Il fascismo non è morto
Da tempo si rincorrono iniziative dei partiti di destra per intitolare strade e luoghi pubblici a esponenti del fascismo. Come interpretare questo tentativo negazionista di riscrivere la storia italiana? Ne abbiamo parlato con la storica Anna Foa
Nelle ultime settimane si registrano vari tentativi da parte dei partiti della Lega e di Fratelli d’Italia di legittimare il fascismo: mi riferisco al tentativo di estendere il reato di negazionismo anche ai giudizi sulle foibe, a quello del consiglio comunale di Alessandria di intitolare una strada a Giorgio Almirante e alla dichiarazione del leghista Durigon di intitolare il parco di Latina non più a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino, ma ad Arnaldo Mussolini. Secondo te è il solito gioco estivo di certa politica che vuole far parlare di sé, o c’è qualcosa di diverso?
Interpreto questi tentativi come una tendenza pericolosa, non certo folcloristica. Esprimono una voglia chiara di legittimare il fascismo. Si tratta non solo di volere riscrivere la storia, ma anche di rivalutare il razzismo. È una tendenza che va avanti da anni, sono piccole pietre che si accumulano, che contribuiscono tutte a rivalutare il fascismo. È una spinta molto forte e grave. Penso che questo paese non ha mai smesso davvero di essere fascista. Prima si è odiata la guerra degli Alleati al fascismo, perché si diceva che affamava gli italiani; poi nel dopoguerra si è odiato l’antifascismo. Studiando gli anni del dopoguerra si vede in effetti il permanere di questa tendenza costante, impressionante. Del resto i politici antifascisti, come mio padre (Vittorio Foa, n.d.r.), si dicevano convinti che il fascismo non fosse davvero mai morto nel nostro paese. Ora mi pare evidente che sia così. Lasciamo però dire anche una cosa sul dibattito relativo alle Foibe.
Prego.
Io credo che le parole di Gotor e della Santerini vadano in parte rettificate. Certo sono convinta che le foibe non siano comparabili alla Shoah. Esse vanno studiate, assieme all’esodo dei friulani, come parte di un movimento più vasto, fatto di scostamenti enormi di popolazioni, frutto della guerra nazista. Pertanto le foibe vanno studiate, va studiata tutta la politica fascista verso l’Istria, e va respinto ogni negazionismo. Però non se ne esce dicendo solo che la Shoah non è comparabile a nulla. Come storica, credo che la Shoah possa essere comparata con i genocidi del Novecento. Non serve cioè esaltarne l’unicità, altrimenti il mestiere dello storico scompare.
Torniamo alla cronaca: Durigon è sottosegretario all’economia della Lega: secondo te il governo dovrebbe esprimersi a riguardo?
Guarda, io sono favorevole a questo governo, in questa situazione credo sia la migliore soluzione possibile. Detto questo, però credo che il presidente Draghi sulle frasi di Durigon dovrebbe dare segnale forte. Non è assolutamente accettabile la sua proposta, anche perché ricordo che il fratello di Mussolini, artefice di vasti casi di corruzione e intrighi, fu per questo causa nell’assassinio di Matteotti, che voleva denunciarli in Parlamento. Più in generale, evidenzio che ormai nessuno ha rispetto del ruolo istituzionale che occupa. Mi auguro così che Draghi consideri che la politica di non intervenire, attuata finora riguardo le tensioni tra i partiti di governo, ha dei limiti. E che dia un segnale forte.
E cosa pensi della Lega, che non ha smentito il suo sottosegretario?
Questa iniziativa è un ballon d’essai della Lega, per vedere fino a che punto ci si può spingere. Per questo le parole di Durigon sono molto gravi. Se le uniamo allo stillicidio delle parole di piccoli personaggi di istituzioni locali, senza che gli sia mai successo nulla, si capisce che dietro c’è strategia.
Eppure la Lega di Salvini si dichiara apertamente amica di Israele: come giudicare questa ambivalenza?
Penso che dentro la Lega ci sia una forte componente attenta e favorevole al fascismo, sia pure mascherata da parole come sovranismo e razzismo. Su Israele, purtroppo in passato il governo israeliano ha voluto dare credito a questo flirt. L’idea di essere “amici”, in politica, per me non ha senso. In politica non basta dire di essere amici per liberarsi dei comprimessi e delle reticenze col passato. Speriamo che ora anche in Israele lo si sia capito.
Durigon sostiene che il nome del parco di Latina va cambiato per “tutelare le radici” del territorio. È una frase che mi ha colpito, perché individua le radici di una parte d’Italia non nella lotta alla mafia, ma nel fascismo. Tu che ne pensi?
Forse siamo qui di fronte a un passo ulteriore rispetto al passato. È la prima volta infatti che la lotta all’antimafia viene messa da parte per esaltare delle figure fasciste. Prima anche a destra nessuno toccava Falcone e Borsellino, ora non è più così. La lotta alla mafia passa in secondo piano. Dobbiamo domandarci se andiamo incontro a una riconsiderazione dell’impegno antimafia, se insomma qui non ci sia anche una scelta giustificazionista della mafia.
Perché in Italia si continua a voler riscrivere la storia?
L’attenzione per il personaggio Mussolini, anche da parte degli antifascisti, è quasi un’ossessione. Per capirlo dobbiamo pensare alle immagini di Trieste nel settembre del 1938 (quando fu annunciata la politica antisemita del fascismo, n.d.r.), o quando a piazza Venezia la folla esalta l’ingresso in guerra dell’Italia. C’è stata allora una rottura dell’ideale liberale, di cui non ci siamo resi conto, e che continua. Questo paese ha profonde radici fasciste. Mussolini insomma attira ancora, e che sia stato antisemita sembra essere un problema che riguarda solo la storiografia. Non dobbiamo dimenticare che siamo stati il primo paese fascista in Europa; tutto è nato nel nazionalismo della prima guerra mondiale, credo.
C’è un antidoto a tutto questo?
È difficile dirlo. Certamente occorre studiare, ma i frutti si avranno nel lungo periodo. Certo, anni fa pensavo che con la morte degli ultimi gerarchi questa nostalgia si sarebbe attenuata, ma oggi vedo che non è così.
Cosa pensi dell’idea, rilanciata anche da Miguel Gotor, di progettare un museo del fascismo?
Sono favorevole purché ovviamente sia un luogo di studio e di riflessione sul fenomeno del fascismo. Per questo non può certo avere sede a Predappio, che è luogo simbolico che concentra odio o esaltazione, passioni che non consentono la riflessione storica.
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