Il secondo di Mohammed Alì era ebreo
“Mi hai reso il più grande!” Così Cassius Clay – Mohammed Ali – salutò per l’ultima volta, con un mazzo di fiori e un biglietto, il suo secondo e amico di una vita, l’ebreo Drew Brown, detto Bundini.
Il loro, infatti, fu uno dei più straordinari sodalizi della storia della boxe: due uomini di colore, due personalità forti e a tratti contrapposte, che avevano saputo trovare uno nell’altro.
Drew Brown, nato da una povera famiglia nera della Florida nel 1928, negli anni ’50 si era convertito all’ebraismo per sposare una donna ebrea bianca, Rhoda Palestine: un matrimonio non certo ben visto nell’America dell’epoca, che osteggiava le relazioni inter-razziali. A 13 anni si era arruolato per combattere nella Marina, mentendo sulla sua età; successivamente si era trasferito ad Harlem dove frequentò l’ambiente del jazz, diventando amico di James Baldwin e Miles Davis e lavorò per un altro famoso campione di box, Sugar Ray Robinson.
Fu proprio Robinson che lo presentò nel 1963 a Mohammed Ali, allora ancora Cassius Clay. E fu subito un’intesa perfetta.
Drew Brown non era solo il secondo del grande campione, era anche il confidente, l’ispiratore, il poeta: suoi i famosi versi “vola come una farfalla, pungi come un’ape“, usati da Ali schernire Sonny Liston alla conferenza stampa prima della sua vittoria del 25 febbraio 1964 sul campione WBA e WBC per rivendicare entrambi i titoli.
Quando nel 1964 Mohammed Ali si convertì all’Islam e divenne seguace della Nazione dell’Islam, nonostante le pressioni Brown restò ebreo; sosteneva che la religione non avesse nulla a che fare con un rapporto che li vedeva uniti come esseri umani, con molte più cose in comune di quello che si poteva pensare, indipendentemente dal modo di pregare.
Prima del famoso “Rumble in the Jungle” di Ali nel 1974 contro George Foreman in Zaire, Brown disse: “Ricorda quello che ho detto: è tutto scritto scritto. Questa è la chiusura del libro. Il re ha guadagnato il suo trono uccidendo un mostro, e il re riconquisterà il suo trono uccidendo un mostro più grande. Questa è la chiusura del libro“. E infatti Ali vinse la lotta per rivendicare il titolo dei pesi massimi.
Dopo esperienze di alcolismo e droga (vendette una cintura di Ali in cambio di eroina), Brown morì in povertà nel 1987, all’età di 59 anni, per complicazioni a seguito di un incidente stradale. Mohammed Ali fece in tempo ad andarlo a trovare in ospedale, ma non riuscì a essere presente al suo funerale.