Resistere alla guerra, sperare sempre nella pace
Angelica Edna Calò Livne ci dà una testimonianza viva di cosa significa essere in guerra da oltre 220 giorni
Un tonfo assordante mi fa svegliare con un sussulto. Guardo l’orologio frastornata…ho dormito solo tre ore…
Si può continuare a vivere normalmente con tre sole ore di sonno ogni notte?
Si può continuare normalmente a vivere in generale quando ci sono ancora 130 pezzi della tua anima persi in un nulla sconosciuto? Quando non sei in casa tua da 7 mesi? Quando dormi con un fucile vicino al letto? Quando la tua nipotina di 4 anni ti chiede: “Nonna, cos’è la guerra?”
Chi è nato in Italia, in Francia o nei vicini dintorni, come me, dopo il 1945, non può immaginare veramente cosa sia la guerra. Non può immaginare il dolore, l’apprensione, l’impotenza delle due parti, di tutti coloro che sono coinvolti nella spirale della violenza.
La guerra non è quella che si vede nei film. Il sangue è vero, i feriti, i mutilati, le famiglie distrutte sono vere. Le madri e i padri che non hanno più voglia di vivere senza il proprio figlio sono una realtà. La guerra, chi la vive, chi ce l’ha in casa, la sente anche nelle ossa, nei muscoli dolenti, negli occhi che bruciano di giorno e di notte. Chi incita alla guerra non sa cosa questa sia. Chi incita alla cancellazione di un popolo e si schiera da una sola parte, non conosce l’odore del fumo dei campi arsi dopo il fragore di un razzo, di una bomba. Chi si rifiuta di ascoltare le ragioni dell’altro, non ha mai sentito le grida di aiuto di chi soccombe.
Ho chiesto a mio figlio, appena tornato dal fronte: “Amore mio, è vero quello che dichiara Nasrallah? Che stanno vincendo?”
“Mamma, dal primo momento che muore qualcuno da questa parte o dall’altra, abbiamo perso entrambi!!!!! Solo in pace vincono tutti!!!!!”
Questo giovane padre è cresciuto a Sasa, in questo kibbutz di frontiera dove da sempre studiano, lavorano nei campi, insieme ebrei, cristiani, musulmani, drusi, gente di destra, di sinistra…esseri umani di lingue, culture e mentalità diverse, in armonia e nel rispetto completo uno dell’altro…come potrebbe pensare altrimenti! Se possiamo vivere uno accanto all’altro, fianco a fianco a Sasa, Baram, Hurfeish, Safsufa, Fassuta, Zfat e in tanti altri villaggi, kibbutzim e moshavim perché non potremmo condividere questo pezzetto di terra con chi vive intorno a noi? Perché non sfruttare le nostre menti fertili per costruire, migliorare, per sviluppare la ricerca e l’innovazione in tutti i campi?
La Giordania, l’Egitto, l’Arabia Saudita hanno capito il segreto della vita, sono al nostro fianco…come facciamo a farlo capire agli altri? Come si fa a reclutare guerrieri della pace?
Una risposta
Grazie Edna per questa testimonianza! . Per una vita parlavo con mia zia vissuta in Haifa dal 1948, quindi conosco queste realtà vissute in tutte le guerre sino ad oggi. Speriamo che il Padre Eterno ci aiuti a trovare una via d’uscita da questo inferno.. Anche se vivo a Roma senza guerra dopo il 7 ottobre.
sono veramente turbato e preoccupato per tutti Voi!!