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Il battesimo forzato: una questione chiusa?

Stasera Marco Cassuto Morselli dialoga con Marco Bellocchio a proposito del film “Rapito”. Al centro del film, il battesimo forzato di un bambino ebreo: una storia del passato?

Il codicillo 868 §2

Il diritto canonico è l’insieme delle norme giuridiche formulate dall’autorità ecclesiastica al fine di regolare l’attività interna della Chiesa nonché le sue relazioni con la società esterna. Il termine canonico deriva dal greco kanón che significa “regola”.

Il codice di diritto canonico attualmente in vigore nella Chiesa cattolica venne promulgato da Giovanni Paolo II nel 1983, in sostituzione del precedente codice promulgato da Benedetto XV nel 1917. Si avvertiva infatti l’esigenza di fornire una declinazione giuridica dei nuovi aspetti teologici e pastorali del Concilio Vaticano II (1962-1965).

Il canone 868 §2 del codice attuale recita: «Il bambino di genitori cattolici e persino di non cattolici, in pericolo di morte è battezzato lecitamente anche contro la volontà dei genitori».

Paolo Pierobon (Pio IX) ed Enea Sala (il piccolo Edgardo) nel film “Rapito”

Il film Rapito ha riacceso l’attenzione e fatto conoscere a un pubblico più vasto la vicenda di Edgardo Mortara (1851-1940), un bambino ebreo di neppure 7 anni che nel 1858 a Bologna venne sottratto alla sua famiglia per ordine di papa Pio IX, in quanto sarebbe stato battezzato di nascosto da una fantesca cattolica che lo credeva in fin di vita. Portato a Roma nella Casa dei catecumeni, fu educato alla fede cattolica e a nulla valsero tutti i tentativi della famiglia, della comunità ebraica di Roma e di altre comunità e organizzazioni ebraiche per riportarlo a casa.

La sua vicenda non è affatto unica, anzi rappresenta la regola dei comportamenti ecclesiastici nei confronti degli ebrei, determinati da quello che si riteneva essere un dovere assoluto: salvare la loro anima. Nei secoli gli adulti e i bambini che subirono le conseguenze di questa politica conversionistica sono stati numerosissimi. Nel 1542 venne fondata a Roma la Casa dei catecumeni: la documentazione è frammentaria, ma sappiamo che considerando solo gli anni tra il 1542 e il 1563 furono registrati 141 battesimi. Chi arrivava alla casa poteva indicare altre persone che secondo lui erano suscettibili di conversione, in particolare i minori, e costoro venivano prelevati e lì rinchiusi.

Anche durante la Shoah vi furono numerosi casi di bambini ebrei affidati dai genitori a conoscenti nell’imminenza della loro cattura, che furono battezzati e non riconsegnati alla famiglia dopo la guerra. I casi più noti si verificarono in Francia, al convento di Notre-Dame-de-Sion a Grenoble dove furono trattenuti una trentina di bambini, in particolare i due fratelli Robert e Gerard Finaly. I bambini furono restituiti solo dopo l’arresto della madre superiora del Convento, ordinato dai giudici francesi. La regola ribadita allora era la seguente: «Se i bambini sono stati affidati dai loro genitori e se i genitori ora li reclamano potranno essere restituiti, a condizione che i bambini stessi non abbiano ricevuto il battesimo».

i fratelli Finaly

Nonostante gli indubbi progressi del dialogo ebraico-cristiano negli ultimi decenni, rimangono ancora dei problemi da affrontare. Uno di questi è proprio il codicillo 868 §2. Nella Comunità ebraica di Roma sono tutt’ora presenti memorie familiari del periodo del Ghetto, quando il rumore di una carrozza che entrava suscitava il terrore, porte e finestre venivano sbarrate e i bambini nascosti per evitare che fossero portati via. È vero che i tempi sono cambiati, e la norma è in disuso, ma il fatto che tuttora permanga viene usato come argomento per chi vuole sostenere: «Non è cambiato nulla, il dialogo è inutile, non porta a niente». La cancellazione di quella norma avrebbe un enorme impatto sulle Comunità ebraiche, non solo a Roma, ma in tutto il mondo.

Anche molti amici cattolici del resto la considerano un residuo del passato, di quando si sosteneva «nulla salus extra Ecclesiam» (ossia non c’è salvezza al di fuori della Chiesa cattolica), una norma non più coerente con i principi di Nostra Aetate, con il riconoscimento che «la prima alleanza non è mai stata revocata» (Giovanni Paolo II, Magonza 1980) e con quanto affermato da Benedetto XVI nel 2018: «Una missione agli ebrei non è prevista e non è nemmeno necessaria. È vero, Cristo ha inviato i suoi discepoli in missione presso tutti i popoli e tutte le culture, per questo il mandato della missione è universale – con un’eccezione: la missione agli ebrei non era prevista e non era necessaria semplicemente perché solo loro, tra tutti i popoli, conoscevano il ‘Dio sconosciuto’» (“Herder Korrespondenz”, dicembre 2018).

la locandina dell’incontro di questa sera

Nel 60° anniversario della scomparsa di Giovanni XXIII e di Jules Isaac (dal cui incontro nel 1960 si può dire abbia avuto inizio il dialogo ebraico-cristiano) l’abrogazione del codicillo 868 §2 sarebbe una testimonianza di fronte a coloro che ritengono che nutrono diffidenza e sospetto nei confronti del dialogo ebraico-cristiano e un bellissimo segno di speranza.

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intervista a Barbara Ronchi

2 risposte

  1. L’abrogazione del codicillo 868 §2 non sarebbe ma è una” testimonianza di fronte a coloro che nutrono diffidenza” nel dialogo ebraico-cristiano. Aggiungo che la Missione cristiana verso il popolo d’Israele non era necessaria e per ovvi e palesi motivi a tutti. Questa scelta è stata fatta per motivi politici e non religiosi. C’è molto da rivedere nella dottrina cristiana per quanto riguarda il popolo d’Israele, a cominciare dallo stesso Gesù di Nazèret, le cui radici ebraiche nel corso dei secoli sono state recise. Il suo posto è a Gerusalemme non a Roma!

  2. dialogo ebraico-cristiano? A porte chiuse forse. Gira voce che gli ebrei vogliono dominare il mondo. E parte un insulto. Mancanza di cultura storica del popolo ebraico. Quanti sono ebrei senza saperlo?
    Andai per un contratto d’affitto. La signora sussulto’ indietreggiando: “è lei?” – “si, sono io. Di chi parlava?” Mi affitto’ una casa con incisa, sul pavimento, una grande stella di Davide.
    Un uomo mi vide due volte in centro città, agitandosi così tanto da attirare la mia curiosità. Mi confondeva per qualcun altro. Chi?
    Parlo con un signore al telefono, mi disse che sono ebrea, per il cognome. Ma è italiano!
    Gli rispondo di no. Insiste e mi manda in crisi di identità.
    Rivedo i campi di sterminio.
    Questo non sarebbe il mio cognome? Dalla deportazione ad oggi!
    Conosco le scritture.
    ISAIA 56:6,7
    Non c’è una spiegazione per l’odio verso un popolo, ma basta agitare le masse.

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