Le destre al voto: dove va l’Europa?
L’8 e il 9 giugno si vota per rinnovare il Parlamento europeo. Secondo i sondaggi, le destre (anche estreme) sperano in un successo. Ne parliamo con il direttore di fanpage
Francesco Cancellato, come va lo stato di salute della destra in Europa?
Direi che è molto buono. Le destre europee sono infatti molto cresciute negli ultimi 25 anni. Sei sondaggi riferiti al prossimo voto europeo saranno confermati dalle urne, avremo che circa il 20% degli elettori europei voterà partiti di destra. Il risultato sarà che a Strasburgo le due famiglie politiche della destra (ECR: conservatori e riformisti europei; Identità e democrazia, n.d.r.) avranno gli stessi eurodeputati del gruppo socialista.
Un simile exploit testimonia anche una tendenza all’interno degli Stati membri?
In realtà all’interno di ciascuno Stato la situazione è un po’ diversa. Infatti in molti casi, nonostante il successo elettorale alle elezioni politiche del proprio paese, i partiti di destra non sono riusciti ad arrivare al governo, per una sorta di “cordone sanitario” posto loro intorno. Guarda ad esempio a quel che avviene in Francia, dove le destre alle ultime elezioni presidenziali hanno ottenuto circa il 37% dei consensi, o la Germania dove AFD raggiunge circa il 18% dei consensi: in entrambi i casi questi partiti non governano. Lo stesso anche in Portogallo, in Spagna, in Polonia, dove la destra oggi all’opposizione è il primo partito, o in Svezia, dove pur avendo vinto le elezioni il partito di destra fornisce solo un appoggio esterno al governo. Questa situazione, che a prima vista può apparire una debolezza delle destre, può in realtà rivelarsi anche un punto di forza.
Perché?
Restando all’opposizione, o comunque fuori dal governo, non si ha l’onere di assumersi responsabilità e si può continuamente fare propaganda. In tal modo, da un lato crescono i consensi a proprio favore, dall’altro i partiti di centrodestra sono costretti a rincorrere quelli più estremi, il che produce una sorta di effetto domino, per cui anche la società nel suo complesso comincia ad assuefarsi a una lettura di destra. La prospettiva, se le cose non cambieranno, che quel “cordone sanitario” prima o poi cadrà.
Per restare in Europa, come giudichi il recente impegno di tutti i partiti socialisti europei di non allearsi mai con formazioni di destra?
È un’affermazione che risente molto della campagna elettorale in corso, e che per la verità in passato non è sembrato molto vincolante. Prendi Victor Orban: a suo tempo votò insieme ai partiti socialisti per eleggere e Ursula Von Der Leyen alla commissione europea, e nessuno si lamentò per questo. Quindi, se c’è stato un precedente, è possibile che anche in futuro le destre possano entrare nel governo europeo senza l’opposizione dei partiti socialisti.
Quali sono i principali rappresentanti delle destre europee?
Oggi il nome sulla bocca di tutti è naturalmente quello di Giorgia Meloni, la prima presidente del consiglio di un paese europeo che proviene da un’origine post fascista, per lo più di uno dei paesi fondatori dell’Unione. Ciò che colpisce è che sia riuscita ad accattivarsi l’accondiscendenza dell’establishment europeo, schierandosi fin dall’inizio su una posizione o filo occidentale e atlantista, guadagnandosi così la stima e una legittimazione sia da Biden che da Von Der Leyen. Se penso però al prossimo futuro, credo che all’orizzonte ci sia una competizione fra Giorgia Meloni e Marine Le Pen, che oggi in Francia vincerebbe le elezioni presidenziali contro ogni altro candidato, compreso Macron. Infine, credo che in prospettiva la figura più da temere è quella di Bjorn Höckeè, leader in Turingia di AFD, espressione della corrente di partito più estremista. Nel prossimo autunno in Turingia si voterà per il governatore. Sebbene sia un piccolo territorio, simbolicamente è molto importante, perché è la patria di Goethe e la sede della città di Weimar. Dovesse vincere lì, Höckeè si accrediterebbe come possibile leader nazionale.
A proposito di Afd: ieri lo spitzenkandidat Maximilian Krah, europarlamentare di Afd, ha dichiarato a Repubblica: “non dirò mai che chi aveva un’uniforme delle SS era automaticamente un criminale”. Dobbiamo temere certe dichiarazioni per il futuro dell’Europa?
Forse dovremmo temere più chi la pensa come Krah e non ha la sfacciataggine (o l’ingenuità) di rendere così evidente il proprio pensiero. Soprattutto: non pensiamo che una destra è pericolosa solo se nostalgia dei totalitarismi novecentesca. Orban, per dire, non è nostalgico di nulla ma questo non gli ha impedito di trasfigurare la democrazia ungherese
Per quanto riguarda l’Italia, che caratteri ha la nostra destra?
La destra italiana è un animale strano, che è già stata sdoganata da Silvio Berlusconi nel 1993, quando appoggiò Gianfranco Fini a sindaco di Roma. In Italia si incontrano una destra postfascista con una, quella leghista, che spinge molto sull’autonomia territoriale. Direi che in comune c’è l’essere una destra post berlusconiana. Voglio dire che Berlusconi in tutta la sua parabola ha plasmato radicalmente la destra così come negli Stati Uniti Trump ha plasmato l’attuale partito repubblicano. È stato Berlusconi a unire la destra postfascista con quella autonomista. Oggi la destra italiana ha caratteri molto simili, per cui credo non ci siano molte differenze fra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Si tratta comunque di una destra corporativa, tendenzialmente ostile a ogni approccio liberista, che invoca una forte presenza dello Stato, in una logica di difesa ed esaltazione delle corporazioni sociali ed economiche che rappresenta. È una destra profondamente confessionale, legata agli stilemi classici della destra europea: contro il gender, antiwoke. e infine destra che fa molte battaglie di retroguardia in campo economico, favorendo i grandi gruppi capitalistici tradizionali: pensa alla negazione del cambiamento climatico che di fatto favorisce l’industria fossile e automobilistica.
Non vedi dunque differenze fra i tre partiti oggi al governo?
Una faglia possibile riguarda il sostegno all’Ucraina. Lì in effetti ci sono delle tensioni, perché Meloni è fortemente atlantista, avendo portato l’Italia su una posizione che né Berlusconi né Salvini probabilmente avrebbero assunto. È anche vero però che, nel caso a novembre Trump vincesse le elezioni americane, la sua posizione, al tempo stesso occidentale ma anche meno solidale con l’Ucraina, potrebbe avvicinare le destre italiane anche su tale punto.
A proposito di Ucraina e di Russia: a tuo avviso sono fondati sospetti che la Russia di Putin in questi anni abbia provato a influenzare la politica europea, ad esempio finanziando i partiti di destra?
E’ almeno un decennio che Putin sta cercando di influenzare la politica europea. Nel 2014 non aveva bisogno di avvicinarsi alle frange estreme, godendo di buoni rapporti con Gherard Schröder, Angela Merkel e Silvio Berlusconi. Dopo il 2014 invece la situazione cambia. Le sanzioni che la Russia subisce per l’invasione della Crimea e la crisi economica che colpisce il continente spinge il leader russo a cercare nuovi interlocutori. Questi vengono individuati nelle forze più estremiste di destra, sorrette da un’ideologia euroasiatica, per cui l’Europa culla della civiltà occidentale sarebbe una società decadente in cui prevalgono movimenti omosessuali e un forte relativismo culturale. In questo contesto la propaganda russa cerca di incidere nella politica europea in più modi, favorendo una visione antieuropea e antiamericana, attraverso proprie istituzioni, come ad esempio la Fondazione san Basilio, ma anche attraverso le leve economiche, se pensi che il Front National è stato a lungo finanziato da banche russe. Del resto è la stessa amministrazione americana ad aver accertato questo tipo di infiltrazioni.
Torniamo in Italia. Chi è più a destra: il tandem Meloni-La Russa, o quello Salvini-Vannacci?
A parte il tema dell’Ucraina, che altre distinzioni vedi fra questi soggetti? A me sembra che la pensino allo stesso modo su tutto il resto. Sull’idea di famiglia, ad esempio, chi è più a destra? E sul cambiamento climatico chi è più negazionista? Sulla critica al mondialismo, sulle politiche contro i migranti, vedi differenze?
Il tuo giornale circa un anno fa pubblicò un’inchiesta su alcuni dirigenti di Fratelli d’Italia, che diede a via ordina un’indagine che poi è stata archiviata.
Quella inchiesta non aveva lo scopo di aprire un procedimento giudiziario, ma è stata utile a far comprendere il retroterra culturale della destra oggi al governo.
Potresti descriverla?
Fratelli d’Italia si regge su un bagaglio culturale che nasce nelle curve di calcio, nel vecchio Movimento sociale italiano, nel cuore della sezione romana di Colle oppio. Guarda i maggiorenti del partito: sono tutti amici di Giorgia Meloni e provengono in maggioranza da quella sezione. In molti casi le loro idee e i loro ideali sono ancora quelli del passato. Guarda il giudizio che danno sul governo ungherese, che oggi ha ormai attuato una svolta autoritaria, tanto che si parla di democratura: penso alle misure prese da Orban contro la libertà di stampa, e per il controllo della giustizia, come già tentato in Polonia, nonché il sostegno a valori confessionali estremisti, nonché l’individuazione di zone LGBQT free. In tutti questi casi mai una volta Giorgia Meloni ha criticato queste misure. Al contrario, gli atti politici del governo vanno in quella direzione: guarda la riforma della giustizia annunciata, il progetto di legge per il premierato, il tentativo di limitare la magistratura e la libertà di stampa, con la concentrazione di molte testate nelle mani di pochi editori e amici. Si tratta di misure che portano nella stessa direzione dell’Ungheria.
Se guardiamo però le relazioni internazionali, la destra europea, compresa quella italiana, è da anni a difesa di Israele. Non è questa la migliore garanzia che ha superato il proprio passato?
Il fascismo non è solo legato alle leggi razziali del 1938, che certo sono state gravissime e terribili, ma non devono farci dimenticare che il fascismo è una dittatura che nasce molti anni prima. Oggi la destra italiana ha legami molto forti non solo con la destra di Netanyahu in Israele, ma anche con i partiti estremisti europei e con gli ambienti conservatori inglesi. C’è cioè un posizionamento geopolitico della destra italiana che impone al partito di Giorgia Meloni una vicinanza con la destra israeliana. Del resto, ricondurre la barbarie del fascismo solo alle leggi razziali, dare enfasi soltanto ai fatti del 1938, non è forse un modo per evitare la condanna di tutta la parabola fascista? Io credo che occorra in questo paese fare i conti con tutto il fascismo, non solo con quello che si alleò con Hitler e varò le leggi razziali. Ripeto: le leggi razziali sono un pezzo importantissimo per comprendere la natura della destra italiana, ma sarebbe un errore dimenticare tutto il resto.
C’è antisemitismo a destra?
Un po’ sì. Non lo dico solo perché abbiamo visto i saluti nazisti o i riferimenti spregevoli agli ebrei, ma anche da segnali più sottili. Quando ascoltiamo dirigenti di primo piano della destra italiana denunciare la grande finanza internazionale, i grandi poteri mondiali occulti, non sentiamo forse riecheggiare l’idea del complotto? Quando leggiamo le accuse lanciate contro un singolo uomo, George Soros, non vediamo applicare gli stessi schemi di un secolo fa? Seppure in maniera implicita, mi sembra chiaro che la destra attuale continua ad applicare vecchi schemi antisemiti.
Un’ultima domanda: secondo te il governo Meloni è un rischio per la democrazia italiana?
Una premessa è necessaria: oggi noi non sappiamo quali saranno le reali intenzioni di Giorgia Meloni, se vorrà arrivare fino in fondo nella sua a riforma costituzionale, ad esempio sul premierato o sulla giustizia. Se però mi chiedi se abbiamo gli anticorpi per opporci a un’eventuale deriva autoritaria, ti rispondo di no. Credo anzi che non ce li abbia neppure la Germania, o la Francia. E questo è un elemento che non ci lascia tranquilli. La popolarità di Putin del resto era altissima in Italia prima dell’invasione Ucraina, e anche oggi siamo tra i più filo russi in Europa. Gli indizi che non mi lasciano tranquillo sono molti: pensa all’editore amico che avendo già tre giornali vorrebbe acquisire anche un’agenzia di stampa. Pensa alla famiglia Berlusconi, il cui cognome compare sul simbolo di uno dei partiti in lizza per le elezioni europee, che continua a controllare giornali e tv. Siamo un paese in cui viene cancellato il monologo sul 25 Aprile di Antonio Scurati senza che in fondo ci siano molte proteste. Per questo la mia sensazione è che gli anticorpi contro una deriva autoritaria oggi non siano molto forti in Italia. Una parte del nostro paese, di fronte alle crisi cicliche che viviamo, da sempre è tentata di rifugiarsi nell’uomo, o nella donna, forte. In nome di una presunta stabilità rischiamo di ricadere negli errori del passato.