Liliana Segre, Chiara Ferragni e l’odio antisemita
La senatrice a vita Liliana Segre ha invitato Chiara Ferragni a visitare insieme a lei il Memoriale della Shoah di Milano: gli antisemiti non hanno perso occasione per dire la loro
Ne ha dato notizia il quotidiano Repubblica e come prevedibile la notizia è stata rilanciata su numerosi media e sui social. L’insolita proposta è avvenuta in occasione della visita della senatrice al Binario 21 della stazione Centrale di Milano, da cui partivano i treni per Auschwitz-Birkenau e da cui lei stessa è stata deportata. L’idea è quella di usare l’influenza su milioni di giovani attraverso i social per stimolare attenzione, informazione e memoria della più grande tragedia del Novecento.
Chiara Ferragni e suo marito Fedez si sono spesso mostrati sensibili a temi sociali, che esulano dalla leggerezza dei social. Ricordiamo che la visita della Ferragni agli Uffizi di Firenze ha portato al museo una crescita del 24% di visitatori sotto i 25 anni. Una coppia discussa, ma che non si è mai tirata indietro, un po’ per slancio sincero, un po’ per strategie di marketing, come sostengono i più critici.
In questo momento non è ancora noto se la influencer accetterà o meno l’invito. Per ora è arrivato solo un tweet del marito Fedez: «Sarei felice di invitare la senatrice Liliana Segre al nostro podcast Muschio Selvaggio, spero possa accogliere il nostro invito». Cosa, che, in tutta onestà, è apprezzabile, ma non sembra avere lo stesso valore di una visita.
Tuttavia l’attenzione deve essere posta non tanto sulla notizia e sui suoi esiti, quando sull’accoglienza che ha ricevuto e sulle reazioni. Ultimamente, almeno dall’inizio della pandemia, l’antisemitismo online ha avuto un picco, in Italia ma anche in altri paesi europei e negli Stati Uniti, complici le fantasiose teorie complottiste. La guerra in Ucraina e le ultime sanguinose vicende in Israele non hanno fatto altro che gettare acqua sul fuoco.
Tornando nello specifico ai commenti, possiamo fare alcune categorizzazioni. Ci sono gli “spiritosi” che sminuiscono, suggerendo, per esempio, di “chiamare anche i Maneskin”, quelli che ne approfittano per riprendere le usurate questioni no-vax o per assimilare la Shoah ai palestinesi e il nazismo agli ucraini e infine c’è chi interviene con risposte dichiaratamente negazioniste e antisemite. Come quelle che riportiamo qui, neanche le più violente, che mostriamo volutamente con l’identità (vera o falsa che sia) visibile. Questo non per scatenare scatenare una valanga di commenti negativi, ma perché è giusto che chi offende abbia il coraggio di non nascondersi e non rimanga nascosto.
Come approcciare questi diversi tipi di commentatori antisemiti?
Più violenti nel linguaggio, gli appartenenti alla terza categoria, sono però più riconoscibili. Inutile ingaggiare discussioni con loro, vanno piuttosto segnalati, bloccati, nel caso denunciati alla Polizia Postale.
Quasi lo stesso vale per chi trascina nella conversazione Israele e il conflitto in Medio Oriente. Va compreso che esiste uno zoccolo duro di irriducibili, che parlano slogan più che pensieri politici compiuti.
Più interessante è il primo gruppo, quello che apparentemente fa solo battute innocenti, che minimizza. Sono i rappresentanti dell’antisemitismo più insidioso, quello strisciante che affonda le sue radici nei secoli bui . Incarnano l’italiano medio, che anche se non lo vuole ammettere è indirizzato dall’esplodere dei sovranismi e dell’intolleranza. Prima che saltino alle altre, irrecuperabili, categorie qualcosa si può fare: parlare, educatamente, con loro sui social, spiegare, correggere opinioni false. E’ inutile e dannoso essere aggressivi, perché questo li porterebbe solo ad allontanarsi.
E poi l’Educazione alla Memoria e al rispetto. Educazione con la E maiuscola, che parta dalla scuola, sia condivisa in famiglia e accetti di essere diffusa anche da chi sembra lontano mille miglia. Forse Liliana ha davvero ragione, è ora di cambiare passo.