Un Convegno sul pontificato di Pio XII: verso una storia condivisa?
Si apre il 9 ottobre presso l’Università Gregoriana una conferenza su una delle figure più controverse dei rapporti ebraico-cristiani: ne abbiamo parlato con uno degli organizzatori
Dottor Gargiulo, tra pochi giorni, il 9 ottobre, si aprirà a Roma un importante incontro incentrato sulla figura di Pio XII, che vede il centro “Cardinale Bea per gli studi giudaici” tra i promotori e organizzatori. Innanzitutto, perché l’idea di questa Conferenza?
Per rispondere a questa domanda mi rifarò a uno dei principali ideatori del convegno, Etienne Vetö, che lo scorso 9 settembre ha ricevuto l’ordinazione episcopale come Vescovo Ausiliare di Reims e che, fino alla settimana precedente, era stato Direttore del Centro Cardinal Bea, contribuendo in maniera determinante all’organizzazione del convegno stesso. Papa Francesco nel 2020 ha disposto l’apertura degli archivi relativi a Pio XII, mettendo così a disposizione degli studiosi un numero ingente di nuovi documenti. La quantità e la complessità dei materiali richiederanno molto tempo per il loro studio e, con esso, la collaborazione di studiosi provenienti da contesti e ambiti di indagine diversi. Il convegno, a soli tre anni di distanza dall’apertura degli archivi, intende essere un primo momento di confronto che da un lato possa fare il punto sulla ricerca fin qui condotta, dall’altro fornire spunti e indirizzi a quella futura.
Su cosa saranno incentrati i lavori della Conferenza?
I due settori principali da cui provengono i relatori sono quello storico e quello teologico. Ciò, insieme a quanto detto, spiega l’interesse del Centro Bea nell’organizzare insieme alle altre istituzioni un incontro come questo, dal momento che i due campi di studio che costituiscono il nostro programma sono il giudaismo e le relazioni ebraico-cristiane. Offriamo ai nostri studenti una solida conoscenza degli elementi essenziali della storia e della religione ebraiche, anche nei loro rapporti con il mondo cristiano, in maniera tale che essa sia la base per un approfondimento e un ripensamento teologico delle relazioni fra le due tradizioni. In tal senso l’apertura degli archivi e la figura di Pio XII appartengono a pieno titolo alla sfera di interessi del nostro Centro.
La figura storica del pontefice è una delle più dibattute del Novecento, specie con riferimento ai rapporti con il mondo ebraico. La Conferenza come si occuperà di questo argomento?
In parte ho già risposto. Il primo approccio sarà storico: si tratterà di approfondire le condizioni della Chiesa e le sue relazioni con l’ebraismo nel periodo della Seconda guerra mondiale, con l’attenzione rivolta a ciò che fu fatto o non fatto, detto e non detto, e alle motivazioni di tali scelte. I nuovi documenti consentono agli storici di avere elementi ulteriori anche sull’operato del pontefice e questo costituisce un contributo al dibattito a cui si fa riferimento nella domanda. Non si può dire ora quale sia il quadro storico ricostruibile in base a una documentazione ancora conosciuta parzialmente, ma non c’è dubbio che la volontà di trasparenza che ha motivato l’apertura del 2020 possa comportare anche il rinvenimento di documenti scomodi nell’ottica dei rapporti col mondo ebraico, come del resto è dato di trovarne di segno contrario. Il convegno avrà da tale prospettiva il rigore di una seria indagine storica che mira per quanto possibile all’accertamento dei fatti, presupposto necessario di un vero dialogo.
E sul piano teologico?
A questa si affiancherà, come accennato, il contributo dei teologi. Da questo punto di vista, un primo interrogativo si intreccia largamente con la storia, vale a dire la riflessione sui rapporti tra la Chiesa e la politica, la sua autonomia, l’opportunità o meno di schierarsi apertamente. Propriamente teologico è il tema di come la Chiesa ha visto e vede il popolo ebraico e ciò chiaramente investe anche la sua guida, in questo caso Pio XII. A ciò si connette il periodo di grande riflessione successivo alla Shoah che attraverso il Concilio avrebbe condotto, venti anni dopo, alla dichiarazione Nostra Aetate.
Alla Conferenza parteciperanno esperti e studiosi sia del mondo cattolico che ebraico. È la dimostrazione di uno sforzo condiviso per arrivare a un giudizio accettato da entrambe le parti su Pio XII?
La ringrazio per questa domanda, che consente di chiarire ulteriormente un aspetto importante del Convegno. Nonostante l’innegabile centralità della figura di Pio XII, la conferenza non avrà questo come unico focus. Piuttosto, la volontà è quella di indagare in maniera più ampia l’atteggiamento della Chiesa e il suo rapporto con gli ebrei, investendo livelli ulteriori rispetto al Papa: il ruolo della diplomazia pontificia, le altre autorità, i nunzi, le singole comunità, le parrocchie e i conventi ecc. Anche qui si nota la volontà di prendere in considerazione fenomeni complessi nella loro profonda articolazione. Per questo credo che lo scopo non sia quello di arrivare a un giudizio su Pio XII, ma di avere più tasselli per comprenderne comportamenti in un quadro più ampio all’interno del quale egli ovviamente aveva un ruolo centrale. In tale prospettiva la presenza di studiosi e istituzioni sia cattolici che ebrei è indispensabile, anche in vista di quel ripensamento teologico che accompagna la ricostruzione storica. Come affermato ancora da S.E. Etienne Vetö, il percorso iniziato insieme da ebrei e cristiani proprio dopo la barbarie nazista e fascista, rende opportuno che lo studio su quel periodo e sul ruolo della Chiesa sia condotto insieme, con lo sguardo rivolto non solo al passato, ma al modo in cui la sua conoscenza, dal 2020 arricchita dai nuovi documenti, possa stimolare ulteriormente quel confronto, anche a costo di dover ripercorrere passi dolorosi.
Di recente, “La Lettura” ha pubblicato un documento ritrovato nell’Archivio apostolico vaticano (ex archivio segreto), che mostra come il Vaticano avesse informazioni certe sui lager e sulla Shoah in corso, già dal 1942. Secondo lei questo sarà un argomento che verrà esaminato nel Convegno?
Su quel documento, come lei sa, è già iniziato un dibattito sui quotidiani. Immagino pertanto che esso possa proseguire nelle discussioni, visto che il convegno è pensato non solo come comunicazione da parte dei relatori, ma anche come momento di discussione e confronto. Ciò che è sicuro è che, al di là degli interventi che si svolgeranno nella conferenza, il tema delle informazioni possedute dal Vaticano rispetto alla Shoah sarà uno di quelli di primo interesse per chi condurrà ricerche tra i nuovi documenti e anche per un pubblico più vasto che non quello degli specialisti.
Lei modererà l’ultimo panel, dedicato all’esame del comportamento delle autorità Vaticane nei confronti dei criminali nazisti nel dopoguerra. Il tema, credo, riguarderà la copertura che la Chiesa in molti casi offrì a ufficiali nazisti per trovare rifugio, soprattutto in Sudamerica. Può anticiparci qualcosa al riguardo?
Gerald Steinacher si concentrerà sul ruolo della Pontificia Commissione di Assistenza inquadrandone l’operato nelle politiche generali del Vaticano nel periodo post-bellico. Suzanne Brown-Fleming, un’altra delle principali organizzatrici del Convegno, illustrerà le iniziative della Segreteria di Stato tra il 1939 e il 1958 per attenuare sentenze di condanna di ufficiali nazisti, esaminando anche documenti e lettere privati. Luca Carboni avrà un approccio più ampio, poiché la sua ricerca muove dai fondi di archivio relativi all’assistenza umanitaria post-bellica del Vaticano verso profughi e rifugiati negli anni 1945-1950. R. David Meyer utilizzerà, decontestualizzandolo, un testo talmudico in cui individua una forte critica a re David dietro la facciata di un elogio, proponendolo come possibile strumento attraverso cui la Chiesa possa trovare una sua “tonalità” nel parlare del pontificato di Pio XII.
La Conferenza potrebbe forse essere intesa come la “terza tappa”, dopo l’attribuzione del titolo di “venerabile” nel 2009 e l’apertura degli archivi vaticani decisa da Papa Francesco nel 2020. A suo avviso il recente documento pubblicato da “La Lettura” e questa Conferenza possono essere interpretati come l’effettiva volontà delle autorità vaticane di consentire agli storici di formulare un giudizio il più possibile completo sulla figura di Papa Pacelli?
Ribadirei quanto detto prima. Non è questione di dare un giudizio. Il convegno muove dall’apertura del 2020 e non è direttamente riconducibile alle autorità vaticane, poiché esso è organizzato e sponsorizzato anche da istituzioni laiche e che appartengono sia al mondo cristiano che a quello ebraico. La volontà è, come dicevo, di far conoscere e discutere i primi risultati di una ricerca che richiederà molto altro lavoro. Certamente essa fornirà un quadro più completo su Pio XII, seppure anch’esso suscettibile di ulteriori riletture.
Per registrarsi alla conferenza e seguire i lavori anche on line: leggi qui
Una risposta
Un convegno che non mi esime dall’avere dubbi e non certo sulle capacità dei nostri relatori .
La storia della mia famiglia e.di tutto l’ebraismo romano e non solo ,anima le mie sensazioni,nella speranza che questo convegno porti finalmente alla conferma della realtà dei fatti di quella terribile tragedia.