Un ricordo della grande artista scomparsa, Carla Fracci, che in una sua emozionante performance interpretò la Shoà.
In occasione del Maggio Musicale 57 (edizione del 1994), andò in scena un’opera di danza, recitazione e canto imperniata sulla figura dell’ebrea Etty Hillesum, deportata e morta in un lager nazista.
La morte di Carla Fracci, all’età di 84 anni, lascia un grande vuoto nel mondo della danza e non solo. Nominata dal New York Times, “prima ballerina assoluta” e inserita tra le prime dieci ballerine che hanno fatto la storia della danza, resta nel nostro immaginario collettivo come icona di arte, leggerezza e romanticismo, con le sue scarpette rosa, i tutu e soprattutto il vezzo, che non l’ha mai abbandonata, di raccogliere i capelli in una foggia che ricorda Lucia Mondella dei Promessi Sposi.
Ma c’era anche molto di più nella Carla Fracci donna e artista. Fieramente antifascista (era nata appena due anni prima della promulgazione delle leggi razziali) si è sempre battuta per i diritti, contro le ingiustizie e per far uscire la danza dai teatri di elite, perché potesse raggiungere tutti: si esibì anche davanti alle detenute del carcere di San Vittore a Milano, sua città natale.
Tra gli oltre duecento personaggi interpretati – primo fra tutti Giselle che l’ha portata alla fama internazionale – ci piace qui ricordare quello portato in scena come attrice, oltre che come ballerina, per il Maggio Musicale del 1994 in Das Marienleben (la vita di Maria).
Lo spettacolo, voluto e diretto dal marito di Carla Fracci, Beppe Menegatti, è una raccolta di liriche di Rainer Maria Rilke, musicate da Hindemith e trasferite nella forma di lied, che racconta attraverso la forma di lettere, l’orrore vissuto nel lager da Etty Hillesum, scrittrice olandese. Un racconto che si intreccia con la narrazione religiosa del poeta cattolico, in un ideale abbraccio tra le due religioni, contro gli orrori del lager nazista. Nella performance la Fracci non si limitò a danzare, ma diede voce alle lettere-diario della giovane ebrea.
Davvero singolare la storia di Etty Hillesum, che rifiutò volontariamente di salvarsi dalla razzia nazista e anzi andò di sua spontanea volontà nel lager di Westerbork, per prestare soccorso agli internati; fu deportata poi ad Auschwitz, insieme alla sua famiglia, con l’unico conforto durante il viaggio di un libro di poesie di Rilke.
Se è vero che è impossibile rappresentare l’orrore della Shoà alle generazioni successive, forse una piccola chiave può venire da opere come queste, dove l’inimmaginabile è affidato al sentimento e all’emozione, senza cadere nel didascalico e nella retorica. Una buona pagina arte, insomma.
Grazie, Carla. Che la terra ti sia lieve.
Di Pitroipa10 – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36960257