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1889: così ha inizio il male

Regis Jauffret indaga le origni familiari della personficazione del male nel Novecento

La personificazione del Male nasce un sabato di aprile in una cittadina austriaca in una famiglia di fede cattolica bigotta e intollerante.

1889
1889 di Regis Jauffret per le edizioni Clichy, 235 pagine 19,50 euro

E’ un ambiente ambiguo, oggetto di continue ipotesi storiografiche ma certamente squallido, con legami particolari, figli naturali e una morbosità quasi incestuosa. La donna che lo partorisce è una anima debole, che vive all’ombra di un uomo più grande di lei, viscido, da lei chiamato sempre zio anche dopo il matrimonio. Con quel sabato gelido e la ricostruzione del battesimo della futura demoniaca presenza termina il libro “1889” di Regis Jauffret.

Una data quella sulla copertina che potrebbe essere solo il primo centenario dalla Rivoluzione francese, oppure cento anni prima della caduta del Muro e invece è un anno solo apparentemente normale che porta nel sottotitolo del volume il senso della narrazione: “la nascita di Hitler”.

Il libro romanzesco vuole ricostruire con le poche fonti certe e le diverse ricostruzione avvenute nel tempo, la gravidanza, particolare, di questa donna che quando resta incinta ha già perso due figli per la difterite, il quarto lo perderà ad un anno di vita, il quinto in tenera età. Solo l’ultima nata, Paula, sopravviverà insieme con il terzogenito Adolf giungendo all’età adulta.

Klara Hitler, nata Polzl, madre di Adolf

La madre è la protagonista di questo libro che introduce ad un destino senza nessuna via di scampo nel futuro figlio di Klara Polzl.

La nascita è un nobile avvenimento. L’atto carnale deve rimanere nell’ombra. Per punirci, Dio ci ha inflitto di riprodurci come fanno gli animali. Solo l’ansia che nella femmina dell’uomo precede il parto ci rende diversi dalle bestie incuranti. Le madri saranno responsabili dei peccati commessi in seguito dal figlio che hanno portato dentro di loro….l’intervento dei padri è troppo fugace per comprometterli in qualunque modo. Lo Zio me lo ha detto”. Questo è il quadro dipinto da Jauffret per descrivere l’ambiente dove sarebbe nato Hitler, di cui si ricorda l’origine e il cambiamento operato sul cognome dai vari protagonisti di questa storia.

Questo romanzo – scrive l’autore – racconta i nove mesi durante i quali Adolf Hitler venne concepito, crebbe nel ventre di sua madre e poi nacque. I fatti e le parole citati che hanno un rapporto anche lontano con la Shoah corrispondono rigorosamente alla verità storica. I documenti sono abbastanza numerosi da illuminarla pienamente. E sono fati e parole maledetti”.

Regis Jauffret
Regis Jauffret, scrittore e drammaturgo francese. Autore di 1889.

I documenti e le testimonianze sulla vita dei protagonisti di questa storia sono invece rari. La regola alla quale Jauffret afferma di essersi attenuto “è stata quella di muovermi tra gli elementi tangibili di cui disponiamo oggi sui genitori di Hitler e sua zia che, in quel momento, vivevano tutti sotto lo stesso tetto a Braunau am Inn per tentare di ricostruire la loro sordida genealogia e la quotidianità durante quella gravidanza dalle innumerevoli conseguenze”.

Una storia che mette fastidio già dalle prime frasi e che si sintetizza in poche passaggi.

Dopo quattro anni di matrimonio lo chiamo sempre “zio” perché è figlio del fratello di mio nonno del resto suo figlio si chiama Alois come lui e sarebbe irrispettoso chiamarlo con un nome che in casa sua è portato da un ragazzino che non ha raggiunto nemmeno l’età della ragione”. Klara era già a servizio da quel suo parente, quando questi aveva una relazione con una domestica dopo i figli nati dalla moglie Anna. “Franziska ebbe una figlia di un anno più piccola chiamata Angela. Quando Franziska si ammalò ai polmoni io la curai – è la ricostruzione fatta dall’autore – cominciai a fare da madre ai suoi figli e consolare lo Zio. Morì dopo il primo compleanno di Angela, che celebrammo intorno al suo letto d’agonia che qualche giorno dopo divenne il suo letto di morte in cui la settimana seguente presi il suo posto accanto allo Zio ormai vedovo”. Tutto questo non basta a spiegare Adolf Hitler, né servirebbe ma questo libro vuole essere, come afferma chi lo ha scritto, “il mio umile contributo a questo singolare Memoriale che i creatori di domani erigeranno pietra su pietra” per non dimenticare, anche quando i testimoni saranno tutti scomparsi.

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