Si rinnova l’interesse per l’ebraismo del meridione
Giulio Disegni, vicepresidente Ucei e delegato per il meridione, illustra su Riflessi le iniziative avviate e quelle che si preparano per l’ebraismo del Sud Italia
Giulio, che anno è stato per l’ebraismo del meridione?
Il 2023 ha confermato, ed anzi incrementato, la tendenza in essere già da diversi anni di un Sud Italia desideroso di conoscere sempre più da vicino l’ebraismo in tutti i suoi molteplici aspetti, religiosi e rituali anzitutto, ma anche culturali, sociali, antropologici. Abbiamo cercato, come Unione delle Comunità in condivisione con la Comunità Ebraica di Napoli, di dare maggior concretezza rispetto al passato ad un progetto, il “Progetto Meridione”, nato circa 15 anni fa per volere dell’allora Presidente Renzo Gattegna, cercando di far rivivere, talvolta anche solo un giorno o poche ore, molte realtà ebraiche del Sud Italia, organizzando diverse iniziative e incontri non solo in Calabria, la Regione che ha forse mostrato il maggior interesse a raccontare il suo retaggio ebraico, ma anche in Sicilia e in Puglia, e da ultimo anche in Basilicata, terre tutte che furono ricche di presenze ebraiche e di connessioni tra mondo ebraico e società circostante fino ai primi decenni del XVI secolo, quando ci fu lo “strappo” con la cacciata degli ebrei da tutto il Sud Italia in base ai decreti del 1492 dei regnanti spagnoli Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia.
La novità più recente è stata l’inaugurazione della Sezione catanese della Comunità Ebraica di Napoli. Ci puoi spiegare come è nata e chi ne fa parte?
In termini di tempo, è la novità più interessante: la Comunità Ebraica di Napoli ha, come noto, la giurisdizione su un territorio vastissimo, sicuramente l’area più grande d’Italia. Nel tempo, nell’ambito proprio del Progetto Meridione, ha scelto di strutturare e organizzare nuclei, anche piccoli, di ebrei dislocati nelle varie Regioni del Mezzogiorno e lo ha fatto con l’unico strumento possibile, previsto all’art. 4 bis dello Statuto dell’ebraismo italiano, ossia la creazione di Sezioni della Comunità. Così, dopo l’istituzione delle Sezioni di Trani e di San Nicandro in Puglia, di Palmi in Calabria e di Palermo, ora la Sicilia ha una seconda Sezione a Catania, istituita di recente dalla Comunità di Napoli. Qui vivono da tempo alcuni ebrei, per lo più israeliani o di altre nazionalità, iscritti alla Comunità di Napoli.
Chi la guida?
Moshè Ben Simon è stato designato quale Delegato di Sezione. Israeliano, guida turistica, con profonda conoscenza della Sicilia ebraica, Ben Simon, che da decenni vive nella città siciliana, ha in mente diverse iniziative e attività per coinvolgere i membri del gruppo, aggregarne altri per incrementare il nucleo ebraico catanese, intensificare il rapporto con le istituzioni e le associazioni culturali, anche della vicina Siracusa, città dove non vivono ebrei, ma in cui è molto attiva l’associazione che gestisce l’antico Miqvè, guidata dall’ infaticabile Amalia Daniele di Bagni.
Questa nuova Sezione può essere interpretata come un rinnovato interesse dell’Ucei per il meridione?
Più che di rinnovato interesse, direi che vi è una continuità nel disegno che Ucei con la Comunità di Napoli stanno portando avanti, ormai da diversi anni, di una mappatura sempre più completa delle diverse istanze che il Sud via via presenta: non è certo un percorso semplice, perché si tratta di dar voce ad esigenze sentite, ma sovente differenti, che stanno però delineando un panorama nuovo e interessante in un’Italia ebraica sino ad ora, per evidenti ragioni numeriche, “incentrata” soprattutto sul Nord e sul Centro Italia. Ora occorre una presa d’atto più consapevole di una realtà, riconosciuta dall’Ucei e dalla Comunità di Napoli, che vede positivamente nuovi presidi e centri ebraici, in un’area davvero vastissima e ricca di beni culturali e tracce di un ebraismo secolare.
Dove però gli ebrei presenti sono una realtà molto piccola…
Devo aggiungere: realtà piccola sì, quanto ai numeri esigui di una presenza ebraica, cancellata dalla storia; ma che vuole esserci, ma allo stesso tempo grande, se si pensa all’impatto che l’emergere di questa realtà ha sulle istituzioni e sulle amministrazioni locali. E tutto questo serve anche per combattere pregiudizi diffusi e antisemitismo dilagante.
Quali sono, al momento, le difficoltà principali nel recuperare le tracce dell’ebraismo in terre molto lontane dalle comunità ufficiali?
le difficoltà sono legate principalmente alle poche forze “in campo”, che devono monitorare un’area molto vasta. L’Ucei e la Comunità di Napoli devono seguire ormai diversi piani di azione: da un lato, quello degli ebrei iscritti alla Comunità di Napoli, ai quali occorre fornire contenuti, lezioni, incontri, che avvengono per lo più in occasione di festività ebraiche, con il Rabbino di Napoli, Cesare Moscati, che “corre” da una parte all’altra delle Regioni che si trovano nella giurisdizione di Napoli; dall’altro lato, sono molte le richieste di persone vicine al mondo ebraico, che manifestano un interesse autentico per la storia, la cultura e le tradizioni ebraiche in terre ove la presenza ebraica ha lasciato tracce e segni importanti, di cui si avverte la mancanza. A tutto ciò si aggiunge il rapporto fondamentale con le istituzioni e le amministrazioni locali, la presenza in manifestazioni pubbliche che hanno a che fare con il mondo ebraico, tanti momenti in cui bisogna esserci.
Qual è l’interesse che si registra da parte delle istituzioni locali verso il mondo ebraico e le tracce presenti al sud?
L’interesse delle istituzioni è notevole. Ad esempio in Calabria, la Regione ha avuto una grande intuizione, quella di narrare la storia e la cultura del territorio anche attraverso l’ebraismo. Come ha dichiarato il Governatore Roberto Occhiuto in occasione del Convegno a Santa Maria del Cedro sulle 130 Giudecche della Calabria: “L’obiettivo è “di fare rete tra diverse istituzioni per valorizzare ciò che abbiamo, come i molti presidi della cultura ebraica presenti in varie località: una possibile leva per investire in un turismo non focalizzato solo sul mare, la montagna, la bellezza del paesaggio, ma anche su ciò che l’uomo ha lasciato”. In altri termini, l’ebraismo può rappresentare, in una realtà complessa e ricca di aspettative ma anche di emergenze, un veicolo importante che permette di leggere e di raccontare la storia della Regione anche attraverso occhi differenti abituati da sempre allo studio e alla riflessione, ma anche alle fughe e all’esilio, alla messa al bando e al tempo stesso all’inserimento e al coinvolgimento nella vita e nella società del territorio. E questo è avvenuto grazie al lavoro instancabile di persone come Roque Pugliese, Delegato della Sezione di Palmi per la Calabria, che da anni opera nel vasto territorio della Regione per far conoscere la nostra storia e le nostre tradizioni a cittadini assetati di sapere e ad amministratori che vantano come un fiore all’occhiello la vicinanza e la voglia di fare, per divulgare una cultura che è parte dell’identità stessa della Calabria.
Qui si è registrato un rinnovato interesse della Regione e di moltissime amministrazioni locali grazie anche al percorso Jewish Calabria ideato e messo in atto con grande passione dal massmediologo Klaus Davi, che ha creato occasioni di incontro significative e riuscitissime in diversi centri, quali Santa Maria del Cedro, Reggio Calabria, Nicotera e Bisignano. ricordo poi, lo scorso settembre, la marcia interreligiosa per la pace a Santa Maria del Cedro (nella foto di copertina, n.d.a.). Ma vi è anche un’altra realtà, che potremmo definire “esterna” in zone che sono state importanti centri ebraici nei secoli passati e in cui oggi non vivono ebrei, ma nelle quali le amministrazioni locali si impegnano per divulgare e organizzare iniziative (penso al Comune di Nicotera, che vanta una delle più antiche e meglio conservate Giudecche e che in molte occasioni collabora con le istituzioni ebraiche, o a quello di Vibo Valentia, con il cui Sindaco l’Ucei ha firmato pochi mesi fa un “Patto di Amicizia”, il primo del genere in Italia, per “instaurare una proficua collaborazione ed uno scambio che punti all’amicizia reciproca, alla promozione culturale, alla valorizzazione delle tradizioni, alla promozione turistica ed allo sviluppo socio economico dei territori”).
Passando alla Sicilia, va sottolineato che a Palermo si è diffusa da tempo, grazie alla meritoria opera di Evelyne Aouate, troppo presto scomparsa, la cultura del dialogo tra le grandi religioni monoteiste e l’attenzione sia alla storia degli ebrei siciliani, sia alle tradizioni e ai riti ebraici secolari. questo fenomeno ha permesso al nucleo ebraico palermitano di avere una considerevole visibilità che ha portato, tra le altre cose, alla concessione in comodato dell’antico Oratorio Santa Maria del Sabato per realizzarvi la futura Sinagoga.
Ci sono nuove iniziative in programma per l’ebraismo del sud Italia nel 2024?
Anzitutto continueranno le iniziative e le attività svolte in questi anni, oltre a lezioni e incontri con Rav Moscati, organizzazione di festività ebraiche, convegni su storia e cultura. Sarà poi importante avere l’intero ebraismo del Sud collegato in rete, in modo da poter condividere tra le varie città e le varie Sezioni della Comunità di Napoli tutto quanto sia di interesse per l’una o per l’altra. Tra i prossimi obiettivi, sicuramente quello di seguire il percorso identitario di altri gruppi ebraici in altre città del Meridione, in attesa di fare un passo avanti per strutturare e organizzare la loro dimensione comunitaria. Recentemente siamo stati con Rav Moscati a Taranto, dove abbiamo colto da parte di diversi ebrei che vivono in città e in paesi limitrofi l’esigenza di strutturarsi e diventare Sezione di Comunità, esigenza che è sentita sia in chi, come Eugenia Graubar, da anni organizza attività ebraiche a Taranto, sia nelle istituzioni locali che chiedono di rapportarsi a un’entità, più che a una singola persona, in occasione di manifestazioni condivise.
E poi, recentissima, in occasione del Convegno “Tracce ebraiche” organizzato per il secondo anno da un’attivissima associazione culturale lucana, la scoperta di un piccolo gruppo di ebrei a Matera. C’è voglia anche da parte loro di essere “in rete” e operare sul territorio e già sono stati organizzati momenti di incontro in occasione di feste ebraiche. Altro obiettivo che si spera di poter realizzare presto, un Raduno dell’Ucei in una delle molte località ebraiche del Mezzogiorno. Insomma, una realtà composita quella del Sud ebraico, che può rivelarsi foriera di ricadute positive sotto molteplici punti di vista, non solo quello religioso, ma quello culturale e turistico. Senza dimenticare che ricostruire questa identità apparentemente perduta comporta uno sforzo immane in termini di volontà, energie, impegno, responsabilità collettive e individuali.