Traffico in Israele

Un nuovo pericolo per Israele: il traffico

L’assenza di un efficace piano regolatore del traffico è ormai una seria minaccia alla crescita del Paese

Da qualche anno numerosi osservatori israeliani ed esteri sostengono che, paradossalmente, il vero pericolo per la sopravvivenza di Israele non è rappresentato dal nucleare iraniano o dalle migliaia di razzi puntati da Hezbollah nel sud del Libano bensì, più banalmente, dal traffico e dal congestionamento di tutto il centro del paese.

Circa la metà della popolazione del paese (4,5 milioni su 9 milioni di abitanti), infatti, è “ammassata” nella regione del Gush Dan, ossia attorno a Tel Aviv; secondo altre stime sono 6 milioni gli abitanti che “gravitano” attorno alla città. Come possono constatare i visitatori, sulle strade il traffico è sempre intenso e i tempi di percorrenza sono lunghi; si calcola che ogni israeliano trascorra in media due ore al giorno in automobile.

Il congestionamento delle strade nasce da un lato dal fatto che Israele ha un sistema di trasporto pubblico quasi interamente su gomma e del tutto inadeguato rispetto al grado di sviluppo del paese, dall’altro dall’enorme agglomerato di popolazione e attività economiche che si è formato attorno a Tel Aviv. La rete ferroviaria è recente e per il momento si sviluppa principalmente lungo l’arteria Haifa-Tel Aviv-Gerusalemme. Il trasporto urbano su rotaia (tram e metropolitana) è stato appena avviato: una quindicina di anni fa è stata completata una linea tramviaria a Gerusalemme; pochi anni fa a Tel Aviv sono iniziati i lavori di costruzione di una ambiziosa rete di “rakevet kalà” (tram e metropolitana), ma ci vorranno ancora anni per il suo completamento.

Il grave ritardo è dovuto non solo alla miopia dei governi israeliani ma, più prosaicamente, all’attività di lobbying che le società di trasporti Egged e Dan, per decenni titolari del monopolio sul trasporto urbano e interurbano, hanno esercitato efficacemente sugli organi a cui competono le strategie di trasporto di medio–lungo periodo (il Ministero dei Trasporti e la Commissione Trasporti della Knesset). Una cosa simile è avvenuta in Italia: come ricorda Alan Friedman in una sua biografia della famiglia Agnelli, nei primi decenni dell’ultimo dopoguerra la politica dei trasporti in Italia era fortemente influenzata dalla Fiat, che osteggiava la creazione di una rete moderna di trasporto pubblico e spingeva per l’utilizzo del mezzo privato.

Le conseguenze di questo ritardo nell’infrastruttura di trasporto pubblico in Israele sono preoccupanti: ogni giorno centinaia di migliaia di pendolari che non possono permettersi di abitare a Tel Aviv cercano di raggiungere la città con mezzi privati e sostengono un elevato costo in termini di tempo e di spesa per carburante. Chi può permetterselo vive a Tel Aviv (sicuramente non le giovani coppie con figli), ma la forte domanda di abitazioni ha fatto salire alle stelle le quotazioni immobiliari, che sono alte in tutto il paese ma a Tel Aviv raggiungono livelli stratosferici, senza pari in altre città del mondo.

Più in generale, Israele non ha pianificato adeguatamente non solo il sistema di trasporti ma anche l’urbanistica: si è lasciato che Tel Aviv diventasse il centro economico e demografico del paese, con milioni di persone che gravitano intorno alla città, mentre altre aree del paese sono state trascurate e sono poco popolate. Si pensi alla Galilea, dove mancano del tutto città “ebraiche” di media e grande dimensione: negli anni 80 era stato annunciato dalle autorità un ambizioso piano di “ebraizzazione della Galilea” (“yihud haGalil”) ma è rimasto lettera morta. Dagli anni ’90 si è preferito “popolare” la cis-Giordania – una scelta gravida di conseguenze – ma molti dei residenti sono pendolari e quindi contribuiscono al congestionamento delle strade. Una felice eccezione è rappresentata dalla decisione, adottata negli anni ’80, di creare Modiin, una nuova città di medie dimensioni (conta circa 90.000 abitanti) a metà strada tra Tel Aviv e Gerusalemme.

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