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  • Nonostante l’acuirsi delle tensioni tra Turchia ed Israele e l’abbassamento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi, i flussi commerciali tra le due nazioni non sono mai calati, anzi hanno continuato a crescere sebbene il flusso turistico verso Israele e la Turchia abbia subito una forte diminuzione.
  • Gli accordi di Abramo, nati per volere del presidente Trump e di una diplomazia parallela fatta di tavole rotonde tra esponenti di fedi abramitiche, hanno ridisegnato un nuovo Medio Oriente che deve affrontare la minaccia espansionista e terrorista dell’Iran che vuole dotarsi dell’arma nucleare. Israele grazie agli Usa e ad altri soggetti è riuscita a far breccia all’interno del mondo musulmano, stipulando accordi con vari paesi: Marocco, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Sudan. Il patto di Abramo segna pertanto una nuova fase all’interno del delicato e fragile equilibrio nella regione; si concretizza in una serie di rapporti economico, politici, diplomatici, militari, commerciali ed infine in materia d’intelligence. L’obiettivo principale è quello di contenere la spinta iraniana all’interno della regione, L’Iran destabilizza lo scenario attraverso la milizia armata Hezbollah attiva in Libano e le altre formazioni paramilitari tanto nello Yemen quanto in Iraq.
  • Non deve essere dimenticato il ruolo dell’Azeirbajian nel riavvicinamento tra Israele e Turchia. L’Azeirbajian è un piccolo stato situato nella complessa regione del Caucaso sostenuto tanto dai Turchi quanto da Israele nei confronti dell’Armenia appoggiata dall’Iran e dalla Russia. Il Caucaso è uno dei tanti scenari dove si combatte la guerra per procura. I rapporti tra Israele e la piccola repubblica del Caucaso ricca di idrocarburi, gas e petrolio iniziano nei primi anni novanta per poi rafforzarsi successivamente. Israele capisce che L’Azeirbajian ha bisogno d’aiuto e pertanto lo rifornisce di armi, sistemi di videosorveglianza, aiutandolo nella difesa contro una possibile aggressione da parte dell’Iran. I due paesi condividono scambi in materia militare, economica e commerciale, questa intesa sembra funzionare con frutti reciproci. Questo accordo è sempre stato criticato dall’Iran che ha cercato di romperlo in quanto gli Azeri sono per loro natura sciiti e prima o poi rientreranno a far parte della grande nazione iraniana. Baku, grazie a Israele è uscito dall’isolamento diplomatico esercitato anche dal potente gruppo armeno presente negli Usa che sosteneva con forza Yerevan e le sue aspirazioni. Grazie all’aiuto israeliano, Baku è riuscita a uscire dall’isolamento e a far fronte alla minaccia iraniana. Baku è riuscita allo stesso tempo a fare da mediatore tra Israele e Ankara, i turchi hanno provato più volte durante il periodo di crisi con lo stato ebraico a fare pressioni su Baku affinché venissero allentati i rapporti con Gerusalemme ma il presidente Aliev non è stato della stessa opinione. Il presidente Aliev durante un incontro con il vicesegretario di stato americano William Burns nel febbraio del 2010 aveva rimproverato il governo turco per il legame con la formazione terrorista di Hamas affermando che tale politica non porterà benefici alla Turchia, bensì l’allontanamento del paese da Israele. Per Baku è importante continuare a mantenere rapporti amichevoli con Turchia ed Israele ed è sicuro che la crisi turco-israeliana rischi di andare a svantaggio dell’intera regione. Il presidente azero si è fatto mediatore tra i due paesi ex amici, dopo l’ultima guerra caucasica tra Azeirbajian e Armenia, e per le strade di Baku, uscita vittoriosa, sono state sventolate bandiere turche ed israeliane per dimostrare l’amicizia e l’alleanza tra Baku ed i suoi alleati.
  • La Turchia è stata colpita da una grave crisi valutaria, la lira turca ha perso circa il 48 per cento rispetto al dollaro e le conseguenze sul piano economico sociale si stanno facendo sentire. Le autorità turche sono state incapaci di gestire la crisi che ha colpito la loro moneta ed economia, la crescita economica che ha interessato la Turchia è stata una crescita disordinata, tutto ciò ha prodotto degli squilibri. Si vociferano anche malumori tra i sostenitori del partito di Erdogan che ha dovuto fronteggiare la crisi valutaria, attuando anche la distribuzione di viveri tra la popolazione che non riesce più a far fronte all’acquisto dei beni di prima necessità.
  • Dopo la crisi scaturita con la Turchia, il governo israeliano non è rimasto ad attendere e ha cercato di sopperire alla mancanza del vecchio alleato sostituendolo con nuovi partner. L’allora primo ministro Netanyahu ha spostato il baricentro della politica estera israeliana verso la Grecia, già messa alla prova dalla dura crisi economico-finanziaria e successivamente verso Cipro e la Romania. La Grecia ha pagato un duro conto economico, la sua debole economia è stata colpita dalle dure sanzioni della Troika e dal Fmi. La Grecia ha visto in Israele un piccolo approdo ed un paese “fratello” che ha dovuto affrontare problemi simili: instabilità nella regione, terrorismo e tante altre sfide. Il governo ellenico ha mostrato interesse verso Israele per le industrie militari energetiche assieme ai tanti numerosi turisti israeliani che hanno sostituito le tradizionali destinazioni turche con quelle elleniche.

Israele è riuscito a muoversi sapientemente all’interno dell’arena internazionale mostrando abilità e lungimiranza, la sua politica estera può essere interpretata come un sistema di raggi che s’irradiano dal centro alla periferia, alla continua ricerca di rapporti privilegiati e politici con nuovi partner che condividono le stesse visioni e problemi.

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