Intimità e nuovo inizio: ecco Sheminì Atzeret e Simchà Torah

Rav Michael Ascoli ci suggerisce, come insegnano i nostri maestri, di vivere le ultime festività del mese di Tishrì come il legame particolare tra Israele e il Signore, che va rinnovato nel nuovo ciclo di lettura della Torah

Simchàt Torà si sovrappone a Sheminì ‘Atzèret, arricchendone il significato. In diaspora è un’estensione di Sheminì ‘Atzèret, ma questa è una differenza “tecnica” che si deve al famoso giorno festivo supplementare che usiamo appunto in diaspora (“yom tov shenì shel galuyot”).

È interessante notare come tale sovrapposizione di significato sia in realtà una “risposta” del popolo ebraico al Signore.

La Torà comanda infatti la festa di Sheminì ‘Atzèret, “l’ottavo di trattenimento” o “ottavo conclusivo”, che secondo un noto midràsh suggella il lungo periodo festivo di Tishrì e in particolare la festa di Sukkot: ai settanta tori offerti durante Sukkot in corrispondenza alle nazioni del mondo, fa riscontro l’ottavo giorno in cui si porta un solo toro in sacrificio a simboleggiare il soffermarsi del popolo ebraico, se così possiamo dire, in intimità con il Signore.

Nel corso dei secoli i nostri Maestri hanno stabilito un ciclo di lettura della Torà in porzioni settimanali, che si è poi canonizzato nel ciclo annuale, seguendo l’uso sancito dal Talmud Babilonese. È così che si è creata questa sovrapposizione: alla chiamata divina di “fermarsi ancora un giorno” il popolo ebraico risponde celebrando la Torà, celebrando assieme la conclusione del ciclo di lettura e l’inizio del successivo, perché, come è noto, riprendiamo subito a leggere Bereshit, il giorno stesso in cui concludiamo l’ultima parashà.

Non già dunque celebrazione di un risultato acquisito e nemmeno cerimonia d’avvio. Piuttosto, assieme, conclusione e inizio, ad esprimere un legame che si fa ogni anno più intenso e profondo, sempre più conosciuto e al contempo con sempre maggiore voglia di rinnovamento.

Nel Talmud l’appellativo usato per nominare D-o, “Rachamanà”, “il Misericordioso”, è usato tanto per indicare il Signore appunto, quanto per indicare la Torà, perché nella prospettiva umana il Signore e la Torà vengono a coincidere, la Torà è il nostro tramite per capire, entro certi limiti, il messaggio divino.

All’invito del Signore a celebrare un ultimo giorno “intimo”, il popolo ebraico risponde danzando e rallegrandosi con il Sefer Torà, con quanto di più vicino al Signore possiamo avere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter