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Ebrei in Albania: quello che non ti aspetti

Lo stato incastonato nei Balcani ha un legame forte e poco conosciuto con gli ebrei

Nei primi anni ’90, per ragioni mie personali ma anche d’impresa, ho avuto modo di frequentare con una certa regolarità l’Albania; di conoscerne la realtà economica e politico-sociale, ma anche di prendere contatto con alcuni aspetti della cultura e della storia di quel popolo.

una vista di Tirana, capitale albanese

Nel ’91 ebbi modo di stabilire una relazione abbastanza stretta con un ingegnere meccanico particolarmente capace ed intellettualmente vivace, responsabile a Durres di una linea produttiva in una azienda alimentare, provvisoriamente in stallo in quegli anni di drammatica crisi politico-istituzionale del Paese.  Ricordo che un giorno quell’ingegnere, stimolato forse dall’essere venuto a sapere delle mie origini ebraiche, si ricordò di aver avuto tra i suoi dipendenti un elettricista particolarmente capace nel suo lavoro, ma anche più istruito della media operaia, conoscitore di alcune lingue straniere (tra le quali una “stranamente aspra nel suono” ed incomprensibile), di nome … Levi!  Incuriosito chiesi se potesse mettermi in contatto con quell’elettricista, ma la risposta fu che, purtroppo, aveva perso quel contatto dalla sospensione del lavoro dell’azienda in cui lavorava, e non sapeva come ritrovarlo. La cosa mi dispiacque; volentieri avrei cercato di saperne di più.

Durazzo

Qualche mese dopo, tornando in volo da Tirana a Roma, sull’aereo scambiai qualche parola con i membri di una famiglia che non si preoccuparono di dichiararsi ebrei, anzi mi parvero orgogliosi di farlo, e mi informarono che a Roma  li aspettava la coincidenza con il volo per Israele, paese che aveva loro concesso non solo il visto, ma anche le risorse per il viaggio, cui sarebbe probabilmente seguita la cittadinanza!  La cosa mi colpì, ed al successivo viaggio nel “Paese delle Aquile” sollecitai un incontro con un giornalista di mia conoscenza che lavorava presso l’”Adriatiku”, il giornale regionale locale, cui espressi le mia curiosità circa i fatti di cui avevo avuto informazione e la faccenda dell’incontro con la famiglia di cui sopra.  Il giornalista mi disse di sapere qualche cosa a proposito dell’interessamento, in quegli anni burrascosi, dell’ambasciata israeliana per la ricerca di ebrei nel territorio albanese, e del loro eventuale trasferimento in Israele, ma di non sapere di più.  Su mia sollecitazione si interessò circa le mie curiosità, ed aggiunse solo che, storicamente, in Albania la presenza ebraica, sia pure in maniera quantitativamente molto modesta (mi parlò di pochissime migliaia), risaliva al tempo del dominio ottomano, sotto il quale gli risultava che nessun gruppo religioso fosse stata oggetto,  in quanto tale, di specifico ostracismo, salvo il fatto di essere sottoposto ad un regime fiscale diverso da quello relativo alla popolazione mussulmana.

1939: ragazzi ebrei in Albania

Peraltro poteva riferire che gli ebrei, nell’opinione popolare, erano considerati piuttosto positivamente, in quanto ottimi lavoratori nello specifico delle loro attività, e generalmente come gente dotata di un un livello di istruzione più alto della media.

Negli anni successivi, grazie ad Internet,  ho mantenuto  buoni rapporti con l’amico giornalista che mi ha mantenuto informato sui temi di mio interesse, e nello specifico della questione mi ha inviato la foto di una decina di ragazzini indicati come ebrei, scattata a Durazzo, risalente al 1939, unitamente ad alcune sommarie informazioni (facilmente reperibili sulla rete) secondo le quali la presenza ebraica in Albania venne costituendosi nel 16° secolo, dopo la loro cacciata dalla Spagna; successivamente il loro numero, stando ad alcune registrazioni, sarebbe cresciuto, anche se non superò mai le due migliaia, per poi mantenersi su quel livello fino alla fine dell’’800.  Lo sfacelo dello Stato Turco, soprattutto nell’area balcanica, comportò in Albania una significativa riduzione  della componente ebraica della popolazione che tese in gran parte ad emigrare verso Oriente.

Gli ebrei in Albania sotto il fascismo a cura di L. Brazzo e M. Sarfatti (Giuntina 2011)

Nel ’39, epoca dell’invasione italiana, questa era ridotta a circa 200 unità censite come tali nei registri demografici.

Le vicende belliche, ed il virulento antisemitismo germanico e slavo diffuso nell’Est-Europeo e nei Balcani, comportarono un difficoltoso flusso migratorio dagli stati viciniori verso la Turchia ed il Medio-Oriente, ma in parte modesta anche verso l’Albania, dove il pregiudizio antiebraico non aveva attecchito, per arcaiche ragioni di cultura popolare su cui non mi soffermo, ma che andrebbero indagate, ed anche per una certa indisponibilità degli occupanti italiani alla rigorosa applicazione della legislazione razziale fascista, tanto che, alla fine della guerra, in Albania i residenti ebrei risultavano addirittura dieci volte più numerosi che nell’anteguerra.

Il museo Solomon di Berat custodisce documentazione sul salvataggio della comunità ebraica albanese

Caso unico, ancorché modesto per numeri assoluti, in Europa!!  Non a caso, negli anni successivi, a quasi duecento cittadini albanesi fu riconosciuto da Israele il titolo di “Giusto tra i Popoli”.

 

 

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