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Ebraismo, Sionismo, Occidente

Alcuni giorni fa si è svolto un incontro molto partecipato sulla lacerazione che divide l’Occidente da Israele. I relatori hanno cercato di comprenderne le ragioni

Massimo De Angelis

Lunedì 26 febbraio si è tenuto nella sala messa a disposizione dall’associazione “Il Cenacolo” un seminario di studio intitolato “Ebraismo, Sionismo, Occidente. Dopo il 7 ottobre 2023”. Gli organizzatori, di diversa provenienza e formazione, sono mossi dalla convinzione che i motivi e il significato profondo degli eventi in corso in Medio Oriente non si comprendono se non si va alle premesse filosofiche, teologiche e culturali degli avvenimenti. E se non si tiene fermo il nesso storicamente indissolubile tra ebraismo e sionismo, e dunque tra antisionismo ed antisemitismo. Le relazioni sono state tenute da Massimo De Angelis, da Paolo Sorbi e da me.

Paolo Sorbi

Massimo De Angelis ha formulato la domanda: L’Occidente non capisce più gli ebrei? (In sala si è ascoltata la battuta: “E quando mai li ha capiti?”). Gli intellettuali e fasce estese di opinione pubblica europea manifestano sempre maggior freddezza e ostilità verso gli ebrei e Israele dopo il pogrom del 7 ottobre. Si giunge a imputare agli ebrei, e non ad Hamas e al radicalismo islamico, la volontà genocida benché siano questi a proclamare la volontà di annientare Israele, l’ebreo in quanto ebreo, non il contrario.

da mesi si sono svolte oltre 1000 manifestazioni contro Israele solo in Italia

Perché tutto questo? Per De Angelis si manifesta una nuova malattia occidentale che si chiama rifiuto del passato in nome del futuro, insofferenza verso le religioni in nome dello scientismo, abbandono di ogni identità collettiva, comunità, famiglia, tradizioni, lingua, popolo in nome di un individualismo extrarelazionale che impoverisce ogni cultura e persino la democrazia. Tutto ciò in nome di una ideologia futurista e progressista che vuole vivere oltre la fine della storia, nella quale rischia di non trovar posto alcuna identità, a cominciare da quella del popolo ebraico e della sua storia.

uno degli ultimi libri pubblicati da Morselli (con G. Maestri)

Il sottoscritto ha compendiato in modo succinto più di mille anni di storia biblica e duemila anni di storia post-biblica, sottolineando come a partire dalla promessa ad Abramo, il primo ad essere chiamato ivrì/ebreo nel testo biblico, e fin dalla nascita del popolo d’Israele al momento dell’uscita dalla schiavitù egiziana, il rapporto con la terra sia stato una costante. L’intento della relazione è stato quello di sottolineare che non ci sarà pace in Medio Oriente se non si terrà conto della dimensione religiosa e interreligiosa di un conflitto che non è solo territoriale. La teologia cristiana per diciannove secoli ha interpretato l’esilio d’Israele come effetto della giusta punizione divina per il terribile crimine del deicidio e di conseguenza ha svuotato i contenuti della promessa per quanto riguarda il rapporto tra Am Israel e Ereṣ Israel e ha considerato la promessa pienamente realizzata solo nella figura di Cristo. Le recenti acquisizioni del dialogo ebraico-cristiano consentano di affrontare questo tema in modo nuovo così da ridare lo spazio dovuto a tutto quanto è contenuto nelle Scritture e che nel nostro tempo deve ormai essere portato alla luce.

Proclamazione Stato Israele
Ben Gurion proclama la costituzione dello Stato di Israele (17 maggio 1948)

Da sociologo, Paolo Sorbi ha affermato che i classici processi di secolarizzazione non sono avvenuti in Israele con la stessa profondità che si è avuta nei contesti occidentali europei e il movimento sionista, sin dall’inizio, ed in tutte le sue componenti sia quella liberal-democratica sia quella socialdemocratica, ha compiuto “strappi” profondi con il passato culturale-religioso del Giudaismo. Quel mutuo patto sociale di dialogo iniziato a consolidarsi nel ‘48 con la stabilizzazione dello Stato democratico d’Israele, quel patto molto delicato e sofisticato che permetteva la convivenza e l’incontro tra aree socioculturali, economiche, etniche tra ebrei di formazione laica e le complicate aree religiose-ortodosse-nazionaliste territoriali, tra aree popolari ebraiche e aree a densità arabo-israeliane, tutte queste segmentazioni sono esplose. Per uscire dall’attuale grave crisi sarà necessario un ripensamento profondo del Sionismo, in modo da poter rispondere ai nuovi problemi posti dalla geopolitica contemporanea. Sorbi propone di rileggere l’Epistola ai Romani alla luce degli avvenimenti presenti e di ciò che si muoverà all’interno del popolo ebraico, facendo memoria delle irreversibili promesse del patto d’amore tra il Signore ed il suo popolo.

Pierluigi Battista

Alle tre relazioni sono seguiti quattro interventi. Pierluigi Battista ha mostrato in modo ben documentato il suo sbigottimento per come velocemente si è passati dalla solidarietà a Israele per il terribile pogrom del 7 ottobre a reazioni di condanna d’Israele travolgenti ogni ragionevole distinzione di ambiti e contesti.

Massimo Giuliani ha affermato che l’ebraismo è parte integrante dell’occidente ma al contempo ne è coscienza critica, un’alterità che le garantisce il suo carattere pluralistico e anti-idolatrico. I conflitti che stanno attraversando e angosciano oggi la società israeliana sono un paradigma dei conflitti sui valori che attraversano l’intero occidente, conflitti di natura teologico-politica, sia verso l’esterno sia all’interno, tra componenti democratiche e gruppi più radicalizzati. Il filosofo ha concluso dicendo che quel che succede in Israele è lo specchio di quel che sta succedendo o che succederà a tutto l’Occidente, anche se pochi lo capiscano e i più abbracciano una perniciosa equidistanza tra le parti in conflitto.

Innocenzo Gargano

Padre Innocenzo Gargano, fondatore dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, si è ricollegato all’insegnamento di Jacques Maritain e del card. Martini sottolineando come, in modo diverso, sia gli ebrei che i cristiani vivono nella dimensione del già e del non ancora: «Nella spiritualità dell’attesa, legata alla speranza, della realizzazione del ritorno di Israele nella sua Terra, i cristiani possono avere conferma di quel già e non ancora che caratterizza il Regno di Dio così come è pensato dalle chiese. Con la sola differenza che i cristiani attendono un ritorno e Israele attende una venuta».

Yahya Pallavicini

L’Imam Yahya Pallavicini ha avuto parole molto dure nei confronti di Hamas, da lui considerato un tradimento della autentica tradizione islamica.

È seguito un dibattito con il pubblico.

La casa editrice Belforte di Livorno pubblicherà in autunno gli Atti.

Leggi gli altri articoli della guerra

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