Una nuova sede per aprirci (ancora di più) ai giovani studiosi e alla città
Gadi Luzzatto Voghera, direttore del CDEC, spiega cosa potremo aspettarci dai nuovi spazi e dalla nuova collocazione del Centro
Gadi, perché il Cdec cambia sede?
Anche se un po’ a malincuore, la verità è che era necessario, e forse anche opportuno, che si realizzasse questo trasferimento, peraltro progettato molto tempo fa e concretamente realizzato negli ultimi tre anni. Quando si pensò alla nascita dell’attuale Memoriale della Shoah, si immaginò di fare della biblioteca il suo cuore pulsante. E poiché già allora il Cdec aveva la più grande biblioteca sulla storia della Shoah in Italia, siamo stati subito coinvolti, e abbiamo accettato, di partecipare a questo progetto. Non ti nascondo che poi, all’idea di trasferirci, ci sia stata un po’ di resistenza, per il forte legame con via Eupili, in una palazzina che era stato il centro pulsante della comunità ebraica. Poi però è diventato sempre più chiaro il fatto che l’importanza della Stazione centrale di Milano e l’alto valore simbolico del Memoriale non potevano non prevedere la presenza del Cdec.
In cosa consistono i lavori che vi vedono interessati?
La progettazione dei nuovi spazi è stata affidata allo studio Morpurgo de Curtis, che aveva preso già in carico l’intero Memoriale e a cui anche noi abbiamo scelto di affidare gli spazi dei nostri uffici, per coerenza progettuale con il resto dell’area. Al centro dei lavori c’è la biblioteca, che vedrà disponibili moltissime sedute di studio – 20 posti al piano terra e altri 20 a quello inferiore. È una biblioteca finalmente visibile dalla strada e visibile dall’intera città. Si tratta non solo di un effetto estetico, ma culturale. In questo modo arrivare al Cdec infatti non significherà più chiedere appuntamento, entrare in una zona con pochi spazi, un po’ chiusa al suo interno. Al contrario, questo dove ci siamo trasferiti è un luogo aperto alla città, agli studenti in particolare.
Agli studenti di Shoah?
No! O meglio: non solo. Proprio qui è la novità. Questa sarà anche una biblioteca di quartiere, aperta non solo a chi vorrà continuare a studiare le persecuzioni e la storia degli ebrei, ma anche a chi, semplicemente, vorrà portarsi i propri libri; diventerà un luogo di incontro. Ci tengo molto a questo risultato: realizzare nella nuova biblioteca del Cdec una commistione di linguaggi, che credo diventerà la nostra nuova ricchezza.
Perché?
È un aspetto che ci interessa molto. Già oggi, con circa 7.000 accessi al mese, il Memoriale è uno dei più visitati luoghi di Milano. Contiamo di accogliere chiunque vorrà venire. Noi abbiamo un patrimonio specialistico, ma vogliamo essere un polo di interesse per tutti i giovani, che possono utilizzare uno spazio per loro; in questo modo speriamo di essere d’aiuto a creare nuove idee. E poi c’è il Memoriale, che offre un’aula didattica, che noi non avevamo, dove potremo fare seminari; e un auditorium, con 180 posti.
Ci sarà attenzione alla sicurezza?
Naturalmente. Il luogo è presidiato come tutti i luoghi di interesse ebraico, controllato 24 ore al giorno, e ogni accesso è filtrato.
Con chi avete realizzato il progetto?
Al centro ci sono le due Fondazioni, quella del Memoriale e quella del Cdec. Nella Fondazione del Memoriale, oltre a noi, siedono il Comune di Milano, la Regione Lombardia, le Ferrovie dello Stato, l’UCEI, la Comunità ebraica di Milano, i Figli della Shoah e Gariwo. Possiamo dire che la società civile c’è tutta. All’inaugurazione c’erano il sindaco, il presidente della regione, gli assessori alla cultura, la ministra Messa e il presidente della Camera.
Questa nuova sede vi aiuterà a immaginare nuovi obiettivi?
La spinta propulsiva è ciò che ci caratterizza da sempre. Oggi abbiamo 15 dipendenti e 20 volontari, la struttura non è piccola, la progettazione e pianificazione è già molto intensa. Con questi nuovi spazi, in un luogo nuovo, le idee certo non ci mancheranno, né i mezzi per svilupparle. Mi aspetto perciò che cambierà il nostro modo d progettare, del resto siamo da sempre aperti a sviluppare grandi collaborazioni con realtà in Europa e nel mondo. Ad esempio, potendo ospitare scenari più consistenti, già prima della inaugurazione abbiamo fatto seminario internazionale con l’università di Oslo sulle nuove forme di antisemitismo. Di nuovo, ripeto, c’è soprattutto questo incontro costante con i giovani. Aspettiamo le nuove generazioni di studiosi offrendo loro la nostra documentazione storica; siamo certi che ne scaturiranno nuovi linguaggi, i giovani sono sempre interessati e noi siamo molto disponibili.
Un’ultima domanda. Come si inserisce il nuovo Cdec nella città di Milano?
Credo che un’opera come questa non sarebbe stata possibile da nessuna parte se non qui a Milano; è la città stessa che ha al suo interno questa progettualità. Prendi ad esempio la nuova sede della Feltrinelli, inaugurata pochi anni fa, e che ci ha ispirato da un punto di vista operativo. A Milano poi è stata realizzata la Casa della memoria, altro luogo significativo, cui noi collaboriamo. Inoltre, è in fase di realizzazione il nuovo museo nazionale della Resistenza, un altro luogo dove la Fondazione Cdec è presente. Tutte queste realtà si parlano, e delineano un progetto complessivo di città. E poi c’è, appunto, Milano, che ha una posizione particolare, perché è una città veramente europea, dove si sentono parlare decine di lingue diverse. Per questo, la città attendeva da tempo il nuovo Memoriale e questa nuova biblioteca, perché il Memoriale è un luogo di visita delle scuole e delle famiglie, e adesso sarà luogo di aggregazione per studenti, per mostre ed eventi pubblici.
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