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Una piazza dove far convivere memoria e futuro

La comunità ebraica di Bologna ha organizzato “Treni verticali”, una rassegna culturale in quella che sarà la via d’accesso al Polo della memoria della città . Ne abbiamo parlato con il presidente, Daniele De Paz

Architetto De Paz, quest’estate anche la comunità ebraica di Bologna ha voluto dire la sua nell’offerta culturale della città.

l’architetto Daniele De Paz

Sì. Da quando abbiamo inaugurato il memoriale della Shoah, nel 2016, ci siamo sempre impegnati a far sì che quella “piazza” fosse non solo spontaneamente partecipata, ma anche strutturata per mezzo di un programma culturale, in modo che fosse riconosciuta come luogo in cui la memoria, intesa come memoria viva, potesse svolgere un ruolo di inclusione sociale.

Come si è tradotto questo obiettivo?

Abbiamo avviato diverse rassegne culturali, l’ultima, da poco conclusa, è stata “Treni verticali”, alla quarta edizione, con una pausa obbligata dal Covid. In passato ci siamo concentrati su eventi più “classici”, per così dire: abbiamo parlato di teatro, libri, danza. Naturalmente ci sono state anche occasioni per eventi legati alla memoria della Shoah.

“Treni verticali” come si inserisce all’interno della città?

Quest’anno siamo entrati nel circuito di Bologna Estate, che dura da giugno a settembre e che offre un programma molto ricco. Ci siamo riusciti partecipando al bando preparato dal Comune, segno che il Comune ha ritenuto meritevole l’accoglimento della nostra rassegna, premiandola con un contributo economico. La cosa che più ci inorgoglisce, ovviamente, è che in tal modo la nostra comunità fa parte integrante dell’offerta culturale della città.

Che risultati avete ottenuto?

La rassegna si è conclusa pochi giorni fa. Posso dire che l’offerta è piaciuta e ha avuto un buon successo. Come le accennavo prima, abbiamo scelto di trattare temi non solo legati alla Shoah. Se il primo incontro era legato alla figura di Pasolini, figura che comunque può richiamare un’idea di memoria, il secondo ha trattato la storia di architetti ed ingegneri ebrei radiati a causa delle leggi razziali e l’ultimo sul tema dell’inclusione sociale in uno spettacolo realizzato da giovanissime danzatrici, l’incontro di maggior successo si è avuto con il terzo incontro, che ha visto la partecipazione di tantissimi giovani ed in generale della cittadinanza.

De Paz con uno dei ragazzi coinvolti

Di che si è trattato?

Abbiamo organizzato una serata dedicata allo skateboard, una vera e propria Jam Session, invitando i ragazzi più esperti a svolgere più performance ed evoluzioni. Il risultato è che per tutta la serata, dalle 19 alle 23, la piazza è stata gremita.

Come mai questa idea?

Abbiamo voluto coinvolgere quei giovani che quotidianamente usano la piazza e ne fanno un presidio. Intendo dire che se ne prendono cura, con la loro presenza, rendendolo un luogo vivo. Credo che l’idea di prendersi cura dello spazio pubblico, nel degrado che altrimenti rischia la città, sia molto importante.

Treni verticali jam sessionNon teme la critica di chi pensa che una manifestazione del genere sia poco compatibile con uno spazio deputato al ricordo della Shoah?

Troverei una posizione del genere piuttosto rigida e ingessata. Al contrario, sono convinto che noi dobbiamo vivere il passato con l’idea di riuscire a ricavarne delle opportunità di dialogo e di crescita sociale. Non possiamo immaginare che i luoghi della memoria siano spazi dove non può accadere nulla; essi devono essere vissuti, è lì che deve tornare a scorrere la vita, altrimenti perché li faremmo? La mia idea è che non avrebbe senso un memoriale della Shoah se diventasse un luogo infrequentabile. Sarebbe infatti una grande contraddizione. È per questo che, fin dal primo giorno che abbiamo ipotizzato il memoriale, raccogliendo ben 285 progetti provenienti da tutto il mondo, abbiamo sempre avuto un’idea precisa sul suo ruolo sociale ed urbano. Insomma: volevamo attirare i giovani, volevamo che diventasse un luogo di riferimento e di incontro. La memoria deve accarezzare questi giovani, accompagnarli al ricordo del passato e proiettarli verso futuro. Infine, mi lasci dire anche che la cultura ebraica si trasmette di generazione in generazione proprio per questo motivo: perché trasmettiamo principi vitali. Questa è l’idea di memoria che oggi noi tuteliamo, e credo sia una lettura consolidata.

Che prospettiva ha di ulteriore sviluppo questa piazza?

In realtà la “piazza” non è ancora tale, è piuttosto uno slargo, perché una piazza è un luogo urbano che si attraversa, che porta altrove. Io spero che quando andrà a sistema il Polo della Memoria, così come immaginato dal Sindaco Matteo Lepore, quella piazza possa essere riconosciuta anche come il luogo di alta rappresentanza del Polo stesso e diventarne a tutti gli effetti la piazza del suo accesso.

 Quali sono i prossimi incontri che svolgerete in questo luogo della memoria?

Sarà di nuovo protagonista durante la giornata europea della cultura ebraica, a settembre dove ci auguriamo di tornare a vederla gremita come questa estate, con punte di oltre 150 partecipanti.

Leggi anche: la comunità ebraica di Bologna

 

Una risposta

  1. Trovo l’idea molto costruttiva ,la Memoria ha bisogno di linfa vitale e andrebbe contestualizzata nel contesto sociale dei giovani d’oggi .

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