L’importanza del dialogo, oggi
Rav Michael Ascoli inizia stasera un percorso in 4 incontri nel pensiero ebraico, alla ricerca di spunti sull’idea di dialogo, tra gli uomini e con il Cielo
Michael, mi sembra che il seminario che inaugurerai stasera, “Spunti sul dialogo e i suoi limiti nell’ebraismo”, organizzato dall’associazione Lech Lechà, possa in qualche modo collegarsi alla situazione presente in Israele, dove da mesi assistiamo a una profonda frattura fra (almeno) due parti della società, con una quasi assoluta incapacità di trovare un punto di mediazione.
In effetti, le proteste contro le riforme avviate dal governo Netanyahu non cessano, anche perché nelle ultime settimane il governo ha mostrato una volontà di procedere unilateralmente, e di affrontare gli ostacoli che incontra sul suo cammino semplicemente eliminandoli. Da ultimo, di fronte alla elezione, da parte dell’Ordine degli avvocati, di un rappresentante nella commissione che deve scegliere i giudici della Corte Suprema contrario alla riforma del governo, Netanyahu ha risposto con un progetto di legge che prevede di fatto la soppressione dell’Ordine stesso e la sostituzione con una commissione di nomina governativa.
Si conferma così il momento di crisi che vive la società israeliana. Te ne parlo perché mi sembra, al contrario, che il tuo seminario intenda evidenziare proprio come la necessità del dialogo sia importante e strutturale nel pensiero ebraico. Come nasce l’idea di questo corso?
Il corso nasce dalla sollecitazione giunta a seguito della presentazione del volume di Limes su Israele presentazione curata dall’associazione “Italia Israele” di Milano e dall’associazione Lech lechà. In quella serata ero fra i relatori e, al termine dell’incontro, Davide Assael ha ricevuto diverse richieste di approfondimenti su quello che avevo avuto modo di dire, a tal punto da far nascere l’idea di questo seminario.
Di cosa ti occuperai?
Il corso sarà articolato in quattro incontri, in cui cercherò di rispondere alla sollecitazione a riflettere su un aspetto particolare della cultura ebraica, quella relativa all’importanza del dialogo. Mi sembra infatti che, sia dentro il mondo ebraico che fuori, ci sia costantemente un desiderio di conoscere la nostra cultura. E poiché credo che sia giusto, soprattutto da parte di un rav, rispondere alle domande che vengono poste, ho consentito subito alla proposta di Davide.
Leggendo come hai articolato il corso, in cui ti occuperai prima di alcuni passi della Torah, poi di alcune pagine del Talmud, infine del pensiero di due Maestri contemporanei, vorrei chiederti se da queste tre fonti emergono modelli diversi di dialogo.
Interrogarsi sul dialogo e sulle modalità con cui può essere svolto significa incamminarsi su un percorso molto ampio. Naturalmente il seminario non ha alcun intento sistematico, e vuole essere piuttosto uno strumento per un primo approccio al tema. Detto questo, i tre livelli che tu indichi credo potranno permetterci di distinguere il dialogo fra Dio e l’uomo, il dialogo fra Maestri, e infine il dialogo fra mondo ebraico e mondo non ebraico.
Per quanto riguarda i maestri del Talmud, che modelli prenderai come riferimento?
All’interno del Talmud esistono innumerevoli dialoghi, non necessariamente davvero verificatisi, ma in ogni caso sempre di grande insegnamento. Pensa ad esempio ai dialoghi con la figura della matrona, un genus quasi tipico. Oppure al dialogo fra Rav Yehuda Ha Nasì e l’imperatore “Antoninus”, che forse è l’imperatore Caracalla. Alcuni di questi saranno al centro della lezione che terrò.
E per quanto riguarda rav Soloveitchik e rav Sacks?
Sono due grandi Maestri della nostra epoca, divisi l’uno dall’altro da due generazioni. Del primo vorrei parlare in quanto una delle sue opere più importanti è l’articolo Confrontation, edito nel 1964, che si pone come una prima apertura, molto cauta, al dialogo ebraico cristiano. Di rav Sacks invece mi interessa evidenziare come egli sia un Maestro che, attraverso le sue opere, ha parlato spesso al mondo non ebraico. E così mi piacerebbe se, attraverso questi incontri, troveremo il modo di diffondere un po’ di più il pensiero di questi due grandi pensatori del 900.
Il dialogo tra mondo ebraico e mondo non ebraico è spesso accidentato e, come tu dicevi, relativamente recente. Ritieni che nelle fonti che utilizzerai possa emergere una maggiore apertura?
Non è una domanda facile, e la risposta rischia sempre di poter creare malintesi. Quello che mi sento di dire è che già nella Torah c’è un continuo rapporto con il mondo esterno. Prendiamo ad esempio il libro che stiamo leggendo in queste settimane, Bemidbar. In esso troviamo tanti episodi in cui il popolo ebraico entra in contatto con genti diverse. Pensa a Itrò, il suocero di Mosè, che ha un ruolo fondamentale nell’organizzare la giustizia del popolo d’Israele. Di lui però non sappiamo se alla fine resterà nell’accampamento di Mosè, o se tornerà nella sua terra. È un dubbio che mi sembra molto evocativo. Inoltre, secondo la tradizione dei nostri Maestri, non sono stati solo gli ebrei a uscire dall’Egitto, ma anche altre genti, e questo da un lato ci conferma il messaggio universale di cui l’ebraismo è portatore, ma dall’altro pone degli aspetti problematici, in quanto secondo la tradizione saranno poi queste genti a fomentare più di una rivolta nell’accampamento. Quindi, per rispondere alla tua domanda, direi che il tema del dialogo “esterno” certamente esiste, anche se credo non sia preponderante nelle fonti ebraiche, in cui piuttosto il dialogo sembra rivolto all’interno dell’ebraismo.
A tal proposito, mi sembra però che i modelli siano diversi e contrapposti. Proprio la scorsa settimana abbiamo letto dell’episodio di Corach, che dialoga sì con Mosè, ma in modo pretestuoso e provocatorio: sicuramente non un modello da seguire.
Corach in effetti mostra una dinamica tutta interna al popolo ebraico che porta a risultati disastrosi. I Maestri scelgono di indicare la discussione che egli avvia come un esempio negativo, perché non animata in nome del Cielo, quindi non destinata a conservarsi, senza futuro per le prossime generazioni e nociva per quelle presenti. Se analizzassimo con attenzione il passo in cui Corach e Mosè si confrontano, potremmo vedere come, al contrario, Mosè cerca di avviare un dialogo autentico, senza ottenere mai risposta. I seguaci di Corach, Datan e Avriam, in particolare, fanno delle parole di Mosè quasi una sorta di parodia, negandosi a un vero confronto. In questo senso, credo che questo episodio ci riporti alla nostra attualità, in cui spesso ascoltiamo slogan urlati più per raggiungere facili consensi che per desiderio di un vero confronto.
Qual è il modello positivo che invece ci suggeriscono le fonti?
Certamente Mosè è uno di questi. Nell’episodio precedente, vediamo come cerchi una risposta che non è mai simmetrica a quella che riceve e che con la sua umiltà provi più volte a creare una comunicazione sincera con i suoi interlocutori. In generale, direi che per il pensiero ebraico il modello di dialogo corretto è quello fra Bet Hillel e Bet Shammai, in cui il confronto può essere anche molto acceso, ma è sempre alimentato da un interesse autentico per la questione esaminata, con esclusione di qualsiasi tornaconto personale. È per questo che nei Pirkè avot il dialogo fra questi due Maestri è una sorta di prototipo.
Perché?
Nella pagina del Talmud (TB Eruvin 13b) in cui si stabilisce che verrà seguita la regola fissata da Bet Hillel, segnalo due aspetti che meritano di essere evidenziati. Il primo è che in quella pagina è riportata anche la questione se è un bene che l’uomo sia stato creato oppure no: si tratta di una questione esistenziale di fondamentale importanza, che dimostra come il dialogo debba spesso essere orientato a favore di un confronto su temi fondamentali del nostro vivere. Il secondo elemento che va valorizzato è che alla fine i Maestri stabiliscono che in generale l’opinione di Bet Hillel va fatta prevalere in quanto essa non cancella, ma semmai conserva, l’opinione di Bet Shammai. In altre parole, potremmo dire che nel pensiero ebraico la minoranza deve essere sempre rispettata, e mai calpestata.
Il corso si terrà il 28 giugno, 5, 12 e 19 luglio, sempre alle 18,30, via zoom
Per informazioni: [email protected]
Una risposta
Rav Ascoli, un giovane sapiente dal vasto orizzonte. Lo ammiro molto.