Primo Maggio: la stella ebraica con l’arcobaleno
Venerdì il governo italiano ha votato no a una dichiarazione europea contro l’omostransfobia. Eppure anche nel mondo ebraico le voci per una azione più efficace contro l’omotransfobia. Si fanno sentire anche contro i pregiudizi verso Israele presenti nella comunità LGBT+ .
Il 1° Maggio di quest’anno Keshet Italia, organizzazione ebraica LGBTQIA+, ha tenuto online uno degli eventi più partecipati dalla nascita del gruppo.
Si è parlato dell’antisemitismo riscontrato in spazi che dovrebbero essere inclusivi ma che si trovano decisamente impreparati nel gestite il tipo di razzismo specifico che viene rivolto alle persone ebree. Cinquanta persone tra membri della comunità ebraica e membri di quella lgbtqia+ hanno partecipato attivamente.
Rivolto alle comunità ebraiche, questo evento poneva l’accento sul bisogno di creare una rete di sostegno per affrontare questi episodi, si aspira alla solidarietà della comunità ebraica e ad un aiuto concreto all’associazione, che da anni parla dell’omofobia nelle comunità con non poche difficoltà.
Keshet è infatti una realtà che si trova all’intersezione di due forme di discriminazione, è stato attivo nel raccontare i coming out all’interno della comunità ebraica, cosa implicano e cosa significano, si è esposto più volte nel tentativo di abbattere l’omofobia troppo diffusa nelle nostre scuole e nelle nostre piazze con l’educazione, ed è la stessa cosa che cerca di fare, con l’antisemitismo, negli spazi queer non ebraici.
Senza mai un esplicito supporto da parte delle istituzioni comunitarie, Keshet è cresciuto negli ultimi anni, fino a diventare una presenza impossibile da ignorare negli spazi lgbtqia+, e un tema che continua ad emergere anche nel mondo ebraico.
Queste attenzioni non sono affatto sempre positive: la bandiera con la stella ebraica arcobaleno è spesso, se non sempre, vista con sospetto in contesti non ebraici e scambiata per un simbolo israeliano, accusata di essere un simbolo colonialista o di fare “rainbow washing“; cioè cercare di porre l’accento sulle tematiche lgbtqia+ per coprire in realtà ciò che c’è di losco e negativo su un tema, in questo caso, distrarre dalla guerra e dalle azioni militari di Israele.
Per citare alcuni episodi degli ultimi anni, che rientrano nella definizione IHRA di antisemitismo, nei Roma Pride del 2022 e 2023, nonostante la presenza ebraica fosse supportata dall’associazione Mario Mieli che organizza la manifestazione, si sono fatte sentire le accuse di rainbow washing e i cori sulla Palestina, con un antisionismo antisemita che è continuato anche sui social nelle settimane successive al pride.
In quel periodo si parlava di gruppi piuttosto ristretti, spesso universitari, che hanno provveduto per il 2023 anche ad organizzare un “anti-pride” annoverando la nostra presenza tra le ragioni per boicottare la manifestazione.
Dopo il 7 ottobre abbiamo visto però un’inaccettabile diffusione di questo modo di pensare e di esprimersi nei confronti di qualsiasi associazione ebraica. Nonostante Keshet abbia sempre ribadito di non voler trattare il tema del conflitto, i nostri membri sono stati bersagliati da pesanti accuse durante le riunioni per il coordinamento del pride, e costretti a esprimere la loro opinione con metodi inquisitori.
Poiché tutte le associazioni incontrate, da statuto, non dovrebbero occuparsi di conflitti internazionali ma incentrarsi sul contesto italiano, è stato fondamentale scrivere una lettera aperta a tutte le associazioni queer italiane che si sono schierate sul tema, in cui si sottolineava il bias verso gli ebrei e l’inadempimento a questa regola solo ed esclusivamente nel caso del conflitto israelo-palestinese.
Ad ottobre, in un contesto queer europeo, ci si è trovati costretti ad affrontare il tema di Israele nonostante, per via del momento delicato, Keshet abbia espressamente chiesto di tenere la guerra fuori dal seminario, e siamo stati rassicurati che così sarebbe stato, promessa ovviamente non mantenuta e anzi, un intero panel è stato dedicato al conflitto da una task force “antirazzista”
In quel contesto, siamo stati accusati di fare “diplomazia” per lo stato di Israele, e con lettere anonime è stata fatta pressione sul membro di Keshet che aveva espresso una critica nei confronti del linguaggio antisemita usato, dalla task force che dovrebbe proprio occuparsi di razzismo.
Nonostante un collegamento esplicito con Israele non ci sia, la continua associazione della nostra bandiera a simbolo sionista, ha reso impossibile per Keshet non commentare, denunciando l’antisemitismo in occasione delle ultime manifestazioni femministe di Non Una Di Meno, che sul tema di Israele e Palestina hanno palesato che i simboli ebraici non fossero i benvenuti e che di femminismo israeliano o ebraico non volevano sentir parlare.
Al tempo stesso, nei contesti ebraici Keshet chiede da diversi anni un aiuto e un ascolto concreto, la doppia discriminazione è una realtà difficile da navigare e la fierezza con cui in ambito ebraico si parla dei diritti civili per le persone queer in Israele, sembrava una buona occasione per cercare di portare la stessa sensibilità e altrettanto orgoglio nel parlare di questi temi nelle comunità della diaspora.
Si prospettano mesi pieni di lavoro per gli ebrei LGBTQIA+, soprattutto in vista della manifestazione del pride a giugno, dove gli alleati delle persone ebree sono sempre meno. L’incontro del 1° maggio è stato estremamente positivo in questo senso: sono state raccolte testimonianze di associazioni queer solidali con gli ebrei, a partire da Certi Diritti, associazione radicale che è stata parte integrante dell’evento tramite l’intervento di Yuri Guaiana, che ha portato l’esperienza del suo gruppo e gli attacchi che essere percepiti come ebrei attira su chi non ha una posizione del tutto anti-israeliana. Certi Diritti è ormai un grandissimo alleato e ha espresso anche la volontà di aiutare Keshet in contesti ostili, ma anche ex membri dell’Anpi, il comitato Gay, Lesbiche Bisessuali e Transessuali di Prato, membri di Agedo e di Plus, associazione che si occupa di persone con l’HIV hanno reso noto che non siamo gli unici a riscontrare queste forzature discriminatorie nei discorsi sulla Palestina e ci hanno ricordato che spazi in cui siamo i benvenuti esistono.
Keshet non ha mai sentito la vicinanza dei suoi alleati non ebrei quanto il 1° maggio, e la vicinanza della propria comunità sarebbe senza dubbio altrettanto fondamentale.
Keshet ha una decina di volontari attivi, è una realtà ancora piuttosto piccola ma siamo una voce ebraica che si fa senz’altro sentire ed è fondamentale che chi ci sente, ascolti davvero.
Comunicato Keshet Italia – 21.11.23-3.pdf
Donne transfemministe ebree di Keshet Italia contro piattaforma NUDM 8 Marzo-1.pdf
Una risposta
Un plauso al vostro coraggio e alla vostra determinazione, avanti così e molti auguri