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Menorah a spasso per Roma

Monteverde vecchio, di Eliana Pavoncello

Morbidamente adagiato tra il Gianicolo e Trastevere, Monteverde Vecchio è come una anziana signora, intellettuale e un po’ sessantottina, che guarda burbera ma accogliente la nuova umanità che sciama dalla stazione Quattro Venti o arriva da paesi lontani portando lingue e culture diverse, nuove attività e vecchi pregiudizi. E persino quando dice “Voi ebrei…” sa che è un po’ ebrea anche lei, da generazioni e generazioni.

Sì, perché la presenza ebraica nel mio quartiere è più antica che a Piazza Bologna, più antica perfino di Piazza e a dimostrarlo ci sono i resti di una catacomba ebraica di epoca romana in via Poerio (nella foto). Io vivo qui da sempre, praticamente: ho visto crescere questo quartiere e diventare un luogo ideale per la vita di tante famiglie di correligionari. Non c’è palazzo che non abbia almeno una porta con una mezuzà, non c’è negozio storico che non ci mostri rispetto e amicizia.

Si comincia da Magdy, il fioraio egiziano di via Carini, che espone i suoi auguri per le nostre feste ed è specializzato nel confezionare omaggi per ogni nostra occasione. A volte basta solo dirgli chi è il destinatario e lui non sbaglia un colpo. E poi c’è  Zineb, tunisina, che nella sua tintoria raccoglie le le nostre camicie da stirare e le nostre confidenze. Ci conosce tutti e per tutti ha un sorriso e un “non ti preoccupare, amore”, con le erre arrotondate mediorientali.

I fratelli Beti, hanno salvato ebrei durante l’occupazione tedesca (davvero, non come tanti millantano) e nel loro storico panificio sono banditi i grassi animali, mentre puoi trovare grano e granturco in regalo prima di Rosh Hashanà. Naturalmente c’è una Sinagoga, molto frequentata, un macellaio casher e una pasticceria, punto fisso per le colazioni della domenica mattina, e non solo.

Di Shabbat e, soprattutto, di Kippur, è facile vedere persone che si recano a pregare, un vero via vai: chi va e torna dal Beth Michael, chi si dà appuntamento a Villa Sciarra per scendere al Maggiore, chi si spinge a Via Veronesi o ai Colli Portuensi. E a Succot, terrazzi e giardini si adornano di rami e frutta, risuonano kiddush e un’allegria che sa di famiglia.

Davvero, non potrei vivere in nessun altro quartiere di Roma.

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