Un festival per il verde a Gerusalemme
Da oggi, per 3 giorni, si svolge a Gerusalemme un festival dedicato alla tutela del verde. Ne abbiamo parlato con una dei curatori, Letizia Fargion Piattelli
Letizia, lei di cosa si occupa in Israele?
Organizzo eventi, sia privati che istituzionali. Da quattro anni inoltre partecipa a gruppi volontari che hanno ad oggetto tematiche ambientali, in particolar modo qui a Gerusalemme.
Di cosa si occupano questi gruppi?
Di vari temi. Ad esempio: la tutela delle aree forestali, il mantenimento delle aree verdi della città, la tutela di quelle aree geografiche nate con il KKY che ora, a causa dello sviluppo demografico della città, si trovano sotto pressione, ponendo gli amministratori e tutta la cittadinanza davanti al dilemma del miglior equilibrio fra interessi demografici e tutela ecologica.
Ci può dire qualcosa in più di questo gruppo?
Il suo nome e Kerem Yerushalaim Hayerukà. È stato fondato da Naomi Tzur, che è stata vicesindaco con Barkat e che da quando ha terminato l’incarico si è dedicata alla tutela dell’ambiente. Quello che è interessante notare è che dopo tre anni di attività anche il comune ha manifestato interesse per le nostre tematiche, partecipando alla piattaforma su cui si condividono le informazioni e le iniziative.
Come si traduce l’impegno di questa organizzazione?
Da tre anni è nato a Gerusalemme un Festival ecologico, il “Green inside outside”. Si svolgono, per circa tre giorni, 60 eventi in tutta la Gerusalemme. I cittadini sono invitati a partecipare a conferenze, workshop e a visitare gli spazi verdi della città.
Vediamo in dettaglio le attività del festival.
Si svolgerà durante Sukkot, nei giorni del 3, 4 e 5 ottobre. Abbiamo organizzato visite nelle dimore storiche delle città, consentendo a chiunque voglia di affacciarsi in spazi normalmente chiusi al pubblico. Abbiamo poi immaginato la possibilità di effettuare un pellegrinaggio fra i vari eventi organizzati dal Festival; il nostro obiettivo e far vedere come questa città abbia molti spazi verdi visibili e meno visibili, interni ed interni.
Chi partecipa all’organizzazione?
Siamo in molti, tra cui anche “italkim”: c’è Amos Cividalli, fondatore della riserva degli alberi; Micol Nizza, che si occupa di fashion, in particolare di economia circolare. Io invece da tempo mi occupo del problema del corretto smaltimento della plastica, e mi attivo affinché si prenda finalmente coscienza nel paese dell’uso spropositato che si fa in Israele di questo materiale.
In Italia la scorsa estate ha tenuto banco il cambiamento climatico, con una serie di eventi funesti per molte parti del paese. In Israele a che punto è la consapevolezza della necessità di una transazione ecologica?
Purtroppo la sensibilità è ancora scarsa verso il Climate change, anche perché, come è noto, negli ultimi 10 mesi l’attenzione dell’opinione pubblica è stata quasi completamente rivolta alla situazione politica. Potrei dire dunque che a livello politico c’è una scarsissima attenzione a questi temi, tant’è che non esiste una vera legislazione al riguardo. Al contrario, nella società civile, c’è molta più attenzione e partecipazione.
Questo governo che atteggiamento ha verso le tematiche ambientali?
Occorre dire che questo governo non si è mai espresso sulle tematiche ambientali, anche se appena insediato ha approvato due leggi che vanno in senso opposto alla giusta sensibilità sul tema.
Quali?
Il governo precedente aveva posto una tassa sugli utensili monouso e un’altra sulle bibite zuccherine. Era stato un successo del fronte ambientalista, visto che si tratta di oggetti ad uso intensivo di plastica e che normalmente non vengono riciclati. Al contrario, la prima cosa che ha fatto questo governo è stata abrogare entrambe le leggi.
Come mai questa scarsa sensibilità in generale verso i temi ambientali in Israele?
Direi che è un problema che riguarda tutta l’area del Medio Oriente. Qui dove viviamo noi, infatti, è noto che il caldo è un elemento costante. Conseguentemente, il riscaldamento globale del pianeta non viene in Israele percepito come un tema urgente come in altre parti del mondo.
L’amministrazione della città è sensibile ai temi ambientali?
Oggi il sindaco di Gerusalemme è Moshe Leon, un indipendente allineato però al Likud. La mia impressione è che si tratti di un sindaco con una maggiore sensibilità rispetto al passato e alla necessità di una politica ecologica. Ad esempio, la città oggi è molto più pulita che in passato.
Però oggi c’è il rischio di intaccare uno dei polmoni verdi della città, in un paese che da sempre ha come obiettivo quello di tutelare ed estendere il verde.
Per capire la questione occorre guardare la cartina. Gerusalemme confina con il deserto a sud e con i territori dell’autorità palestinese a est; l’unica possibilità di reale sviluppo è a nord, dove però c’è la foresta di Gerusalemme.
Il tema dello sviluppo demografico però non è di oggi: in passato come è stato affrontato?
Fino ad ora la soluzione più efficace che si è trovata è stata quella di sopra elevare i piani degli edifici.
Come reagisce l’opinione pubblica alla possibilità di intaccare la foresta di Gerusalemme?
Anche questo è un tema che ha suscitato grandissima polemica. I gruppi ecologici che difendono la foresta fanno notare che in quell’area si trovano piscine naturali con un ecosistema unico e che il progetto prevede lo sradicamento di oltre 11.000 alberi per costruire 5000 appartamenti. Noi ci battiamo per evitare un intervento così invasivo e pericoloso, al fine di trovare una giusta mediazione fra esigenze diverse.
Guarda il programma del festival (in ebraico)