È tempo di impegnarsi contro i pregiudizi

Edoardo Albinati, premio Strega con “La scuola cattolica”, da cui è tratto il film in questi giorni nelle sale, racconta a Riflessi che significa essere uno scrittore impegnato: dal lavoro nelle carceri alle missioni umanitarie, dalla critica al sovranismo alla lotta contro l’antisemitismo. E se non bastano le parole… 

Incontro Edoardo Albinati di pomeriggio, nella sua casa affacciata in una piazza silenziosa e geometrica a pochi passi da Corso Trieste. Mi accoglie nel suo studio, e non riesco all’inizio a separarmi dall’immagine del ragazzo che, nel film “La scuola cattolica”, tratta dal suo libro, lo interpreta. Siamo nel cuore di quella che un tempo era una Roma molto borghese, piena di silenzi, pregiudizi, ferite e violenza. Forse, mi chiedo, la scrittura e la professione svolta da Albinati sono ancora un tentativo di rispondere alle domande nate allora nell’animo di un giovane adolescente.

Edoardo Albinati, partirei dalla sua professione, che mi sembra molto significativa, dal momento che di solito il lettore pensa allo scrittore, soprattutto se di successo come nel suo caso, come un po’ lontano dal mondo quotidiano

Allora, insegno da 27 anni in carcere, a Rebibbia, ed è la mia attività continuativa, per cui percepisco uno stipendio regolare. Per il resto, ho svolto alcune missioni umanitarie: in Afghanistan, nel 2002, e poi in Ciad e in Niger, anche se in questi ultimi sono andato solo per realizzare dei reportage.

Cosa è andato a fare in Afghanistan?

Sono stato lì 4 mesi, lavorando per l’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Era il primo anno dopo la caduta dei Talebani, quando rientrarono nel paese due milioni di afghani. Lavoravo in campi dove arrivavano fino a 10.000 persone al giorno.

Stavo pensando che forse c’è un anello di congiunzione tra la sua attività in carcere e le sue missioni in luoghi così lontani e disagiati, difficili.

C’è una curiosità verso persone diverse da quelle che frequenterei abitualmente. Mi stimola entrare in contatto con mondi lontani dal mio. Direi, nel senso autentico del termine, che è un interesse “sportivo”, cioè uno slancio, che fa muovere il sangue e la mente.

E questa estate, cosa ha pensato a vedere quelle immagini del ritiro occidentale da Kabul?

Ho pensato che l’Afghanistan è un paese complesso, e che certo la presenza dei talebani non era mai stata sradicata in questi anni. Ma anche se la società afghana è caratterizzata da forme di vita arcaiche, mi auguro che questo arcaismo non riuscirà a essere restaurato per intero, oggi. Una società che, ad esempio, escluda totalmente le donne non può che implodere. Dev’essere impedito che si torni al medioevo.

In carcere cosa fa?

Nel 2016 Albinati ha vinto il Premio Strega con “La suola cattolica”

Insegno lettere. In un istituto tecnico informatico. A studenti che hanno dai 18 ai 70 anni.

Può descrivere in poche parole questa esperienza?

Per certi versi è simile a una scuola serale, visto che è rivolta ad adulti. È un’attività che ti mette davanti a esperienze umane molto disomogenee, per la provenienza sociale e geografica degli studenti, la loro età, i reati commessi.

Come è nato questo suo impegno?

Avevo insegnato per 7 anni in periferia, alla Bufalotta, poi è capitata questa possibilità e l’ho colta. Pensavo che da un lato potessi mettermi in gioco e darmi nuovi stimoli, e dall’altra volevo verificare se ero davvero capace nel mio lavoro, se la mia materia può essere davvero trasmessa a chiunque, e ho scoperto che lo è, infine se lo studio avesse un senso per chi poi sarebbe tornato nel mondo, là fuori.

E funziona?

Direi che lo studio garantisce quantomeno un maggiore senso di consapevolezza, che poi verrà utilizzato come ciascuno ritiene. Certo, non posso escludere per alcuni la recidiva.

Si definirebbe un intellettuale engagé?

dal libro di Albinati è tratto il film ora nelle sale

Se si intende con questo termine l’intellettuale che parteggia e firma appelli, allora no, non lo sono, anche perché di appelli ne sono stati firmati tanti per cause sbagliatissime. Se invece si intende un qualche impegno pratico nella vita, un’azione concreta, allora forse sì. Però vorrei aggiungere che un conto è il mio impegno da cittadino, e un conto quello da scrittore. Intendo dire che quando scrivo, non mi sento paladino di niente e di nessuno.

A proposito di essere cittadini impegnati: che idea si è fatto degli scontri delle ultime settimane, e al possibile nascere di un partito novax?

Gli atti di violenza vera e propria sono una questione di ordine pubblico, che va affrontata come tale, e che perciò non sarebbe un gran problema, in sé. Ciò che mi preoccupa molto di più è che ci sono, anche in parlamento, e con largo seguito popolare, partiti che hanno una visione muscolare e identitaria della politica, e che strizzano l’occhio, se non ai gruppi violenti, alle idee che li ispirano.

l’assalto alla CGIL di sabato 9 ottobre

Sta qui il vero problema: se a Roma viene candidata e risulta prima degli eletti una signora solo perché si chiama Rachele Mussolini! Comunque, non c’è alcun bisogno di replicare il fascismo tale e quale, bastano e avanzano il nazionalismo e il sovranismo a rappresentare una minaccia. Si tratta di modelli, ripeto, in sé non fascisti – non credo che a rigore l’Ungheria d’oggi sia un paese fascista, né lo siano la Turchia, o la Russia, o la Polonia – però rappresentano una tendenza, chiamiamola così, fascistoide, che può piacere a tanti. Non mi preoccupa perciò il manipolo di violenti che inquina una destra che vorrebbe presumersi “sana”, bensì le campagne contro gli immigrati, l’odio per i diversi, il “buttiamoli in mare”, il sovranismo, e tutti quegli altri slogan tipo “prima gli italiani” che hanno un peso nella nostra vita quotidiana. Per esempio, sto riflettendo su chi rivendica l’essere “cristiano” ma lo fa con rabbia, con le vene del collo gonfie, in modo minaccioso, bigotto o semplicemente opportunistico. È un approccio che mi dà da pensare, credo che sia pericoloso, senza per forza mettere in mezzo il fascismo storico, quello della marcia su Roma, insomma, che di sicuro non tornerà. Non tornerà identico ad allora, è ovvio.

Questo clima mi porta a pensare al film ora nelle sale, e del suo libro, “La scuola cattolica”, Premio Strega nel 2016, che ne è tratto. Il romanzo descrive il nostro paese negli anni ’70. Quanta strada abbiamo percorso verso la laicità, a suo avviso?

(continua a pag. 2)

2 risposte

  1. Molto interessante l’intervista ad Albinati, persona di grande spessore morale. Mi ha colpito la sua riflessione su chi urla sono cristiana con le vene del collo gonfie, si riferisce a Giorgia Meloni, lo grida con rabbia mette dei paletti con “il noi” e” il loro” e sono questi attegiamenti che alimentano il clima fascistoide come lo definisce Albinati e nutrono le destre radicali, nazionalismo, xenofobia,insofferenza per le opinioni altrui e anche alcuni ambienti ebraici ne sono portatori purtroppo

  2. Debbo andare forse contro corrente
    Con tutto il rispetto per lo scrittore che insegna nelle carceri e depreca l’antisemitismo non mi piace che la vicenda del Circeo di cui furono protagonisti alcuni giovanissimi criminali venga intitolata “ La scuola cattolica” ….
    Che si vuole dire ?
    Che la Chiesa è una forza di opposizione al divenire della “rivoluzione socialista “ …? Bene .Che la Chiesa avalla le ingiustizie sociali ? Non direi. Che essendo ancora sessuofobica porta alla violenza repressa ?
    Ad oggi la Chiesa (esempio sulla piaga dei i preti pedofili ) direi checè una forza che sta riflettendo su come cambiare.

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