manifestazione femminista negli anni 70

In apparenza è cambiato molto. Il modello di vita borghese in cui sono cresciuto io come anche gli assassini del Circeo non esiste. E la morale sembra essere meno ipocrita e repressiva. Tuttavia, sotto altre forme, si manifesta una tendenza altrettanto preoccupante.

A cosa si riferisce?

Per esempio alla misoginia, che si esprime attraverso il pesante sfruttamento commerciale del corpo della donna. Negli anni ‘70 la società era paradossalmente più libera e ribelle, e lo sfruttamento del corpo femminile era forse meno pervasivo di quanto sia oggi.

E se pensiamo alla tutela delle minoranze? Per esempio a quella ebraica? Come vede il nostro paese? C’è un pregiudizio antisemita?

Il pregiudizio antisemita mi sembra purtroppo vivo e vegeto, e gli esempi, anche recenti, numerosi. Mai come adesso c’è chi cerca di trovare un capro espiatorio per i propri guai, e l’ebreo è da sempre un bersaglio facile, fungibile, quindi tornano in auge i vecchi stereotipi. Mentre altre campagne di odio come nascono poi tramontano, l’antisemitismo è un modello che funziona sempre, per così dire, una specie di pensiero automatico. Quando non si sa chi accusare, si accusano gli ebrei.

Il cattolicesimo influenza oggi questo pregiudizio?

Credo proprio di no, anzi, oggi direi che la Chiesa favorisce l’incontro. Mentre in passato, certo, il cattolicesimo ha alimentato l’antisemitismo, oggi l’antisemitismo viene fomentato dal pregiudizio razziale, o economico, o sociale, ma non più religioso.

Lei si è definito una persona “a cui a volte prudono le mani”. Ci può ricordare l’episodio vissuto in un bar?

l’ultimo libro di Albinati (“Velo pietoso”, Rizzoli, 2021)

Be’, l’ho raccontato nel mio ultimo libro [“Velo pietoso”, Rizzoli, n.d.r.]. Rischiamo di essere assuefatti e dunque insensibili di fronte alle manifestazioni di intolleranza, non reagiamo più, invece secondo me non ci si può sempre tappare le orecchie e passarci sopra. Lo scorso marzo, in un bar, mi è toccato ascoltare uno sproloquio antisemita. Vede, c’è questa idea che, perché si è al bar, si possa dire tutto, e tutti siano d’accordo con te. E invece non è così! Per cui sono sbottato e ho detto a questa persona, decisamente più anziana di me, che quelle cose contro gli Ebrei poteva andarle a dire al cesso di casa sua. La cosa incredibile è che quest’uomo voleva venire alle mani. Io alla fine l’ho lasciato perdere, ma mi domando se abbia fatto bene. Il problema con i cliché di questo tipo è che non possono essere smontati col dialogo o col ragionamento, visto che chi li alimenta non segue nessun’argomentazione logica. Forse, la prossima volta, un cazzotto sarebbe la soluzione più semplice…

È mai stato in Israele?

Sono stato in Israele nel 2008, con una delegazione italiana guidata dal presidente della Repubblica, per i 60 anni della fondazione dello Stato. Ho visitato Gerusalemme, facendo puntate personali sul mar Morto e a Hebron.

Che impressione ne ha ricavato?

Molto forte e commovente. Ricordo qui un aneddoto. Dopo i discorsi ufficiali dei presidenti, Napolitano e Peres, ci fu una testimonianza da parte di due scrittori rappresentativi dei rispettivi paesi, che diventò una specie di “tenzone”, protagonisti Claudio Magris e Abraham Yeoshua. Magris parlò dell’ebreo che non conosce confini, insomma l’ebreo cosmopolita, cittadino del mondo. Gli rispose Yeoshua, un po’ piccato, invitandolo a guardare fuori dalla sala dove eravamo ospitati, la realtà concreta di Israele. Cioè quella di vivere dentro dei confini che sono costati e tuttora costano lacrime e sangue. Di quel viaggio conservo impressioni violente, di un luogo pieno di storia, tradizioni e conflitti.

E dal punto di vista culturale? Quanto è legato al mondo letterario ebraico?

I presidenti Peres e Napolitano tra Yeoshua e Magris a Gerusalemme nel 2008

Guardi, gli organizzatori del Salone del Libro di Torino mi hanno chiesto di indicare dei libri “scomodi” che fossero stati per me significativi. Su dieci, ne ho indicati ben quattro di autori ebrei: Sigmund Freud, Daniel Kahnemann, Hanna Arendt, Leonard Cohen. Insomma, entrare nel Novecento significa fare per forza conti con la cultura ebraica.

E il suo prossimo libro, quando lo leggeremo?

Il prossimo anno, se Dio vuole.

Di che tratterà?

Ho scritto un romanzo che si svolge a Roma, poi una specie di seguito ambientato a Milano, adesso sto lavorando a un terzo romanzo che chiude il ciclo e che sarà ambientato in tutta l’Italia, negli anni Ottanta.

2 risposte

  1. Molto interessante l’intervista ad Albinati, persona di grande spessore morale. Mi ha colpito la sua riflessione su chi urla sono cristiana con le vene del collo gonfie, si riferisce a Giorgia Meloni, lo grida con rabbia mette dei paletti con “il noi” e” il loro” e sono questi attegiamenti che alimentano il clima fascistoide come lo definisce Albinati e nutrono le destre radicali, nazionalismo, xenofobia,insofferenza per le opinioni altrui e anche alcuni ambienti ebraici ne sono portatori purtroppo

  2. Debbo andare forse contro corrente
    Con tutto il rispetto per lo scrittore che insegna nelle carceri e depreca l’antisemitismo non mi piace che la vicenda del Circeo di cui furono protagonisti alcuni giovanissimi criminali venga intitolata “ La scuola cattolica” ….
    Che si vuole dire ?
    Che la Chiesa è una forza di opposizione al divenire della “rivoluzione socialista “ …? Bene .Che la Chiesa avalla le ingiustizie sociali ? Non direi. Che essendo ancora sessuofobica porta alla violenza repressa ?
    Ad oggi la Chiesa (esempio sulla piaga dei i preti pedofili ) direi checè una forza che sta riflettendo su come cambiare.

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