione dei fatti ricorda di essere partito da Venezia verso Israele, allora sotto mandato britannico, nel marzo dello stesso anno imbarcandosi sulla nave Hatzmaut. Lo Stato di Israele stava per nascere e quella nave portava clandestinamente anche giovani ebrei con esperienze militari affinché potessero contribuire alla sua realizzazione.

Proclamazione Stato Israele
Ben Gurion proclama la costituzione dello Stato di Israele (17 maggio 1948)

Nell’intervista, Graziano Terracina racconta come sia stato reclutato per andare a combattere nella Palestina del mandato britannico: “C’era un signore, SOLIANI, che cercava giovani da arruolare. In Piazza [il quartiere ebraico di Roma], si informava su chi avesse fatto il soldato e se c’era qualcuno di loro che fosse disposto a partire volontario per Israele. Ai documenti falsi ci avrebbe pensato lui. Ci siamo messi d’accordo, io e altri due miei amici, Davide Pavoncello e Franco Veneziani. Loro non avevano fatto il militare come me dopo la guerra, avrebbero imparato una volta arrivati. Un giorno ci hanno chiamato, ci siamo incontrati con questo signore, siamo andati a Venezia e ci siamo imbarcati. Mi sentivo, io come gli altri, depresso per quello che avevamo passato sotto il dominio tedesco e allora come ebreo mi sentivo in dovere di fare qualcosa e siamo andati volontari. Ci siamo imbarcati con documenti di persone uccise ad Auschwitz con una fotografia falsate. Siamo espatriati tutti e tre illegalmente”.

militari dell’Irgun

Sì, lui raccontava di essere espatriato illegalmente e ritornato in Italia, forse alla fine del 1951 o inizio del 1952, altrettanto illegalmente. Anche se io suppongo che lui possa essere stato imbarcato precedentemente, fine del 1945 inizio del 1946. Quella stessa nave, secondo ricerche che ho effettuato presso un paio di archivi, ha fatto, carica di profughi e sopravvissuti della Shoah, due viaggi verso quella che da lì a poco sarebbe diventata Israele. Arrivato a Haifa mio padre si dette alla clandestinità e viene probabilmente portato in un centro clandestino di addestramento. Poiché se ne perdono le tracce, penso che potrebbe essersi aggregato alle forze o del LeHI (Loḥamei Ḥerut Israel), o dell’Irgun Zvai Leumi, espressione del “sionismo revisionista”, i quali vedevano la possibilità della creazione di Israele, più attraverso le azioni violente che non attraverso quelle “politiche”. In tale ottica, si ricordino, in funzione antibritannica, l’appoggio avuto dalla X MAS con il fallito tentativo di forzare il porto di Haifa (agosto 1942) oppure, successivamente, la responsabilità negli attentati al King David a Gerusalemme e dell’attacco all’ambasciata inglese a Roma del 1946. Entrambe queste organizzazioni erano malviste dalla maggioranza legata alla Haganà espressione del “sionismo socialista”. È evidente che non potesse raccontare eventuali azioni di quel periodo, ma dopo la dichiarazione di Indipendenza e sfruttando la legge della GRAZIA che il nuovo governo dava ai combattenti ‘illegali’, a patto che deponessero le armi e si arruolassero nel neonato esercito di Israele, mio padre si è arruolato nel Palmach e racconta alcuni episodi post 1948:

membri del Palmach

“Durante l’addestramento facevamo marce, preparazioni e, almeno nel primo periodo, non c’è stato nessuno scontro a fuoco. Mi ricordo che a Netanya c’erano depositi di munizioni dai quali uscivano ed entravano camion che portavano materiali da guerra, vettovaglie e, in molti casi i feriti evacuati dai campi di battaglia. La divisa era costituita da un paio di pantaloni e una giacchetta militare. Avevamo un fucile ogni tre persone e due erano di legno; il mio era vero, se io fossi morto lo avrebbe preso qualcun altro. Ho vissuto tre-quattro scontri. Nella battaglia di Castina abbiamo combattuto insieme a gruppi di ebrei polacchi, rumeni, e alcuni francesi fuoriusciti dalla Legione Straniera. Non avevamo scarpe adatte per andare nel deserto, la sabbia si attaccava ovunque: con le suole non si può camminare sulla sabbia bollente. Ecco perché mi si è rovinata la pelle dei piedi. Un giorno siamo partiti per Giabalia, un quartiere di Yafo, dove abbiamo avuto i primi scontri a fuoco e poi abbiamo proseguito verso sud, fino a Beer Sheva. Qui abbiamo combattuto altre battaglie, più o meno importanti, con bande armate e soldati arabi, probabilmente egiziani, che cercavano di occupare e razziare i nostri villaggi e avamposti. Ma soprattutto erano alla ricerca di armi. A El Faluja, a pochi chilometri da Beer Sheva, sono stato ferito; vicino a me c’erano altri soldati e ci furono diversi feriti. Franco Veneziani morì in Israele mentre io e Davide Pavoncello siamo tornati in Italia assieme.”

A che le donne ebbero un ruolo importante per la nacita di Israele

Dopo il ferimento, finisce in ospedale ed è vittima di un terribile equivoco

Viene ritenuto morto e quindi la notizia viene comunicata alla famiglia rimasta a Roma dal rappresentante dell’Agenzia Ebraica, non c’era ancora l’Ambasciata di Israele, e dal Capo Rabbino di Roma che, in quel periodo, credo fosse il Rabbino Prato. A distanza di qualche mese arrivò la smentita e la famiglia ricevette la bella notizia in modo rocambolesco. Dimesso dall’ospedale viene reintegrato nei Palmach da dove verrà congedato alla fine della guerra. Proprio da quel momento si trovò nella non facile situazione di trovare un lavoro ed inserirsi nel nuovo tessuto che si stava formando e sviluppando.

“Ci sacrificavamo, erano altri tempi, però sono stato costretto ad andare via da Israele perché non ti aiutavano a trovare lavoro, non c’era posto dove poter stare o imparare l’ebraico per rimanere. Se mi avessero aiutato a capire l’ebraico e a trovare un lavoro non mi avrebbero mandato via da Israele neanche a cannonate”.

 Questo è un capitolo che lo lascerà molto amareggiato: lui racconta solo della nostalgia per la famiglia e del rimorso per averla lasciata, ma so per certo che ci fosse anche un oggettivo problema di inserimento. Nonostante Israele fosse un paese in costruzione con necessità in ogni campo lavorativo, gli fu difficile trovare lavoro anche perché mio padre non parlava l’ebraico. Aiutava un suo zio che faceva tavoli e sedie in legno. Non si era voluto iscrivere all’Histadrut [il sindacato laburista] e un imperante “snobismo”, e sostanziale razzismo, da parte dei halutzim [pionieri] ashkenaziti, non gli aveva facilitato l’inserimento. Dopo circa due anni decise di rientrare in Italia. Anche il rientro fu un’avventura: arrivò con una nave commerciale a Foggia ma non aveva i documenti per rientrare ufficialmente e furono dei giovani israeliani a occuparsi di farlo scendere di nascosto e di metterlo su un treno per Roma.

Se l’esperienza da militare in Italia gli fu utile in Israele, l’esperienza da falegname in Israele lo è stata per trovare lavoro in Italia: si sarebbe occupato di mobili per tutta la vita.

Sì, la sua vita prenderà una direzione completamente differente. Quasi subito conobbe mia madre, la sposò nel ’54, nello stesso anno nacque mio fratello Alberto e nel ’61 sono nato io. Gli è sempre dispiaciuto che per molti anni, nessuno, soprattutto in ambito comunitario, gli abbia mai mostrato gratitudine in quanto ex combattente per Israele.

“Solo dopo tanti anni sono stato onorato poiché mi hanno dato un attestato che dice che Graziano Terracina ha combattuto la guerra d’Indipendenza, ed ho anche la medaglia di bronzo”.

Nel 2018, è stato invitato alla cerimonia “Soldato per un giorno” durante la quale ha raccontato la sua esperienza a un gruppo di soldati in armi. Ormai anziano, era con me quando è stato decretato il lock down da Covid ed è rimasto qui in Israele fino alla fine.

3 risposte

  1. Ho avuto l’onore e il piacere di aver frequentato Graziano Terracina sia a Roma nei miei frequenti viaggi e sia in Israele .
    Uomo di principi , di lavoro, onesto e di carattere integro e idealista .
    Lucido e giovanile fino alla fine .
    Grazie per ciò che hai fatto per la costruzione dello Stato d’Israele

  2. MIO ZIO GRAZIANO TERRACINA DETTO MARIO FU INVECE PARTIGIANO, DECORATO CON MEDAGLIA AL VALORE DA PERTINI E SPADOLINI, NAQUE IL 7 APRILE DEL 1917, FU PROTAGONISTA DI PORTA SAN PAOLO A ROMA E DELLE 4 GIORNATE DI NAPOLI…IL SUO RICORDO SIA DI BENEDIZIONE

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