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In viaggio tra Abramo e Omero

Daniel Mendelsohn termina la trilogia letteraria che dalle origini della sua famiglia lo porta a viaggiare nella grande letteratura

Tre anelli: tre cerchi, tre storie che si aprono e si chiudono in un’eterna e ripetuta proiezione circolare, come le storie più appassionanti della vita e del nostro immaginario comune e collettivo, ad iniziare da quelle immortalate da Omero.

Lo scrittore Daniel Mendelsohon
Daniel Mendelsohn

L’eroe classico parte e si perde dietro orizzonti che sembrano infiniti per poi tornare e rimescolarsi con il presente perché un futuro che non conosce il passato e non vive il presente non avrebbe identità non potrebbe nemmeno essere idealizzato. Come in un cerchio ben disegnato appunto.

Con ‘Tre Anelli (Una storia di esilio, narrazione e destino)’, Daniel Mendelsohn sembra chiudere in realtà una triade di infiniti cerchi aperti e disegnati con i suoi due più importanti lavori precedenti: ‘Gli scomparsi’ e Odissea’.

Nel primo la storia parte dal contemporaneo vissuto a Miami tra parenti che in yiddish piangono nel vederlo identico a quel prozio paterno ritratto in alcune fotografie e perso nel terrore della storia tra i boschi e i confini incerti e mutevoli di Bolechow, in polacco, Bolochiv, in ucraino, terra ora della repubblica Ucraina e al tempo dell’Olocausto territorio polacco abitato dai parenti di Mendelsohn. Il viaggio, la ricerca, la verità animano l’autore che ripercorre ne Gli Scomparsi  un ritorno a Itaca per lui, studioso di lettere classiche, critico, docente e traduttore, quasi inevitabile.

“Gli scomparsi” è il primo libro della trilogia di Mendelsohn

Un libro scritto con più partiture e diverse sovrapposizioni un po’ come in ‘Ogni cosa è illuminata’ di Jonathan Safran Foer narrando a ritroso secondo la tradizione dei racconti greci e della narrazione per anelli.

In Odissea i cerchi riportano il vecchio padre dall’autore, come Ulisse da Telemaco. Andando avanti e indietro nel cerchio avvolgente della storia fino alla conclusione della vita e del racconto sul vecchio genitore. In ‘Tre anelli’ l’autore si sofferma e spiega la narrazione circolare, diciamo cosi: “l’esempio più noto di composizione ad anello della letteratura occidentale è il passo toccante e preparato con cura nel corso del poema, del Libro 19 dell’Odissea, in cui l’eroe viene riconosciuto dalla sua anziana nutrice Euriclea. A questo punto- ci spiega Mendelsohn – Odisseo è tornato a Itaca; con l’aiuto del figlio, al quale si è finalmente riunito… il poeta sceglie di non passare subito ad una commovente scena di ricongiungimento… Introduce invece una pausa e torna al passato raccontando come Odisseo si era procurato la cicatrice… mentre si trovava in visita dal padre di sua madre”.

Così questo anello ne richiede un altro tornando a spirale ancora più indietro nel tempo al racconto di Ulisse bambino.

Tre anelli (una storia di esilio, narrazione e destino). Ed. Einaudi. 106 pagine.

In questi anelli si sovrappone la storia di uno dei tre protagonisti del libro che dopo aver attraversato Berlino, Monaco, Vienna, Budapest e Bucarest si è stabilito nella sua nuova casa a Istanbul nel 1936. E’ Erich Auerbach, ebreo in fuga. Qui scriverà ‘Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale‘ in cui passerà in rassegna tutti i protagonisti della storia e della letteratura di quel continente di cui si è posto al limite orientale, lungo la costa del Mar di Marmara.  Il primo capitolo di Mimesis è intitolato la cicatrice di Ulisse.

Il secondo personaggio che si incontra, il secondo anello, appartiene a Francois de Salignac de La Mothe-Fenelon, undicesimo di dodici figli di una famiglia aristocratica, quindi naturalmente destinato al sacerdozio, ad istruire le ragazze di famiglia protestante appena convertite al cattolicesimo. Ma oltre al Traitè de l’education del filles Fenelon nel frattempo divenuto precettore del duca di Borgogna erede del Re Sole, compone Les Aventures de Telemaque, il figlio di Odisseo-Ulisse appunto.

Un libro che sembra andare oltre le trame di Omero, che esplora nuove forme dei personaggi classici e invece anche qui, come un anello, la storia si chiude con Telemaco che riconosce il padre presso Eumeo. La critica all’orgoglio di Idomeneo non tarda però ad essere letta come una critica a Luigi XIV e a fare allontanare Fenelon da Versailles nel 1699 con grande rimpianto di tutti i letterati dell’epoca, che paragonano l’esilio dello scrittore a quello degli ebrei in Babilonia. Ma il suo ricordo resta vivo e anche nelle generazioni a seguire. Perché Fenelon, accanto a Racine e Madame de Sevignè forma un terzetto a cui Proust spesso allude ne ‘La ricerca del tempo perduto’. Opera che, afferma Mendelsohn “suggerisce che una lunga serie di digressioni potrebbe di per sé formare il più grande anello immaginabile, un anello in grado di includere l’intera esperienza umana”.

W. G. Sebald (1944-2001)

Il racconto si esaurisce poi con il terzo anello del titolo del libro, ovvero l’esperienza di Winfred Georg Sebald, nato in Baviera nel 1944: “solo un innocente neonato quando le atrocità che avevano spinto Auerbach a Istanbul erano ancora in corso; un tedesco che nondimeno si sentì spinto ad abbandonare il proprio paese negli anni Sessanta per lasciarsi alle spalle il proprio padre”, soldato della Wehrmacht. Sebald nei suoi libri, è morto a 57 anni nel dicembre del 2001, ripercorre in modo circolare la propria ricerca del passato, del mondo perduto, del Vecchio Paese, come gli ebrei della Galizia chiamavano l’Europa dell’Est.

“Odissea” è il secondo libro della trilogia di Mendelshon

Insomma Mendelsohn si spinge dentro le esperienze umane e ci spiega come il corso della vita parta, sembra perdersi, poi ritorni o qualcuno lo riporti indietro per noi a farlo nuovamente correre verso la storia. “Uno straniero arriva in una città sconosciuta dopo un lungo viaggio – è l’incipit del libro che rimanda ad altri classici della letteratura mondiale forse per aprire altri cerchi narrativi- Da qualche tempo è stato separato dalla sua famiglia; da qualche parte c’è una moglie, forse un figlio. Il percorso è stato travagliato e lo straniero è stanco”. Ciascuno dei tre protagonisti del saggio si è sentito così, ciascuno di noi, Ulisse perso nel Mediterraneo delle vicende umane, prova queste sensazioni insieme con l’inevitabile volontà di chiudere la storia, di definire il cerchio che lo lega al proprio passato.

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