Si torna a casa

Dopo oltre 15 mesi la tregua tra Israele ed Hezbollah ha permesso a migliaia di famigie di tornare a casa. A Riflessi Angelica Edna Calò Livne racconta l’esperienza del ritorno

Nove anni fa è arrivato finalmente il nostro turno: avremmo avuto una bella casa grande nel nostro kibbutz e la cosa più emozionante era la realizzazione di un sogno, sarebbe stata costruita proprio nel punto più bello di Sasa, davanti alle colline del Libano.

il Kibbutz Sasa, al confine col Libano, dove vivono Angelica e suo marito Yehuda

Da anni giravo per il mondo per raccontare che la pace stava arrivando, che se i ragazzi ebrei e arabi della Galilea, del Teatro Arcobaleno,  potevano vivere in armonia, tutto il Medio Oriente avrebbe potuto raggiungere il sogno di pace. Dal terrazzo di casa mia si vedevano i villaggi di Marun El Ras, Yarun, Aita A Shaab … sentivamo il suono allegro dei tamburelli, le darbukot, che suonavano nei matrimoni nei giorni d’estate, li vedevamo crescere ed ingrandirsi e il mio Yehuda, che tra i vari compiti della sua vita ha quello di tranquillizzarmi costantemente, diceva: bene, stanno mettendo su famiglia vuol dire che vorranno mantenere la pace iniziata dal 2006.  Aspettavo il momento in cui si aprisse di nuovo il “Buon Confine”, come negli anni ’80 e potessimo sederci insieme a chiacchierare, le madri dei due Paesi vicini, come italiane e svizzere o danesi e norvegesi, come siamo abituati nella nostra generazione. In fin dei conti , quando detti alla luce Gal, il mio primogenito, nella stanza con me nell’ospedale Rivka Ziv di Zfat, c’erano due donne libanesi.

E ora mi sento come se mi fossi svegliata da un incantesimo. Come se qualcuno mi avesse dato uno schiaffo frastornante e mi avesse detto ciò che non avrei mai voluto sentire, o che mi rifiutavo di credere: ” Svegliati, questo non è un film di Walt Disney!!!  La tua amica Vivian Silver del kibbutz Beeri, una delle fondatrici di Women Wage Peace,è stata brutalmente assassinata e come lei decine di attivisti per la pace, per la speranza e il dialogo.  I tunnel della morte costruiti da  Hezbollah sono molto più distruttivi e ben equipaggiati di  quelli di Hamas e le truppe di  Radwan sono mille volte più feroci e  organizzate dal punto di vista militare dei gruppi  Nukba provenienti da Gaza.

Logo del movimento pacifista: “Le donne portano la pace”

L’8 ottobre 2023 gran parte dei membri e dei bambini di Sasa e dei centri abitati della zona, da Rosh HaNikra’ a Metulla, sono stati evacuati. Noi siamo rimasti perché Yehuda è Rosh Zachi – Capo della Squadra d’emergenza. Abbiamo trasferito le nostre vite nel Ma’amad – la stanza blindata, spostandoci in seguito in case più interne e più protette del kibbutz, case  di amici che erano sul Lago di Tiberiade con gli altri sfollati, finché non sono diventata fatalista: se qualcosa dovrà succedere , accadrà anche se sarò in qualunque altra parte del mondo e siamo tornati a casa nostra, la più esposta davanti al confine, sotto ai missili, le schegge, i tuoni dell’Iron Dome e le sirene. Come tutti gli altri abitanti del Nord che sono rimasti a proteggere le case. Il nuovo semestre dell’Università di Tel Hai, bombardata tutti i giorni, è iniziato nel Campus improvvisato a Tel Aviv.

qui e sotto: esplosioni al confine tra Israele e Libano

Il 29 Novembre, il primo giorno della sospirata tregua, siamo tornati a dormire, dopo più di un anno, nella nostra stanza da letto. Mi sono svegliata solo due volte di soprassalto durante la notte perché ho sognato gli ostaggi … faceva freddo e pensavo a come avrebbero affrontato un altro inverno in condizioni terribili. A colazione, nella sala da pranzo, finalmente piena di voci emozionate di chi era tornato per qualche ora per vedere in che condizioni fosse la propria casa dopo più di un anno di lontananza, il capo della sicurezza ha detto: “Dovremmo andare tutti all’anagrafe e cambiare la data della nostra nascita. E’ un miracolo che siamo ancora qui, noi del Nord siamo nati in una seconda vita il 7 ottobre 2023. Saremmo potuti essere al posto dei nostri amici del Sud. Il pericolo non é ancora  passato”.

Nel kibbutz sono iniziate le discussioni: tornare subito, aspettare, ricostruire il sistema educativo? Far tornare solo i membri più anziani? Dall’inizio della guerra, a Sasa sono mancati 10 membri: il distacco da casa, dalle abitudini, dal paesaggio familiare è stato insopportabile.  Il cuore cerca di contenere tutto: la paura, la delusione, le domande incalzanti sul futuro e il governo peggiore nel momento più difficile per lo Stato di Israele. I miei nipoti, che vivono nel centro del paese, continuano a chiedermi: “Nonna, quando ci inviterai di nuovo a Sasa? Non ci ricordiamo più come è fatta!”.

Dovremo aspettare sessanta giorni, per essere sicuri che i nostri vicini ci dimostrino di rispettare gli accordi, che non producano altre armi e che solo l’esercito del governo  libanese e non Hezbollah, sia presente nel sud del Libano … ma come possiamo fidarci? Come possiamo credere?  Sin dall’infanzia ci hanno insegnato che una parola data è una sicurezza, che non si mente, che solo in pace vincono tutti. Ci hanno insegnato cosa sono la lealtà e l’onestà, ma ci troviamo di fronte ad un nemico che, per raggiungere i suoi obiettivi, non esita a calpestare ogni valore umano. Anche quelli del suo stesso popolo.

l’auditorium del Kibbutz Sasa, colpito da Hezbolaah

Venerdì sera, il primo giorno del cessate il fuoco, quando sono arrivate le famiglie con bambini al kibbutz, è stato emozionante vedere come, nonostante le nostre preoccupazioni, in poche ore si sia ricreata quell’atmosfera familiare di unione e gioia di cui siamo tanto orgogliosi. I bambini giravano liberamente senza timore, proprio come prima della guerra. Il giorno dopo sono tornati a Ma’agan, perché il sistema educativo a Sasa non può ancora riaprire, ma non c’è dubbio che vedere un cambiamento così rapido e un adattamento così positivo sia un segno incoraggiante. Ci aspetta molto lavoro, che richiederà creatività, pazienza e perseveranza ma in questi giorni continuo a ripetermi che se i miei nonni da entrambe le parti, mia madre di sei anni e mio padre di quindici, sono riusciti a sopravvivere alla grande guerra in Europa tra fame, fughe e persecuzioni… anche noi ce la faremo. Ce la dobbiamo fare! Siamo fatti della stessa stoffa, buona e resistente. E loro, oltretutto, non avevano alcun modo di difendersi.

Angelica con suo marito Yehuda

Nel mio giardino trascurato e pieno di erbacce è sbocciato un anemone e  due colibrì hanno costruito il loro nido. Aspetteremo e vedremo, senza mai, nemmeno per un momento, perdere la speranza.

 

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