Dio Vittorio l’Italia Invocando
Quale fu il contributo degli ebrei italiani all’unità nazionale? In questo saggio, Celeste Pavoncello Piperno (assieme a Giovanna Gregna) ricostruisce la storia di alcuni di loro
La proclamazione di Roma Capitale è un lungo processo che ha inizio con il Risorgimento e le sue guerre. Dal 1848 gli ebrei partecipano con contributi di idee, come stampatori ed editori e con una significativa presenza nelle formazioni militari.[1]
Sono numerosi, lungo la penisola e le isole, i luoghi legati ad eventi risorgimentali: 27 le città italiane che per “le azioni altamente patriottiche compiute nel periodo del Risorgimento nazionale” furono decorate di medaglia d’oro come “benemerite del Risorgimento nazionale” e sono in ordine alfabetico: Agordo, Ancona, Bergamo, Bologna, Brescia, Casale Monferrato, Catania, Chioggia, Como, Forno di Zoldo, Gorizia, Livorno, Mantova, Messina, Mestre, Milano, Palermo, Pavia, Pergola, Perugia, Piacenza, Potenza, Sermide, Torino, Trapani, Vercelli e Vicenza.[2]
Nei luoghi delle principali battaglie furono costruiti sacrari a ricordo degli eventi e onorare i morti, tra questi: l’Ossario di Custoza, l’Ossario di Solferino, il Sacrario di Pianto Romano, l’Ossario e monumento della Battaglia di Castelfidardo, il Sacrario militare di Monte Suello e il Sacrario militare di Bezzecca. In questo scritto si mette in rilievo la partecipazione di due ebrei romani alle battaglie di Custoza e di Bezzecca.
La battaglia di Custoza del 24 giugno 1866 diede inizio alle manovre offensive della terza guerra di indipendenza italiana sulla terraferma e vide la sconfitta delle truppe italiane, numericamente superiori e comandate dal generale La Marmora, di fronte alle truppe austriache dell’arciduca Alberto d’Asburgo, duca di Teschen. Un giovane ebreo romano, ferito in quella battaglia, perse la vita a 26 anni come molti, troppi altri, giovani e meno giovani, caduti in quelle guerre. [3]
Il romano Di Capua, dopo essersi arruolato nell’esercito piemontese, aveva raggiunto il grado di luogotenente (nel Regno di Sardegna era il grado superiore al sottotenente) e prese parte alla battaglia di Custoza arruolato nel Il 29º Reggimento fanteria “Pisa”[4]
Moise Itzhak di Capua, ferito in combattimento il 24 giugno 1866 e deceduto il 28 giugno dopo grande sofferenza, fu sepolto nel cimitero ebraico di via Badile a Verona. Non è dato sapere per quale ragione i correligionari abbiano eretto nel cimitero ebraico un cippo che ricorda unicamente il giovane Di Capua pur essendo morti in quella battaglia altri ebrei.[5]
[1] In questo saggio si fa riferimento agli studi di: Ester Capuzzo, Alcune riflessioni su sionismo e risorgimento italiano, Eunomia. Rivista semestrale del Corso di Laurea in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali, Eunomia 1 n.s. (2012), n. 2, 29-48; cfr. C. Ferrara Degli Uberti, Fare gli italiani. Autorappresentazioni di una minoranza (1861-1918), Bologna, Il Mulino, 2011; cfr. S. LEVIS SULLAM, Nazione, religione, rivoluzione: risorgimento italiano e religioni politiche, in «Società e storia», XXVII, 4 (106), 2004, pp. 681-686.
[2] La serie principale dei conflitti risorgimentali si svolse tra il 1848 e il 1870. In questo lasso di tempo la penisola italiana passò dal luogo dove convivevano otto stati indipendenti ad un’unica nazione con capitale Roma. La prima guerra di indipendenza fu voluta dal re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia contro l’Austria nel 1848. Il monarca piemontese, sfruttando i moti popolari del 1848, cercò di realizzare una federazione di Stati italiani a guida papale, ma il tentativo fallì perché fu sconfitto. Nel 1848 l’Europa venne scossa dalla “Primavera dei popoli” ed entro fine secolo, oltre all’unificazione italiana, si avrà l’unificazione della Germania, la creazione dell’moderna Confederazione Elvetica e l’indipendenza della Grecia, dopo una lotta per l’indipendenza contro l’occupazione straniera che l’accomunò all’Italia. Nonostante le rivolte, non riusciranno a divenire indipendenti l’Ungheria e la Polonia. Qualche anno dopo, nel 1855, il successore di Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II di Savoia, coadiuvato dal primo ministro Camillo Benso di Cavour, intervenne al fianco di Francia e Gran Bretagna nella guerra di Crimea contro la Russia. La sconfitta finale della Russia portò all’alleanza franco-piemontese e alla successiva seconda guerra di indipendenza del 1859, combattuta e vinta dai due alleati contro l’Austria. A seguito di questo conflitto il Regno di Sardegna ottenne la Lombardia. La vittoria portò allo scardinamento del sistema politico austriaco in Italia e all’Impresa dei Mille, con la quale il Regno di Sardegna ottenne l’Italia meridionale e poté, a seguito dei plebisciti vinti anche nell’Italia centrale, trasformarsi nel 1861 in Regno d’Italia. Cinque anni dopo, con la terza guerra di indipendenza, nella quale Italia e Prussia attaccarono e sconfissero l’Austria, l’Italia ottenne anche il Veneto. Rimanevano da conquistare lo Stato Pontificio e i territori a maggioranza italiana ancora nelle mani dell’Austria. Roma fu conquistata nel 1870 in concomitanza con la guerra franco-prussiana, e i territori alpini furono acquisiti al termine della prima guerra mondiale che, in ambito risorgimentale, può essere considerata una quarta guerra di indipendenza. https://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Risorgimento(settembre2021)
[3] Le premesse politico-militari che condussero a questa battaglia sono sostanzialmente le stesse che diedero luogo allo scoppio della guerra austro-prussiana e, allo stesso tempo, della terza guerra d’indipendenza. Il comando supremo spettava al Re d’Italia, al cui fianco il generale La Marmora, allora presidente del consiglio dei ministri, assunse il comando dello stato maggiore. Primo ministro divenne Bettino Ricasoli. Vittorio Emanuele II effettivamente si mosse per partecipare personalmente alle operazioni militari, lasciando la luogotenenza del regno al principe Eugenio; da Firenze (all’epoca capitale) prese il treno lungo la Ferrovia Porrettana appena inaugurata e raggiunse il quartier generale a Cremona. L’Italia poteva schierare 20 divisioni, per una forza complessiva teorica di 260.000 uomini, mentre gli Austriaci avevano una forza di 190.000 uomini, una rilevante parte dei quali, però, impegnati in vigilanze e presidi in Veneto, in Dalmazia e in altri territori. La preparazione dell’imminente conflitto era iniziata qualche giorno prima della dichiarazione di guerra. La Marmora ebbe il comando di 12 divisioni, le altre 8 erano comandate dal generale Enrico Cialdini, Duca di Gaeta. A queste si affiancava una formazione di volontari guidata da Garibaldi, forte di 38.000 unità cui La Marmora non mise a disposizione ufficiali, regolari e artiglieria, assegnando loro, peraltro, l’obiettivo decentrato della conquista del Trentino. Praticamente solo le due formazioni regolari furono quindi impegnate direttamente. https://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Risorgimento (settembre2021)
[4] poi 29º Reggimento Fanteria “Assietta” , un’unità militare del Regio Esercito Italiano fino al 1943.
[5] Nel 1848, con l’editto firmato da Carlo Alberto, agli ebrei (così come ai valdesi) furono concessi pieni diritti di cittadinanza. Una svolta decisiva nel processo di emancipazione e l’inizio di un percorso che portò in breve tempo alla piena affermazione nei mestieri, nella politica, nelle gerarchie