Un’associazione per difendere Israele e la democrazia liberale
Stefano Parisi e Anita Friedman sono gli ideatori dell’associazione “Setteottobre”, nata per reagire a pregiudizi e antisemitismi
Stefano Parisi, che cos’è l’associazione “Setteottobre”?
Il 7 ottobre è un giorno da cui non torneremo più indietro, non solo per quel che è accaduto in quella giornata, ma soprattutto per quel che è successo dopo, qui da noi in Occidente.
A cosa ti riferisci?
Abbiamo visto un’importante fetta dell’opinione pubblica sostenere apertamente Hamas invece di sostenere un paese democratico e liberale come Israele. È emerso in molte manifestazioni un moto di forte antisemitismo, più radicato e diffuso di quanto si immaginasse. È per questo che ci siamo detti che non potevamo stare fermi, e rischiare che domani i nostri figli o i nostri nipoti ci accusassero di non aver fatto nulla di fronte al rischio della fine dell’occidente come l’abbiamo sempre conosciuto. E così è nata l’associazione “Setteottobre”. Il nostro obiettivo è mettere insieme persone unite da una comune volontà di difendere e riaffermare i valori occidentali contro il degrado che essi stanno subendo. Difendiamo quindi Israele contro ogni forma di antisemitismo, e pensiamo che la politica non faccia abbastanza, e che quindi ci sia bisogno di un maggiore sforzo perché si possa comprendere gli enormi rischi che sta correndo la nostra libertà e le nostre comunità.
Da chi è stata costituita l’associazione?
Ci siamo mossi innanzitutto io e mia moglie, Anita Friedman, che l’abbiamo promossa. In pochissimo tempo abbiamo avuto il sostegno e l’adesione di tantissimi amici: l’ex ambasciatore Luigi Mattiolo, consigliere diplomatico di Mario Draghi a Palazzo Chigi e già ambasciatore a Tel Aviv; i giornalisti Anna Borioni, Pierluigi Battista, Daniele Scalise. E poi ancora Andrea Ruth Shammah, Gabriele Albertini. Ma le adesioni sono davvero tantissime, per ora non facciamo ancora elenchi, però posso dire che esse provengono dal giornalismo, dalla diplomazia, dalla cultura, dai manager. Insomma, c’è tanta gente che ha bisogno di ritrovarsi in una casa comune per dare il proprio contributo in questa battaglia. Speriamo di avere l’aiuto anche dei giovani. L’importante e avere la voglia di rimboccarsi le maniche.
Come è strutturata l’associazione?
Attualmente io sono il presidente del comitato direttivo. A breve avremo anche un comitato scientifico e ci organizzeremo in gruppi di lavoro che si occuperanno di comunicazione, relazioni internazionali, cultura e altro. Come dicevo vorremmo avvicinare i più giovani ma anche gli accademici e le persone di maggiore esperienza, per farle lavorare su progetti che mettano in evidenza l’importanza dei valori occidentali oggi in crisi, attaccati da un Occidente che sembra odiare sé stesso. Il nostro obiettivo successivamente sarà diffondere questi progetti nella società civile, nella scuola, nel sistema universitario. Il nostro obiettivo è salvaguardare ii nostri valori comuni. Lasciami dire che mi ha illuminato la lettura del libro di Jonathan Sacks, Morality, in cui è evidente il rischio che stiamo correndo: un “cambiamento del clima culturale” in occidente. Al contrario ritengo che dobbiamo difendere tali tradizioni, le cui radici trovano ampio riferimento nella cultura ebraica: penso alle libertà fondamentali, alla libera manifestazione del pensiero, all’autodeterminazione. Di fronte alla crisi di tali valori e al ritorno dell’antisemitismo, credo che nessuno possa sottrarsi dal partecipare a questa sfida epocale, e noi di “Setteottobre” daremo il nostro contributo.
Più concretamente, che iniziative intendete promuovere?
Da subito ci concentreremo sulla capacità di intervenire sui social, per frenare le comunicazioni di odio contro Israele e contro l’occidente. Vorremmo poi mettere sotto pressione la stampa, nessuna testata esclusa, che spesso ha dimostrato in queste settimane di tenere posizioni ambigue, se non ipocrite, o anche solo indifferenti o ignoranti. L’idea è di riuscire a confezionare dei prodotti mediatici da poter diffondere nella scuola e nell’università. Trovo gravissimo che soprattutto tra i giovani ci siano forme diffuse di ignoranza e di indifferenza, al punto che il mainstream vuole si parli solo dei palestinesi, con la conseguenza che chi vorrebbe esprimere la propria solidarietà a Israele si trova sotto pressione e spesso di fatto impedito a farlo. Nel medio periodo ci piacerebbe trasformare questi nostri sforzi in opere teatrali o musicali, insomma sperimentare linguaggi diversi. In questo ci potrà essere di molto aiuto André Ruth Shammah. Mi piacerebbe far girare opere di questo tipo nelle periferie oltre che nelle scuole. Infine ci rivolgiamo anche alla politica.
Un programma così impegnativo richiede anche delle risorse. Come intendete finanziarvi?
Al momento ci finanziamo con il contributo dei soci.
A proposito di politica, come ha reagito quella italiana ai fatti del 7 ottobre?
A parole tutti i partiti, a parte i soliti incalliti sostenitori dell’odio verso gli ebrei e verso Israele, hanno espresso solidarietà a Israele, ma il punto è che non ci si può fermare a delle semplici dichiarazioni. Occorrono invece fatti concreti. Al contrario, oggi vedo molta retorica e poca concretezza da parte della politica italiana, mentre il tema è proprio quello di essere chiari e netti.
A tuo avviso occorrerebbe vietare le manifestazioni Propal che si sono viste nelle settimane scorse?
Certamente no. Sono un liberale e rimango fedele ai miei principi; piuttosto, occorre riuscire a organizzare manifestazioni opposte a quelle che abbiamo visto.
Una di queste è stata la manifestazione del 5 dicembre a Roma.
Purtroppo ritengo che quella manifestazione, fermo restando la buona volontà degli organizzatori, abbia dimostrato l’enorme solitudine degli ebrei italiani oggi. Una manifestazione del genere non doveva essere organizzata dagli ebrei e non doveva vedere la partecipazione soltanto di ebrei. Invece abbiamo assistito a un palco su cui sono saliti tanti politici con tanta retorica contro l’antisemitismo e in difesa di Israele ma pochi fatti concreti. E invece era la società civile e anche la politica italiana che avrebbe dovuto avere la forza e la lucidità di fare come in Francia o in altri paesi: organizzare una grande manifestazione come quella di Parigi, con oltre 100.000 persone, in cui sarebbe stata la società italiana esprime solidarietà agli ebrei.
Quali sono le azioni concrete che secondo te è la politica italiana dovrebbe avviare nell’immediato?
Mi sembra che la politica, al di là delle frasi di circostanza, sia ancora poco consapevole dei rischi che noi viviamo, intendo dire nella nostra società.
A quali rischi fai riferimento?
Al fatto, ad esempio, che in Occidente continuano a essere raccolti soldi che poi vengono gestiti dai Fratelli musulmani. Oppure al fatto che in Italia oggi almeno 1/3 delle moschee sono finanziate da Stati come il Kuwait e il Qatar, che hanno legami noti e accertati con Hamas. Da liberale credo che ciascuno debba poter esercitare il culto della propria religione e quindi che anche i musulmani abbiano diritto ad aprire le loro moschee, ma è necessario chiedere la massima trasparenza sui flussi finanziari che sostengono tali attività e bloccare quelli che provengono da paesi o da organizzazioni che si pongono in contrasto con i nostri valori, bisogna controllare quello che dicono gli Imam nei loro sermoni, vietare qualunque richiamo alla violenza e all’odio e pretendere il pieno e reciproco rispetto della libertà religiosa per tutti.
Quando sarà ufficialmente presentata all’associazione?
Il 21 gennaio ci sarà un primo evento a Roma. Lo stiamo organizzando, il nostro obiettivo è in quell’occasione spiegare chi siamo e quali sono i nostri obiettivi. Successivamente, credo già a febbraio, saremo a Milano, al teatro Franco Parenti, dove vorremmo organizzare un incontro più ampio e articolato, ad esempio anche realizzando una vera rappresentazione teatrale, che poi potrebbe essere di portata anche nelle periferie del nostro paese.
Tu hai avuto anche un’esperienza politica nel recente passato. C’è la possibilità che l’associazione “Setteottobre” possa dare indicazioni a favore di qualche partito che ritenga più vicino ai vostri obiettivi?
Lo escludo completamente. Se facessimo qualcosa del genere tradiremmo lo spirito con cui ci siamo riuniti, nonché la fiducia di tutte le persone che si stanno avvicinando a noi che si stanno associando. L’associazione “Setteottobre” si prefigge, ripeto, soltanto un’azione culturale che vada a vantaggio e a sostegno della libertà di ciascuno. Poi, come ovvio, ciascuno farà le proprie scelte, ma noi come organizzazione siamo fuori dalla politica. Naturalmente intendiamo parlare con i politici, e se opportuno anche ospitarli, purché tutto si realizzi entro questa logica che ho descritto. Non intendiamo fare propaganda, ma partecipare alla difesa e alla ricostruzione di una società liberale e autenticamente democratica.
Una risposta
Ottima iniziativa. Aderisco senz’altro a questa Associazione. Conosco Israele perché mi sono recata in questo stupendo Paese per ben sei volte, ho fatto parte, in anni lontani, di un’Associazione di amicizia con Israele. Attualmente, per vari motivi, non posso svolgere, come in passato, una concreta attività di supporto, ma cerco, per quanto mi è possibile, di far giungere a coloro che incontro una voce diversa del solito, scontato main stream.
Cordialmente.
Mara Marantonio