Sergio Di Veroli
rav Elio Toaff (1915-2015)

Rav Toaff ebbe sempre un afflato umano altissimo nei confronti dei correligionari e dei loro problemi umani ed è per questo che lo dobbiamo considerare un grande della storia della Comunità. In fatto di aperture, cominciò a cambiare idee con la nascita del Centro di Cultura ebraica, anche perché Bice Migliau fu molto abile nel coinvolgerlo nelle iniziative del Centro. Fu anche grande nell’incontro nel nostro Tempio Maggiore, per la prima volta, con il Papa Giovanni Paolo II. Evento a cui partecipai come invitato. I miei rapporti con Rav Toaff furono da parte mia riverenti e lui mi ricambiò con una certa fiducia, anche perché sapeva che provenivo da una famiglia piuttosto osservante. Anch’io ero all’inizio considerato un suo avversario per le mie iniziative, ma poi all’ultimo Shabbat Teshuvà della sua gestione, prima di Kippur, mi invitò a sedere, grande onore, accanto a lui nel suo scranno nel Tempio Spagnuolo. Rav Toaff divenne un gran personaggio anche al di fuori della Comunità e la sua conduzione religiosa fu rigorosa, ma indipendente dal Rabbinato Centrale di Gerusalemme. Era di vecchia scuola rabbinica, quando non era ancora nato lo Stato di Israele, e considerava che l’interpretazione halachica fosse di competenza del Capo rabbino di ogni Comunità.

Capisco. E tu?

rav Toaff accoglie Giovanni Paolo II nel 1986

Per venire alla mia attività: ho partecipato attivamente alla vita dei movimenti giovanili ebraici. A sedici anni, fui eletto come Presidente dei “giovanissimi” del Centro Giovanile Ebraico (CGE) di Roma. Più tardi, divenni anche vicepresidente di tutto il CGE. Partecipai anche a moltissimi campeggi ebraici italiani, in alcuni casi con funzioni dirigenziali, e partecipai ai vari congressi della FGEI, la Federazione Giovanile Ebraica Italiana dell’epoca, come capo della delegazione romana. Nell’ambiente molto chiuso e impaurito di allora, noi giovani cercammo di introdurre delle novità. Il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane (UCII), Raffaele Cantoni, pur con il suo passato eroico nella attività di invio degli ebrei perseguitati in Palestina, diceva sempre che non c’erano risorse per i giovani, e che loro si erano fatti da soli. Per cui per noi niente aiuti, niente sede, nulla. Allora feci come avevo appreso da mio padre. Lui diceva: l’importante nella vita è riuscire a realizzare i progetti anche se non si hanno in tasca i soldi per realizzarli. Voleva dire che le idee buone sono più importanti delle risorse, perché se ci sono le prime arriveranno anche le seconde. In quel momento occorreva un centro giovanile ebraico in un locale che fosse indipendente dalla Comunità per avere la massima libertà di dibattito. Presi così l’iniziativa di chiedere aiuto finanziario ai genitori di noi ragazzi.

Mentre la Comunità ci negava ogni aiuto, non trovai nessun ostacolo a trovare fondi dai genitori. Formai una piccola commissione di giovani che avevano già lavorato con me per il CGE e nacque allora nel 1960 il club giovanile ebraico romano “Kadimah” di via del Gesù: fu una iniziativa entusiasmante, cui presto contribuirono fattivamente molti altri giovani. Per molti anni svolgemmo una importante attività sociale e culturale ebraica con più di 300 iscritti e molti più partecipanti, contribuendo ad aprire la Comunità verso la Società.

Mi fai qualche esempio?.

la “piazza”, cuore storico dell’ebraismo romano

Per esempio, avemmo come conferenziere il grande giornalista Indro Montanelli che era appena tornato da Israele. Vennero da noi Renzo De Felice e i principali nomi della Resistenza. Ma anche per corsi di studio rabbini famosi come Elia Artom e naturalmente il rabbino capo Elio Toaff. Il Kadimah era diventato un centro culturale, aperto alla cultura non solo ebraica. Come ho detto, fu quella la prima apertura della Comunità verso il mondo esterno. Per noi quella era la strada migliore per combattere l’assimilazione e anche l’antisemitismo. Su tutto ciò ho scritto un articolo di ricordi intitolato Il club romano Kadimah di via del Gesù, che è uscito sulla “Rassegna Mensile di Israel” del gennaio-agosto 2018.

Come reagirono le istituzioni comunitarie?

Bruno Zevi (1918-2000)

Davamo fastidio. Non fummo mai amati, perché eravamo autonomi, troppo autonomi. Noi introducemmo una ventata di novità e libertà di pensiero rivoluzionaria nella Comunità, pur rispettando nei fatti sempre la tradizione ebraica. Sulla scia delle aperture del Club Kadimah, nacquero negli anni ‘60 il Circolo Weizmann, a cura del prof. Gianfranco Tedeschi, centro in cui si dibattevano ad alto livello i principi essenziali dell’ebraismo, e la Consulta a cura del prof. Bruno Zevi. La Consulta è un Consiglio della Comunità allargato a tutti i rappresentanti degli Enti ebraici e ad altri membri eletti specificamente, con l’intento di creare una ruota di trasmissione tra il chiusissimo Consiglio della Comunità e la base comunitaria. Anche questa istituzione democratica fu inizialmente contrastata dalle forze anticulturali della Comunità, per la solita paura che nella libertà di espressione si uscisse dai limiti di una difesa della Comunità assolutamente cieca. Meglio non sentire le critiche che accoglierle e migliorare la Comunità!

Domani pubblichremo la seconda parte dell’intervista, parlando della comunità di oggi

Una risposta

  1. Molto interessante e coinvolgente …
    Il contrasto tra la “borghesia” e la “piazza” di cui parla l’autore di queste memorie è un fatto storico complesso.
    Non è solo un problema di acculturazione o meno.
    Bensì di sfortunate circostanze : la “borghesia” che aveva sostanzialmente retto tutte le Comunità ebraiche da secoli e millenni ha perso a Roma una possibile influenza e a fronte di questa debolezza un paio di capi popolo hanno estremizzato la polemica … dietro la bandiera dello Stato d’Israele … Per altro buona parte della “piazza” ha potuto capire prima della “borghesia” che i cosiddetti intellettuali di Sinistra e gli esponenti del maggiore egemonico partito della Sinistra non erano poi così tanto comprensivi della necessità di difesa di Israele.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Condividi:

L'ultimo numero di Riflessi

In primo piano

Iscriviti alla newsletter